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Magic in the Moonlight

Manuale per far scomparire un elefante

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L’ultimo dei registi comici di Hollywood riesce sempre a tenere alto l’onore del lavoro cinematografico ridando la priorità a personaggi, sentimenti, pensieri e alla magia e lo fa sempre in momenti in cui allo spettatore viene chiesta una regressione mentale ogni volta che si siede su una poltrona, al cinema ultimamente.

Non me la sento di scrivere che Woody Allen sia passato di moda perché ammesso anche che possa girare o recitare film non particolarmente brillanti (To Rome with Love), è sempre sul pezzo.

Chi meglio di lui ha fornito e fornisce continuamente documenti sull’amore, la filosofia, il cinema, la letteratura, le donne, la musica, la risata ed il pianto? Se è necessario risolvere un problema esistenziale un film di Woody Allen è un ottimo metodo per cominciare ad affrontarlo.

Negli ultimi film il nostro allegro pessimista indaga ed amplia approfonditamente le illusioni.

“Magic in the Moonlight” palpa le illusioni relazionali che dicono dell’amicizia e discutono sull’amore perennemente minacciato da un nichilismo epistemologico e un ego pachidermico.

Mostruoso come tanti aspetti del credere e dell’essere razionali. Quindi il trucco di magia del protagonista consistente nella sparizione di un elefante, è una metafora perfetta e un’ammirazione nostalgica per Federico Fellini e il rinoceronte de "La nave va".

Solo per questo gesto dovrebbe commuoverci e sorprenderci.

Pertanto, "Magic in the Moonlight" è un film d'amore cinematografico che abbraccia l'innocenza della vecchia Hollywood di "Gioventù bruciata" (la scena all'osservatorio ha lo stesso sapore) e si influenza dall'Europa. Anche questa volta Allen non si tradisce e presenta personaggi veri che provano sentimenti veri.

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