Riceviamo e pubblichiamo lettera del consigliere di Forza Italia Roberto Di Stefano:
"Ringrazio il consigliere comunale Pd di Sesto Romaniello, che con il suo solito acume e la sua nota e temuta vis polemica … non risponde sulla fallimentare gestione delle piscine comunali ad oggi chiuse grazie alle amministrazioni Chittò-Oldrini. Non solo, ma mi rimpalla la vecchia e sempre travisata e abusata vicenda BIC. Grazie quindi, per avermi fornito l’opportunità di ri-spiegare, per l’ennesima volta e spero l’ultima (repetita iuvant ma a lungo andare defatigant), come le società gestite da persone del PD, abbiano accumulato negli anni buchi di bilancio prontamente ripianati a spese dei cittadini oppure lasciate fallire. BIC tra queste.
Elenchino della spesa, giusto l’essenziale:
le Farmacie Comunali, il buco di bilancio della Fondazione Pelucca (ripianato), gli 8,7 milioni che il CORE deve restituire allo Stato x aver usufruito di incentivi energetici senza averne i requisiti, Bic, Milano Metropoli, il CTP Consorzio Trasporti Pubblici. Finché si continua a vedere il pubblico come un “ammortizzatore sociale” per assumere personale e distribuire prebende a fornitori amici è normale che alla fine la barca affondi…
Ed eccoci su BIC, caro il mio dotto inquisitore e rispondo come segue:
così come è accaduto alle Farmacie, la situazione economica ereditata dalla gestione PD (iniziata quando Penati era sindaco e si inventò questa fantastica società salvo poi farla acquistare alla Provincia di Milano quando ne diviene Presidente per ripianarne i debiti) era in palese squilibrio economico al mio arrivo. Due bilanci chiusi in negativo, nel 2008 e 2009, avevano portando il capitale sociale iniziale al limite di legge. Anche se i crediti di società fallite o in liquidazione fossero stati inseriti nei bilanci competenti e non lasciati tra i crediti da riscuotere, anche predisponendo prudenzialmente un fondo svalutazione crediti, il limite di legge era stato superato abbondantemente già negli anni passati. Inoltre erano stati certificati debiti verso fornitori con contrattualistica inadeguata e fuori mercato; logiche di acquisto che non rispettavano la normativa di azienda a maggioranza pubblica; molte fatture non erano accompagnate da formali contratti sottoscritti e non era possibile riscontrare il lavoro svolto dai fornitori.
Vado ancora avanti, caro Romaniello, non mi crolli adesso, sul più bello: crediti verso clienti dove nessuno si era mai adoperato per un recupero efficace; ratei di progetti europei inseriti in bilancio senza il rispetto del periodo di rendicontazione, eccessivi premi erogati ai direttore generale nonostante la situazione economica della società ed un eccessivo indebitamento nei confronti di istituti di credito.
Va detto pure che le attività di verifica sui conti aziendali avevano incontrato un atteggiamento di scarsa collaborazione da parte del personale e dei fornitori partner commerciali. La contabilità era organizzata su un piano di conti non certificato, dove le voci contabili venivano inserite da un addetto di società esterna sulla base di mail mandate dal Direttore senza nessuna pezza giustificativa relativa a contratti o altro. Garantire l’integrità delle scritture contabili è impresa non semplice e richiede più volte interventi di terzi. Il quadro era quindi di una complessiva assenza di un sistema e di un processo rodato di controllo di gestione, testimoniata dai significativi divari tra scritture contabili e realtà operativa, principalmente nell’area critica delle valutazioni annuali dei progetti e bandi presentati.
E’ chiaro in conclusione (Romaniello, se non è chiaro … siam qui, ripetiamo, non c’è problema) … è chiaro che con il cambiamento della vecchia gestione aziendale nominata da Filippo Penati, sono cambiati anche il metodo e la struttura aziendale, facendo emergere tutti quegli squilibri economici che l’azienda aveva sempre avuto. Chiaro fin qui? Più semplice: abbiam fatto le pulci ai conti. Pertanto: una volta accertate le perdite reali, dovute allo storno di crediti inesigibili, duplicazioni di fatture, documenti di credito non firmati, ratei stornati per competenza, l’azienda si trovava ad aver già da tempo azzerato il proprio capitale sociale. In parole povere : si trattava di un cadavere tenuto in vita artificialmente a spese dei cittadini con un accanimento terapeutico da paura. E’ responsabilità degli amministratori, a questo punto (e cioè di quel Di Stefano che Romaniello addita come responsabile del fallimento), convocare i soci e far decidere loro se ripianare il debito o procedere con la liquidazione dell’azienda. Il lavoro dell’amministratore si ferma qui. L’amministratore non ha potere decisionale nell’assemblea soci. Dura da digerire, lo so, ma prima di aprire bocca e dare fiato, leggiamo almeno Wikipedia …
Ok, in assemblea il comune di Sesto non ha votato a favore del ripianamento aziendale. Pertanto, se il consigliere Romaniello cerca qualche responsabile sul fallimento del Bic cosi com’è avvenuto per le altre aziende distrutte dai suoi compagni di partito, è opportuno che si interroghi sul perché il comune di sesto abbia lasciato fallire l’azienda. Chieda, Romaniello … chiedere è lecito, rispondere è cortesia.
Io non posso rispondere per altri ma faccio il tifo per Lei, amico perplesso e spero che le risposte le potrà ricevere da qualche consigliere comunale che Le siede accanto. Non sui banchi dell’opposizione, non cerchi lì … acqua. Non ci perda il sonno Romaniello… comunque la si giri, questa storia è l’ennesimo fallimento PD".
Roberto Di Stefano
vicepresidente vicario del Consiglio Comunale Sesto San Giovanni
consigliere Forza Italia