Benvenuti miei carissimi lettori di Dreaming of Art,
questa settimana faremo un viaggio a Venezia, tra le sue strutture e quel fascino che richiama, ogni giorno, milioni di turisti e non solo.
La mia prima volta a Venezia fu tragica, ero poco più di una bambina e tra i ricordi che mi portai a casa dalla città avvolta dal mare, c’era la vastità di Piazza San Marco, i suoi splendidi mosaici bizantini, dorati, immensi ai miei occhi ancora così piccini da non poter contenere tutto il sapere e quella luce che emanavano.
Ricordavo la torre dell’Orologio ed in particolar modo i Mori, che da sopra la torre, suonavano la campana, uguali ma diversi, l’uno Vecchio , l’altro Giovane; il Moro Vecchio batteva le ore due minuti prima dell'ora esatta, a rappresentare il tempo passato, mentre il Moro Giovane suonava l'ora due minuti dopo per rappresentare il tempo che sarebbe venuto.
Sicuramente, in quella Torre così adorna di simboli, fasi lunari e zodiaco, c’erano racchiuse una miriade di intuizioni!
Ricordavo la statua dei tetrarchi, che poi avrei ritrovato sui libri di Storia a testimoniare e spiegare la grandezza politica di Venezia.
Ma tutte queste affascinanti, se pur sbiadite memorie, erano state sepolte da un unico “ricordo emozionale”, quello di Venezia sotto una pioggia dirompente e fredda, tra le calle allagate e grigie e la lunga attesa del treno alla stazione di S. Lucia.
Strana la memoria e come un’emozione possa “annebbiare” la logica!
La mia seconda volta veneziana, fu da ragazza, una toccata e fuga, con l’impegno di rimuovere le sensazioni negative che mi ero accollata, ma nulla, l’esito del secondo viaggio fu oltremodo imbarazzante, funesto, anche per la scelta del momento, nel giorno di ferragosto; di Venezia non vidi se non un fiume di gente, un oceano di persone che vagavano come pazze per la città, tornai a casa sconfortata convinta che Venezia, che pur tantissimi amavano, non era fatta per me .
E’ proprio vero quel detto che dice “ non c’è due senza tre”, ho atteso molti anni per rivederla, ma finalmente Venezia, è la mia Venezia!
Scendendo alla stazione questa volta, Lei, mi appare vestita di allegria, in una giornata calda di agosto, quasi come se mi attendesse, dopo tanto tempo pronta a farmi cambiare idea, finalmente la osservo con occhi diversi e mi parla di mistero e passione.
Percorro volutamente calle strette e vuote, con il desiderio ardente di perdermi tra i profumi i folclori della vera città e finalmente riesco a respirala senza intralci; respiro sole e mi cibo del canto dei gondolieri, del cicalio della gente del posto, scegliendo le strade meno percorse, cercando di guardare oltre l’acqua che è la regina di quella città così particolare.
Il sole della laguna è così forte alle due del pomeriggio che la mia testa pare un focolare, ma è così bella la piazza San Marco che mi si ripropone, semivuota per la grande calura, gli occhi si accecano per la forte luce, ma scorgo con gioia il leone che fa punta alla laguna, accompagnato da un piccione solitario e sorrido, ricordando la favola del principe felice.
Vago, senza meta, senza orario, mi allungo sulla piazza, tra le gallerie d’arte i negozi di maschere, dolci e pelli, non ho foga, mi lascio il tempo per guardare i balconcini adorni di gerani, le nicchie che accolgono piccole statue votive, i ponticelli stretti, l’odore e l’aria del mare.
Certo, Venezia, con il canto del gondoliere ed un tramonto è una delle città più romantiche del mondo intero!
Comprendo, però, come sia complesso viverci, trascinati da masse umane che non hanno sempre rispetto per la bellezza del luogo né dei suoi preziosi tesori.
Ogni angolo della città nasconde indizi di un passato epico che l’ha resa potenza commerciale e marittima, la sua stessa creazione e manutenzione svela spettacolari risvolti tecnici di un luogo che ha imparato a convivere con la natura, non sempre amica.
Cammino instancabile tutta la giornata, fino a notte, per vedere la città svuotarsi e prepararsi alla notte, il momento in cui solo da alcuni locali sento ancora provenire urla e schiamazzi di qualche balordo, poi rientro in albergo, stravolta, indugio, guardo la porta della mia stanza e leggo,Canaletto, sorrido, mi guardo intorno e mi accorgo che ogni camera è dedicata ad un grande pittore veneziano.
Non avrebbe potuto essere diversamente!
Dormo come un sasso, al mio risveglio l’odore della colazione si fa inebriante, mi precipito, con il desiderio di trovare la sala vuota e godermi in solitaria Venezia di prima mattina, al sapore di caffè.
Le cose più belle sono quelle semplici!
Esco presto, l’aria è frizzante ma già calda, pochissima gente intorno, solo i veri veneziani, che altrimenti difficilmente incontri, ripenso ai nomi sulle porte dell’hotel, Canaletto, Longhi, Guardi, e quanti altri grandi artisti sono stati a Venezia, chi per ritrarla nei suoi paesaggi, chi per realizzare opere prestigiose e inarrivabili; Antonello da Messina , Tiziano, il Tintoretto, il Veronese e molti altri.
Una delle grandi innovazioni veneziane fu proprio in pittura, ed in particolar modo nel colore, nel cinquecento in un’epoca in cui Venezia godeva di grande splendore e si diede vita alla tecnica chiamata “tonale”.
“Il tono, la tonalità , di un colore può essere definito come la quantità di luce che esso riflette.”
In maniera semplice, se un oggetto viene avvolto da una grande quantità di luce, esso rifletterà molta luce e il suo colore ci apparirà di tono chiaro, se esso sarà illuminato da una fonte luminosa più debole, il suo colore diventerà di tono scuro.
L’occhio umano, macchina perfetta, è predisposto a interpretare i toni di colore, quindi usando questa tecnica la tridimensionalità prendeva vita nei quadri.
Toni chiari e toni scuri, a livelli diversi, così voglio rammentare la mia Venezia, come “un’opera tonale”, non solo per l’Arte che cela, ma per la sua “ bellezza emozionale” e l’emozione si sa, resta per sempre!
Alla prossima emozione con Dreaming of Art.