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Nymph()maniac

Lars Von Trier colpisce ancora.

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Caro lettore, benvenuto ad un altro appuntamento cinematografico della rubrica Lo Sguardo Indiscreto della Settima Arte.

Il controverso Lars Von Trier ha diretto una pellicola d'autore che racconta l'evoluzione sessuale di una donna dal giorno della sua nascita fino al compimento dei cinquant'anni.

Se penso a “Nymphomaniac”, mi sento come catapultata in un'atmosfera chiusa e claustrofobica.

Tale sensazione permane per l'intera durata del film, è forte e coinvolgente, non si può restarne fuori.

Ancora oggi, a distanza di mesi dalla visione, se attraverso il corridoio di un treno, non posso fare a meno di ricordare il suono dei passi della protagonista quando cammina.

Passi che si dirigono verso l'ignoto, passi pesanti, perchè, sebbene sorreggano un corpo esile, trascinano un'anima molto pesante.

Perchè quell'anima ha scelto di salire su una giostra e, sovente, quando vi si sale, non si tiene conto del fatto che non si hanno gli strumenti per bloccarne il suo funzionamento.

Nel momento in cui si parte, infatti, tutta la fiducia di cui si è capaci viene riposta nell'operatore adibito al suo monitoraggio, operatore che difficilmente si porrà il problema di valutare se chi vi sale ha la reale volontà di farlo o se, invece, non è pienamente consapevole delle azioni che compie.

Così nella giostra, così nella vita, siamo noi a determinare gli eventi che ci vedono protagonisti.

Nymphomaniac, un film che ha fatto molto discutere sia la critica che gli spettatori sin dall'uscita del trailer.

Molte le recensioni negative e le etichette che si sono susseguite in questi ultimi mesi: “film squallido, un porno, più volgare di un porno, triste, vuoto, lussureggiante”.

Queste sono solo alcune delle definizioni usate per descrivere questa pellicola.

Ebbene, correrò il rischio di andare contro corrente ma, a parere mio, di lussureggiante e di pornografico in questa pellicola c'è davvero ben poco.

In primis, mi piace mettere in rilievo il fatto che in Nymphomaniac viene privilegiato l'uso della parola, attraverso la quale viene compiuta una vera e propria indagine sessuale: Joe (Charlotte Gainsbourg) racconta, infatti, la propria vita a Seligman(Stellan Skarsgard) per l'intera durata del film.

I due si trovano in una stanza tetra e spoglia, non vi sono elementi che distraggono: ciò che impera è la narrazione di fatti accaduti, quasi come se, all'interlocutore, fosse stata consegnata la chiave di un diario segreto.

Il racconto in questione, altro non è che la rivisitazione di un passato che fa male; l'intensità dell' emozione legata ai ricordi si amalgama alla perfezione con l'etica e le convinzioni del momento presente.

Joe racconta a Seligman il momento in cui si è scatenato il disturbo di cui è vittima; dalla narrazione, emerge che la ninfomania è una patologia che rientra nel novero delle dipendenze e dunque, come tutte le dipendenze, può nascere per curiosità, per gioco o per una particolare predisposizione personale.

La dipendenza è come una strana entità, che porta dentro ad un vortice in virtù del quale, nel momento in cui La si incontra, si può fare solo una cosa: cercare Lei, perchè la sua “magia” farà dimenticare tutto il resto.

Che sia dipendenza da sostanze, che sia dipendenza da gioco, che sia dipendenza da sesso, non fa alcuna differenza.

La vita del dipendente sarà legata per sempre e indissolubilmente a Lei, che avrà la priorità su tutto, anche su un figlio, su una madre, su un fratello o una sorella e questo aspetto, nel film, viene evidenziato in modo molto sottile.

I racconti di Joe sono abilmente intervallati dalle scene in cui si estrinsecano: una carrellata molto esplicita di rapporti sessuali, dove ben poco è lasciato all'immaginazione e dove emerge il turbamento e l'inquietudine che accompagnano la sua vita.

Niente a che vedere con l'hard, nonostante le scene siano molto esplicite: il genere hard ha, infatti, il fine di suscitare il piacere sessuale.

Niente a che vedere neppure con il genere erotico che, in modo più raffinato rispetto all'hard, solletica anche i piaceri più dormienti.

In Nymphomaniac non si ravvisa l'intento di suscitare piacere alcuno, bensì si percepisce unicamente l'intenzione di far provare, per una volta, attraverso la protagonista, l'immenso patimento che investe i soggetti ninfomani: senso di vuoto, assordante solitudine, apatia dominante, anaffettività disarmante.

In quest'opera scorre tanta, tantissima sofferenza: si vede un continuo passaggio da un uomo all'altro ed emerge come, per l'idem sentire, sia certamente più facile esprimere il giudizio secondo il quale ciò sia dovuto all'insoddisfazione legata al partner o legata ad una forma caratteriale, piuttosto che pensare all'esistenza di un disagio psicologico.

Emerge, altresì, che la sessualità è l’unico strumento che la ninfomane ha per avere una relazione con l’altro.

Per colmare il suo vuoto affettivo la ninfomane ha, infatti, soltanto bisogno di un uomo qualunque, non certo di una relazione stabile.

I suoi rapporti sono, di conseguenza, freddi e impersonali: quasi mai raggiunge il piacere.

Mi sento in dovere di riconoscere che, in un mondo dove la volgarità impera, Lars Von Trier ci presenta un nuovo modo di concepire il nudo e la sessualità, che va ben oltre le pulsioni e l'estetica.

Ecco la sfida che il regista ha scelto di affrontare: fornire allo spettatore nuovi occhi per vedere ciò che da solo non riesce a vedere. Ed ecco che, immediatamente, il nudo non evoca lussuria e sensualità bensì diventa lo strumento per parlare di una patologia.

Per questo mi lascia l'amaro in bocca il fatto che Lars Von Trier abbia dato il consenso ai produttori per la realizzazione di una versione censurata, pur rifiutandosi di partecipare al rimontaggio.

Indubbiamente il fine è stato di garantire un maggiore riscontro a livello commerciale ma, a mio avviso, sarebbe stato intellettualmente più onesto far si che fosse un film “di nicchia”.

Chissà, se forse ci avesse creduto fino in fondo, avrebbe potuto ottenere anche un maggiore successo.

Molto raffinata la scelta delle musiche, che scandiscono magistralmente i momenti peculiari del film: il passaggio fluido e disinvolto dalle sinfonie di Bach al Tanz Metal dei Rammstein accompagna e rafforza l'intensità di quest' opera che comunque non finirà, a parere mio, nel dimenticatoio.

Merita una citazione l'epica, seppur brevissima, partecipazione di Uma Thurman.

Consiglio la visione di Nymphomaniac a chi ha voglia di conoscere l'animo umano e, in senso più ampio, la società all'interno della quale si svolge la personalità di ciascuno di noi.

Vi aspetto al prossimo appuntamento con Lo Sguardo Indiscreto della Settima Arte.

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