Dentro o fuori, anzi dentro/fuori. Lo si è da un testa di cartapesta e una testa umana che trova nei social network l’espressione narrativa più soddisfacente.
Lo si è nell’ascolto della musica, magia libera all’interno di ogni cosa e non esclusivamente nei tasti di uno strumento in una stanza.
Si deve ascoltare attentamente ed armonizzare il suono per configurare un universo ben preciso e creato da tocchi. Gli spartiti sono un limite che non lascia tanto spazio perciò via.
Questo dovrebbe essere abbastanza per destare l’interesse di un pubblico atrofizzato. Cercare la musica in ogni cosa della propria vita, compresi se stessi, è senz’altro una cosa magnifica.
A leggerlo ci si sente già meglio, a vedere il film ancora di più. Non sono diventato santone improvvisamente.
Scrivo questo perché “Frank” è una pellicola che passa inosservata e che si contrappone a quei film di dramma a tesi. Lo spettatore non sa nulla in anticipo e l’eroe non è più forte degli eventi. E’ umano, l’abito che il pubblico fatica ad indossare nel cinema attuale e non.
Meno difficoltà ha, invece, Michael Fassbender nel recitare la parte del protagonista. Gargantuesco, sempre di più.