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LETTERA DEL SINDACO DI SESTO MONICA CHITTO' AI CITTADINI

DOPO NIZZA, ROUEN E BAGDAD: ESSERE RAZIONALI PER COSTRUIRE COESIONE E SPERANZA

Redazione
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LETTERA DEL SINDACO DI SESTO MONICA CHITTO' AI CITTADINI

DOPO NIZZA, ROUEN E BAGDAD: ESSERE RAZIONALI PER COSTRUIRE COESIONE E SPERANZA


Care amiche, cari amici,

avevo pensato a un saluto prima delle vacanze estive, ma gli avvenimenti che si susseguono quasi quotidianamente mi inducono a una riflessione seria e severa.

Non li richiamo tutti, e nemmeno ritengo utile la contabilità dell'orrore.

Vorrei tuttavia provare a fissare alcuni pensieri e sottoporli alla vostra riflessione e al confronto che da anni abbiamo avviato.

Il primo pensiero va a padre Jacques Hamel, martirizzato nella sua chiesa come l'arcivescovo Oscar Romero nel 1980 a San Salvador: diverse le mani assassine, diversi i moventi, uguale la ferocia e l'oltraggio non solo alle persone ma anche a un luogo sacro.

Il secondo pensiero va, insieme, alle vittime della strage di Nizza e a quelle dell'attentato, negli stessi giorni, a Bagdad: le cito insieme, non solo per vicinanza temporale e per uguaglianza di rivendicazioni, ma per sottolineare come noi europei rischiamo a volte di essere un po' strabici, di vedere solo le violenze e i problemi nel nostro cortile. Il Califfato agisce con brutalità estrema ovunque, anche contro chi vive la fede islamica in modo diverso, gli attacchi contro le comunità cristiane in Asia e in Africa datano da un tempo molto più lungo e ancor più inquietante.

 

Il terzo pensiero mi porta a condividere il giudizio di Papa Francesco che rifiuta lo schema della guerra di religione: le religioni dialogano, il loro dialogo va incoraggiato ed è sempre fecondo.

Siamo tuttavia in presenza di una lettura fanatica ed estremista dell'islamismo, che viene alimentata e trova una saldatura con interessi molto concreti e terreni, rappresentando una minaccia concreta, attuale e pesante.

Il quarto pensiero è questo: non si tratta di episodi di follia (anche se di squilibrati è pieno il mondo), non si tratta solo di disagio sociale che si sfoga nel fanatismo: il disagio dei luoghi periferici ed esclusi c'è, ma il profilo degli attentatori spesso è diverso, banalizzare non serve e fa danno.

Che fare?

In presenza di una minaccia grave occorre attrezzarsi e difendersi, ma con intelligenza: gli Stati devono lavorare sulla sicurezza, e molto, ma senza abbandonare le politiche d'integrazione e di accoglienza. Guai se così fosse.

L'esperienza della nostra città dimostra che si può accogliere e si può dialogare: lo confermano i profughi ospitati in viale Marelli, lo conferma il dialogo fra le comunità religiose in atto, e quello fra le comunità religiose e la comunità cittadina, che ha avuto nella preghiera interreligiosa del 13 dicembre 2015 il suo punto più alto.

Del resto, parafrasando uno slogan, efficacissimo, degli anni in cui abbiamo affrontato il terrorismo brigatista, "la democrazia si difende con la democrazia".

Difendere la democrazia con la democrazia non è una frase vuota, e nemmeno buonista.

Significa, lo ribadisco, sviluppare il massimo di razionalità, sia nel rafforzamento degli interventi di sicurezza che nella costruzione dell'accoglienza.

Significa respingere le posizioni di chi nuovamente vuole limitare la libertà di culto per le comunità islamiche: l'unico risultato è quello di renderle molto meno trasparenti, opache e impenetrabili. Dobbiamo mettere tutto alla luce del sole affinché non si nasconda nella semioscurità la minaccia alla nostra comunitá democratica.

Significa rafforzare il nostro essere comunità, prima di tutto a Sesto San Giovanni, dove non ci siamo messi a discutere se la multiculturalità fosse un bene o no, ma abbiamo preso atto che c'è e ci siamo attivati per l'integrazione. Costruendo ponti, non muri.

Andiamo avanti così, in un cammino difficile ma che possiamo percorrere insieme: l'abbiamo fatto in questi anni, continueremo a farlo.

A presto,

Monica Chittò


 

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