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LA VITA E LA MORTE

Al limite tra sacro e profano tra arte e scienza

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Benvenuti miei carissimi lettori  e lettrici di Dreaming of Art ,

questa settimana la mia riflessione sarà dedicata alla morte e all’Arte.

Pirandello  nel dramma “L'uomo dal fiore in bocca”, porta in scena  un colloquio fra un uomo che sa di essere condannato a morire  e un uomo come tanti:

« Venga... le faccio vedere una cosa... Guardi qua, sotto questo baffo... qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo... più dolce d'una caramella: - Epitelioma, si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma... La morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto: – «Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!»

Ecco il vero dramma la morte spesso è  imprevista, ci ficca un fiore in bocca quando meno  l’attendiamo!!

La vita non ha nessun valore in sé, ma quando l'individuo, sulla strada della morte, la osserva, anche i gesti quotidiani insignificanti acquistano un valore vitale.

Con la sua insuperabile presenza, essa ci fa avvertire la fragilità della nostra condizione esistenziale, la precarietà e l’inevitabile  fine dei nostri affetti, dei nostri legami sociali, ci pone dinanzi alla nostra miseria e ce la fa vedere, toccare, vivere tutta intera e nella sua terrificante assurdità.

E parlando di morte, mi è impossibile non fare riferimento ad uno degli artisti che ha tanto fatto parlare  le platee, ponendoci di fronte, anche attraverso la scienza, a quello che realmente siamo: materia.

Gunther von Hagens, soprannominato dott. Morte, anatomopatologo tedesco realizza, da anni, mostre che permettono al pubblico una visione diretta  del corpo umano: una maniera innovativa per conoscere e comprendere i meccanismi vitali e il funzionamento degli apparati vitali.

Egli utilizza la tecnica della plastinazione  che consente, infatti, la conservazione perfetta di tessuti e organi, offrendo un’occasione unica di divulgazione scientifica: corpi umani sottoposti a uno speciale trattamento di conservazione, spogliati della pelle per mettere in luce muscoli e organi, sistemati in pose teatrali che vogliono simulare quelle tipiche della vita quotidiana, divenendo così statue e opere d’arte.

La plastinazione; interrompe la decomposizione, prevede circa 1.500 ore di lavoro sui cadaveri, a partire dal pompaggio di formalina nel corpo, seguito dalla dissoluzione di fluidi e grassi solubili, dall'impregnazione forzata con materia plastica in una camera del vuoto, dalla modellazione della postura e, infine, dalla polimerizzazione.

Quelle di Gunther von Hagens  sono tra le  esposizioni più visitate al mondo, tra consensi e polemiche l’artista scienziato mette in mostra: cadaveri, interi e a pezzi.

Dovete sapere che i cadaveri utilizzati per realizzare questa incredibile  mostra sono di persone che hanno donato il loro corpo all'Istituto per la plastinazione di Heidelberg e accettato la possibilità di essere esposti al mondo dopo il decesso e la plastinazione.

Ora partendo dalla breve riflessione sulla morte e terminando con le immagini crude delle opere  di Gunther von Hagens, devo confidarvi che prima di andare a visitare questa mostra mi sentii combattuta tra la  curiosità scientifica e  il mio senso morale ed etico, perché le esposizioni di Gunther von Hagens si basano su uno specifico programma di donazione, nel quale i donatori dispongono esplicitamente che i loro corpi possano essere esposti dopo il decesso.

Blaise Pascal, un genio, matematico, fisico, filosofo e teologo francese, diceva: «Gli uomini, non avendo potuto liberarsi dalla morte, dalla miseria, dall’ignoranza, hanno deciso, per essere felici, di non pensarci», in questo caso direi che questa affermazione è del tutto sbagliata!!

Possibile che la volontà di restare eterni conduca alcuni uomini, alla volontà di prestarsi come materia  da esposizione, ponendosi di fronte al pensiero della morte  prima che essa avvenga?

Possibile che l’idea della morte venga così desacralizzata?

Eppure, comunque, dopo la morte altro di noi non resta che un corpo vuoto, solo materia, che sia forse giusto regalarlo alla scienza?

Il filo tra morale e scienza è così sottile che, di fronte alla mostra, per un momento ci si può perfino scordare di essere davanti a corpi un tempo animati, riflettendo sul fatto che altro non vediamo se non ciò che da sempre si vede, studia ed osserva su libri, trattati  storici di medicina fin dai tempi antichi.

Forse si stà solo cercando  di far passare per arte contemporanea, ciò che non lo è?

Siamo forse, oltre i limiti del decoro?

Alla luce di queste considerazioni appare evidente che il problema della morte in Arte non può essere affrontato  se non analizzando molteplici aspetti.

Non me ne vogliate miei carissimi lettori se ho affrontato un tema così delicato  con immagini forti, penso che il giudizio posso passare solo attraverso un canale, la conoscenza e  talvolta, la conoscenza stessa conduce in porti sconosciuti al limite tra sacro e profano, arte e scienza.

Il filosofo Garaudy afferma: «La meditazione sulla morte è una riflessione sulla vita, sulla sua realtà profonda e sul suo significato».

Che sia L’Arte contemporanea, dissacratoria e realista,  una meditazione sulla morte stessa?

Vi aspetto a giovedì prossimo con una nuova emozione di Dreaming of Art .

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