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La poesia: canto dell'anima

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Benvenuti mie carissimi lettori di Dreaming of Art,

questa settimana mi voglio scusare con tutti voi, per la mia  assenza.

Anche la scrittura, come l’Arte,  ha necessità di “tacere ”, per poi  riemergere con una nuova spinta creativa, la mia anima aveva esigenza di uno spazio di silenzio contemplativo, in cui ritrovarsi, per osservare il mondo, prima di tornare a narrarvi di esso.

In questo tempo, apparentemente fermo, è nata la prefazione per un libro, una raccolta di poesia, la prima, della giovane  poetessa Francesca Berardi che ho avuto il piacere di scoprire ed apprezzare.

Farò vostre, come un regalo,  le parole che tale poesia mi ha concesso di “sentire”, e vi invito caldamente a conoscerla.

Tratto da “Nero come il Sole” di Francesca Berardi, Undici Edizioni.

Questa raccolta di poesie è un viaggio, quello di un giovane Odisseo nell’infinito universo, una metafora sulla vita, dove niente è realmente ciò che appare e soprattutto nulla è realmente solido.

Un percorso, quello di “Nero come il sole”, che ci parla di opposti, di solitudini e grandi sogni, di dolcezza e frustrazione, sentimenti contrastanti svelati in un libro costruito solo con la musica delle parole.

Francesca Berardi è una giovane poetessa calabra, la sua formazione letteraria  classica traspare ad ogni verso, da Dante a Montale il suo mondo si amplifica, generando da una poesia antica una lirica moderna, attenta alle solitudini ai condizionamenti sociali e morali del nostro secolo.

Ella non parla direttamente al lettore, lo fa nascondendosi dietro le parole ma, al contempo, tutto, nella sua prosa, rimanda al suo malessere di vivere e lo stesso Dario, protagonista  del Canticum Scyllae ,  diventa  “simbolo” esplicito della sua terra e del suo dolore.

Così il Figlio del cielo, Dario, nato dal cielo e così in simbiosi con le stelle, per la sua innata diversità, è alle stelle che fa ritorno, avvolto da un contesto di profonda malinconia e di intensa emozione; egli solo sente la voce di Scilla, le cui  origini antichissime, confuse tra mitologia, storia, leggenda e poetiche immagini,  si fanno  così reali ed attraenti come  il canto delle sirene nel viaggio di Ulisse.

E’ la stessa poetessa, nelle sue parole audaci che affascina il lettore trascinandolo in una profonda e tragica “Caduta libera” verso l’ignoto.

La tragica storia di Scilla, la ninfa marina della mitologia greca che, per gelosia, fu trasformata da Circe in un mostro mentre faceva il bagno in una caletta presso Zancle, l'odierna Messina e che, al posto delle gambe ebbe sei teste di cane che latravano e lunghe code di serpente, si ripresenta in forma misteriosa e magica nella trama poetica di Francesca Berardi,  così come nell'Odissea e nelle Metamorfosi di Ovidio.

Le parole della Berardi, sparse sul foglio, diventano veicoli di trasmissione  emozionale e mitologica dove i riferimenti culturali e naturali della terra calabra sono evidenti; leggere la sua poesia è come essere una freccia tesa sull’arco della sensibilità umana, è  una prosa del non- detto, del mistero, uno sfogo non esplicito verso il suo piccolo mondo e l’universo intero.

I suoi canti sono una finestra aperta ad un nuovo mondo in cui si rischia, esponendosi e mettendosi a nudo, con  il proprio patrimonio di esperienze, con gli incubi e la  continua ricerca della luce in cui è la parola della Berardi a farsi arma scelta per raccontarsi.

Leggendo la sua prosa inevitabilmente si percepisce la sofferenza, la paura, l’incertezza delle cose, degli oggetti, delle persone, dell’uomo, il suo desiderio acerbo di essere la “poesia preferita”, la Panacea di ogni dolore come lei stessa scrive.

La sua è la paura della fine, dello sgretolarsi della realtà, con allusioni  e metafore che la spingono alla ricerca di un “modo per acchiappare i sogni” che, nella notte appaiono reali e al risveglio spariscono, come la pietra che cadendo in acqua crea lo scompiglio e  che immediatamente dopo cancella ogni sua  traccia di movimento,  lasciando  solo calma.

Come in una favola, la magia è ben integrata e fondamento in questo suo errare poetico, la sua Sharazad racconta storie infinite, ma segnate dal dolore, dall’ amarezza di un passaggio dal piacere all’apatia più estrema.

Si può pensare, leggendo la sua poesia, che Francesca Berardi sia intimamente pessimista, come spesso lo sono stati i grandi poeti, ma come per loro, nei suoi versi si svela la speranza, ben ovattata, nascosta e comunque presente, senza la quale la stessa poesia non esisterebbe.

Il suo canto è inno involontario alla ricerca della gioia, un rigettare la drammaticità dell’esistenza, dove la caduta verso l’ignoto, come quella di Dario o il ballo sfrenato e matido di sudore tra cieli infuocati , sono ricerca folle di perversa riconciliazione con l’eterno.

Come in una danza sul mondo, il suo ritmo poetico è intenso e passionale, così leggiadro ed al contempo melanconico, sgorga tra evidenti messaggi opposti, l’amore e l’odio per la sua terra, il suo sentirsi “diversa” , il suo isolamento nel quale prende forma la creazione più meditata ed intima.

Attraverso la sua poesia,  il viaggio omerico già citato si palesa, come Ulisse, Francesca Berardi ed il suo universo si auto-analizzano perennemente, colpevolizzandosi e distruggendosi e rigenerandosi in quel momento puro ed altissimo che è la poesia.

"La poesia è il vero cibo e cura dell’anima e come la pioggia si butta dall’alto, si dirige verso l’asfalto consapevole del suo destino incombente.” 

Alla prossima emozione di Dreaming of Art.

 

 

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