La sera di lunedì 7 dicembre mi avvio verso la piazza Petazzi di Sesto San Giovanni per una verifica delle luci che in giornata erano state collocate come addobbi dell’albero di Natale. Al mattino i nostri bravi Vigili del Fuoco avevano provveduto a trasportare l’abete rosso e a collocarlo nell’apposito pozzetto mentre gli operatori del Comune ne assicuravano la stabilità. Ho seguito i lavori con una presenza continua dalle nove.
Mi trovo solo in una piazza deserta.
Si avvicina l’ora del ‘coprifuoco’.
Verifico che l’impianto di illuminazione funzioni, scatto qualche foto da condividere con i collaboratori della Sestoproloco, quindi spengo tutto e mi fermo a riguardare l’albero in un silenzio un po’ surreale. Lo osservo nel suo colore buio e poi dentro di me chiedo: “In questo triste Natale 2020, quando tanti di noi piangeranno di nuovo i loro cari che il Covid si è portato via e altri diranno ai loro bambini che non ci saranno regali la notte santa, quel grandioso albero illuminato potrà significare qualcosa per i sestesi e per tutti coloro a cui giungeranno le sue immagini?”. Ma come nelle fiabe l’albero di Natale, quasi avesse ascoltato la mia riflessione, inizia a parlarmi tra il ticchettio della poggia cadente e qualche leggera folata di vento. Con suoni sommessi mi racconta. “Sono spuntato vicino ad altri abeti rossi e ci sono voluti molti anni per raggiungere le dimensioni che ora possiedo. Mai mi sarei immaginato che la mia sorte dovesse finire in una piazza di Sesto San Giovanni, come se questo fosse il mio destino. Rifletti: ho vissuto molte stagioni accanto ad altri alberi, per quale scopo? Per recare un messaggio speciale a voi che mi ammirate, in questo strano e forse irripetibile periodo natalizio; tantissimi anni a crescere, ad irrobustirmi per terminare l’arco della mia vita in mezzo a voi”.
Rimango pensieroso.
Questo abete di oltre 10 metri di altezza è cresciuto attraversando primavere, estati, autunni e inverni tante e tante volte a che fine? Per farci compagnia stando in mezzo a noi cittadini in questo Natale dell’anno 2020! Poi l’albero riprende a sussurrare: “Vedi i miei rami, come sono folti e alcuni si allungano come braccia? Alla mia ombra si sono riposati ragazzi e anziani; ho dato ospitalità a uccellini e scoiattoli; lungo la corteccia del mio fusto sono corsi gli insetti del bosco ed altri vi hanno scavato il loro rifugio; con le mie pigne li ho anche nutriti. Ho cercato di proteggere tutti quando il vento squassava le fronde e il temporale mi inondava di scrosci . . . ”. Sollecitato dall’invito e osservando quei suoi lunghi rami, forti come braccia, un sentimento di nostalgia si fa strada dentro di me insieme ad un acuto desiderio di quella calorosa e dolce sicurezza che ogni abbraccio diffonde nell’animo. Ne siamo stati privati – penso – per tanto tempo in questo periodo di pandemia e ancora adesso i divieti impediranno a troppe braccia di stringersi ai nonni o ai nipoti, forse anche ad alcuni genitori verso i propri figli . . . Quei rami oscuri e aperti mi fanno tenerezza e richiamano alla tenerezza, che tanto ci mancherà ancora, purtroppo. Con le sue ampie fronde l’abete sembra ricordarmi e rammentare a tutti che non può esserci vero Natale senza la tenerezza nelle sue svariate manifestazioni. Mi avvicino quasi per sentirne emanare il calore che ha accumulato e che restituirà agli uomini se venisse bruciato. Trovo per terra uno dei rametti che si sono staccati durante la fase di collocazione nel pozzetto. Lo raccolgo con delicatezza e ne ammiro le forme: dal ramo centrale di dipartono rami molto più corti disposti in simmetria da un lato e dall’altro, formando un’armonia che si chiude nella punta. Sono ricoperti di aghi fitti fitti dal bel colore verde intenso. “Vedi le mie foglie? Sono sottili, corte, tutte uguali. Ma non cadono ad ogni autunno e non si rinnovano nella bella stagione. Faccio parte di quegli arbusti che chiamate ‘sempreverdi’ perché quando qualcuna si stacca, subito un’altra è già spuntata. Il mio flusso vitale non si riposa mai. Per questo conservo questo particolare colore verde.
Di verde è rivestita la speranza e oggi come non mai di speranza dovete alimentarvi.
Non perdetela.
Non abbandonatela.
Non affidatela ad altri.
Cercatela dentro di voi e nutritela costantemente nel vostro cuore. Sto in mezzi a voi perché arriva Natale. Natale parla di un bimbo che viene alla luce ed ogni bambino che nasce porta con sé la speranza, una speranza che a volte si accompagna al dolore e alla sofferenza, come durante una nascita. Ma poi sopraggiunge la gioia.”. Mi porto più vicino all’albero: mi sembra ancor più maestoso osservandolo da terra e risalendolo con lo sguardo fino al suo culmine. “Sono occorsi anni e poi ancora anni perché mi innalzassi tanto dal suolo”. La sua voce mi giunge lieve e chiara. “La tensione dentro il mio tronco non lo costringeva a piegarsi verso la terra da cui ero spuntato. Fin dalla tenera età ho sempre puntato lo sguardo al cielo e mirando in alto sono cresciuto fino a svettare tra gli altri alberi e ora in questa bella piazza. È vero, noi abeti traiamo dalla terra il nostro cibo ma non ci chiniamo verso di essa. Noi puntiamo in alto, al cielo noi guardiamo. A quelli che ci ammirano, con la nostra forma simile a una punta di freccia noi indichiamo il cielo. Quando si abbassano gli occhi a terra l’orizzonte si restringe. Quanto più si sale verso l’alto, lo sguardo spazia lontano, spazia nel cielo, dove una stella indicherà un nuovo cammino dopo gli smarrimenti del presente.
BUON NATALE A SESTO SAN GIOVANNI!”.
S.B.