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L'uomo che citò in giudizio Dio

Caos o Provvidenza?

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Il cinema e il senso della vita

Caos o Provvidenza?

Nel film L'uomo che citò in giudizio Dio, commedia australiana del 2001, diretta da Mark Joffe, Billy Connolly interpreta Steve Myers, il proprietario di un campeggio sulla spiaggia. Una tempesta anomala un giorno distrugge la sua barca. Quando si rivolge alla sua assicurazione per essere risarcito, si sente rispondere che quel fatto è un “atto di Dio”, “causa di forze maggiori”, perciò rifiuta di pagargli i danni. Ma la giornalista Anna Redmond, interpretata da Judy Davis, decide di aiutarlo con un'idea ingegnosa che spiazza tutti. Se Dio ha distrutto la sua barca, allora perché non citare in giudizio Dio stesso, attraverso le persone che lo rappresentano sulla Terra, cioè i capi delle diverse Chiese? Una causa legale così impensabile mette alle strette non solo i capi religiosi ma anche la stessa compagnia di assicurazioni. Infatti, i primi non possono negare di essere i rappresentanti di Dio sulla Terra, perché perderebbero il loro potere e il loro lavoro, nemmeno possono negare l'esistenza di Dio, perché distruggerebbero la loro istituzione. La seconda, se Dio non esistesse, non potrebbe appellarsi alla clausola “Atto di Dio”, che la mette al riparo dal rischio del risarcimento. La provocazione del film suscita spontanea una domanda: nella vita quotidiana, c'è qualcuno a cui rivolgersi, qualcuno che veramente ascolti i nostri problemi, le nostre ansie, le nostre paure, le nostre angosce? Il dolore e la sofferenza dell'umanità resteranno privi di una risposta perché non c'è un ascoltatore “appropriato”?

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