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Il giovane favoloso

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Dei grandi film che vedo non provo il minimo piacere perché so che sono meravigliosi, ma non lo sento. La sensibilità è appannaggio di rare eccezioni che possiedono una qualche relazione con il passato cinematografico. “Il giovane favoloso”, sono convinto, sia fra queste.

Senza senso di ribellione o accusa, contrasta quella che è la natura cinematografica post-videogames e pre-holograms mostrando la storia di un’anima.

 Martone era intenzionato a intitolare così questo spaccato dell’interiorità di Giacomo Leopardi che dalla sua vita prende spunto, conscio del fatto che egli abbia vissuto più dentro che fuori di sé. Lucido nell’aver capito che dietro le sue esperienze, il poeta di Recanati sia riuscito a passarci tutto sugli esseri umani.

 Perciò questa trasposizione cinematografica è tremendamente attuale. Soprattutto per un giovane che tanto quanto il protagonista, si confronta spesso con il vuoto, la noia, l’egoismo e il narcisismo di un mondo che pretende, si prende sul serio, è egoista e a conti fatti non è niente.

Lo strabiliante non appartiene a questo genere di pellicole ormai se non nella misura in cui rivendicano l’amore per la settima arte ed i suoi spettatori. E scusatemi, non è poco.

Sebbene il film, come il protagonista, non senta il bisogno di stima, gloria o altre cose simili, le avrà, quanto l’amore che è sempre più esclusivo dei fasti cinematografici del passato.

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