BIOGRAFIA AUTORE
Alfredo Betocchi è nato ad Atene nel 1951, vive a Firenze, è sposato e ha un figlio.
Ha lavorato molti anni per il Comune di Firenze, cominciando come insegnante elementare, occupandosi poi di economato e infine di matrimoni allo Stato Civile.
Appassionato di bandiere e di storia, ha pubblicato innumerevoli articoli su periodici italiani e stranieri del settore.
Attualmente collabora col periodico “Vexilla Italica” del Centro Italiano Studi Vessillologici.
Ha viaggiato in molti paesi d’Europa, partecipando a conferenze e congressi internazionali relativi ad argomenti storico e politici.
Ama i libri di genere storico, di fantascienza e di fantasy.
Da molti anni scrive divertenti e curiosi articoli, come biografie di personaggi poco noti, tradizioni popolari italiane, musica e fatti storici minori sul bimensile fiorentino “INSIEME”,
Nel 2010 ha pubblicato il suo primo romanzo con l’Editore “Il Campano” di Pisa, dal titolo:
“L’OROLOGIO DELLA TORRE ANTICA”.
Tale romanzo, migliorato nella veste grafica e arricchito di una mappa dei luoghi e di una prefazione curata dall’Autore, è stato ripubblicato nel 2014 dalla Casa Editrice “David and Matthaus”.
Nel dicembre del 2013 ha visto la luce il secondo volume della stessa saga dal titolo:
“LA MAGA TARA” (Ed. David and Matthaus).
Nel 2015 uscirà il terzo e ultimo libro della trilogia: “SELINA, l’ultima strega”.
Ha nel cassetto, in attesa di pubblicazione, altri romanzi di genere avventuroso e di genere storico- amoroso, oltre ad alcuni racconti brevi di genere fantastico per ragazzi.
All’inizio del 2013 ha pubblicato otto delle sue poesie in un antologia dal titolo: “I Poeti Contemporanei” per la Casa Ed. “Pagine”.
Continua tutt’ora la sua attività di scrittore, curando la stesura di un nuovo romanzo di genere storico-amoroso ambientato in America del nord nel XVIII secolo oltre a una biografia di Chopin.
PRESENTAZIONE
Caro Lettore,
questo è il secondo libro della trilogia fantastica iniziata con "L’OROLOGIO DELLA TORRE ANTICA". E' la biografia avventurosa di una ragazza che nasce a Firenze da una famiglia di mercanti e che verrà travolta dalle vicende della guerra tra l'Impero e il Papato, tra Guelfi e Ghibellini. Sarà trascinata per tutta l'Italia finché la magia e un gatto nero la salveranno dalla rovina.
Il romanzo narra anche di un misterioso delitto al Museo Etrusco di Arezzo.
Un giallo che è anche una storia d’amore e una spy story.
Le trame si susseguono a capitoli alternati così che il lettore può seguire entrambe le avvincenti storie le quali si uniranno in un unico finale dalla conclusione sorprendente.
Buona Lettura...
LA MAGA TARA
Un lieto evento
Firenze, 10 giugno 1229
In quel pomeriggio di fine primavera i raggi del sole morente scendevano obliqui sui tetti rosati dei palazzi della città. A un centinaio di metri dalle rive dell’Arno, una finestra al secondo piano del Palazzo Davizzi era ancora aperta nonostante l’ora avanzata. Sulla facciata campeggiava lo stemma della famiglia: uno scudo inquartato di bianco al primo e al quarto e di rosso al secondo e al terzo, troncato con una dentellatura a quattro punte.
Una voce di donna, un grido improvviso seguito da altre voci di incoraggiamento uscirono da una stanza del palazzo. Un secondo grido più alto poi un terzo si levarono nel crepuscolo e i rari passanti alzarono la testa per cercare di capire cosa succedeva dietro quei preziosi tendaggi. Un quarto grido straziante, più lungo e risolutivo, anticipò un debole vagito. Infine la neonata fece udire il suo pianto liberatorio, il primo di quel sabato sera.
I passanti sorrisero e nel loro animo augurarono ogni bene alla nuova nata, dopo di che continuarono il loro cammino. La madre, esausta ma felice, strinse al seno la sua creatura ringraziando Dio e san Giovanni, patrono della città, per la conclusione positiva del suo parto. La levatrice, dopo aver lavato ben bene la piccina ed averla coperta con un bianco vestitino ricamato, la riconsegnò a Edvige Boneschi, la puerpera. Poi aprì le porte e fece entrare Bertino Davizzi che aspettava impaziente e ansioso il parto della sua sposa. Edvige con un sorriso, gli indicò la piccola che faceva sentire prepotente la sua vocina ed esclamò: «Bertino, è nata viva, hai visto? Questa volta è nata viva!»
L’uomo raggiante si piegò sulla donna baciandole la fronte sudata e osservando a lungo la figlia che strillava a piena voce: «Si, è ben viva! La chiameremo Vivilla perché finalmente il Cielo le ha permesso di nascere vitale e sana! Che possa vivere in questo mondo per molti anni a venire!» Ignorava in quel momento quanto profetiche sarebbero state le sue parole.
«Oh amore» gli rispose lei con un filo di voce, «è un bellissimo nome, così come è bella lei!»
«Domani» continuò il marito, «la presenteremo a tutta la città. Tutti devono vedere come è bella la figlia del mercante Bertino Davizzi!»
Una serva salì al piano superiore, dove si trovavano le cucine e dov’erano radunati i domestici e i servi, dando la lieta notizia che tutti aspettavano da ore. Era il terzo parto della loro padrona e già due volte il destino aveva troncato sul nascere i piccoli eredi, gettando nella disperazione e nello sconforto tutto il palazzo.
Il padre era uomo accorto e capace, faceva il mercante in Firenze da almeno dieci anni nell’Arte di Calimala o dei Mercatanti. Aveva viaggiato in tutt’Italia ed era stato perfino nella lontana Alemagna. La sua famiglia era venuta da Roma in cerca di fortuna e l’aveva trovata grazie a suo padre Giovanni. Bertino si occupava di tessuti che faceva tessere per poi rivendere ai nobili fiorentini e a quelli di molte città italiane e straniere.
Una schiera di tintori, sarti e ricamatrici completavano il lavoro ed egli portava i broccati e i velluti fino alla lontana Colonia, nelle ricche contee del Sacro Romano Impero Germanico.
Al suo ritorno vuotava sul tavolo le borse colme di monete d’oro e di gioielli acquistati per l’amata Edvige. Era un uomo alto, forte e corpulento, ma dolce e tenero con la sua sposa che amava di un amore profondo. A trent’anni portava con orgoglio una precoce canizie, indice a quei tempi di saggezza e d’esperienza. Era giusto, ma clemente con la servitù dalla quale veniva ricambiato con lo stesso affetto e fedeltà.
Faceva frequenti e generose donazioni ai poveri della città e alla Chiesa. Distribuiva ricche gratifiche ai suoi servi e alle dame di compagnia della sua sposa.
In Firenze era benvoluto da tutti per il suo equilibrato giudizio e il suo profondo senso della giustizia. Sapeva essere tuttavia anche un uomo d’azione e maneggiava la spada bene come la mazza ferrata. Nel 1223, aveva partecipato all’assalto fallito del borgo fortificato di Figline che si era ribellato al governo fiorentino. Ne era uscito incolume, ma aveva mostrato coraggio e valentia, oltre ad aver ricevuto gli elogi del comandante delle truppe cittadine.
Il giorno successivo alla nascita di Vivilla, la notizia aveva fatto il giro della città e i notabili, i mercanti e i più importanti ecclesiastici si recavano in processione al palazzo per felicitarsi con i genitori e ammirare la neonata. L’intera giornata trascorse tra applausi, brindisi e mangiate. Un grande tavolo ricolmo di ogni sorta di ghiottonerie faceva bella mostra di sé nel cortile interno della casa e tutti i visitatori attingevano a piene mani da quelle delizie. Un fiume di vino scorreva incessantemente dai fiaschi del padron di casa alle pance dei visitatori. La gente ricca rideva e s’ingozzava mentre quella povera godeva di quel ben di Dio, ma stando fuori dal palazzo. Il mercante accoglieva tutti con un sorriso e un inchino, intanto che la balia mostrava agli ospiti la bambina che le dormiva beatamente in collo.
Dopo una settimana, la famiglia entrò solennemente in Battistero per il rito religioso officiato da Giovanni, vescovo di Firenze. Vivilla indossava il più bel vestitino che si fosse mai visto addosso a una neonata in quegli anni. In testa portava una graziosa cuffietta ricamata che le incorniciava il viso. Si svegliò, ma essendo sazia di latte non gridò e cominciò a girare gli occhi azzurri a destra e a sinistra, curiosa della moltitudine che si affollava solo per lei. Il vescovo l’attendeva accanto al fonte battesimale con un’aria ilare, conscio della ricca prebenda che avrebbe ricevuto dal generoso mercante il giorno dopo. I genitori e i padrini si avvicinarono. Il prelato recitò le preghiere di rito poi, presa dal fonte un po’ d’acqua, la versò sulla fronte della bambina. A quel contatto freddo strillò forte, protestando e muovendosi come per sfuggirgli. Gli occhi azzurri presero il colore del fuoco ed essa fissò Giovanni che sbiancò in volto e si sentì rimescolare tutto per l’inquietante sguardo della neonata. La madrina che la teneva in braccio si girò prontamente e, fendendo la folla, uscì dal Battistero dirigendosi a passi svelti verso il palazzo. Bertino ed Edvige erano senza parole per lo stupore e la vergogna poi anch’essi, sorridendo e scusandosi debolmente, tornarono a casa seguiti da una folla attonita e spaventata. Un brusio incontenibile si levò nella piazza. Per molti giorni in città si commentò l’accaduto. C’era chi vedeva in questo fatto la mano del Demonio, chi più semplicemente faceva osservare che Vivilla aveva solo avuto paura dell’acqua fredda. I genitori preferirono allontanarsi dalla città finché non si fosse dimenticato l’increscioso evento.
Arezzo, 3 ottobre 1963 Convento di S.Bernardo
La notte era senza luna e il buio assoluto. L’aria tersa e fresca dell’autunno invitava le coppie all’intimità fra le siepi nei prati. Gli uccelli notturni cantavano rumorosamente nella campagna e i gufi e le civette si dedicavano alla loro caccia quotidiana.
Un severo edificio svettava al centro della città. In quel luogo che fu per secoli rifugio di preghiera e penitenza era ospitato il Museo Archeologico. Nel cielo nero poche nuvole scure si rincorrevano pigre, nascondendo le stelle brillanti.
Non un alito di vento si percepiva nell’aria. Qualcuno scese fin sulla strada deserta e, silenziosamente, si accostò a una finestra. Nello stanzino al piano terra Corrado, il guardiano di notte, aspettava i rintocchi della campana del municipio per iniziare il suo giro d’ispezione. La finestra s’aprì senza alcun rumore. Mani esperte spinsero le ante interne degli scuri, poi un soffice tonfo rivelò che qualcuno era entrato nell’edificio.
Nella terza sala, quella dei reperti più antichi, in una bacheca di vetro una sottile lamina di metallo non più lunga di quindici centimetri iniziò ad illuminarsi di una strana luminescenza. Le lettere incise in una scrittura ignota si animarono, sporgendosi dal metallo come se volessero uscire per raggiungere una meta tanto agognata. L’ombra si avvicinò alla teca e in quel momento dalla torre del municipio i battiti dell’antico orologio iniziarono i loro dodici rintocchi.
Un sorriso crudele sottolineò la gioia per l’imminente successo.
Il guardiano, uditi i rintocchi, posò il libro che leggeva e si alzò, si stirò la schiena indolenzita poi, afferrata la pila elettrica, entrò nella prima sala per l’ispezione.
L’ombra intanto, forzato il vetro e aperta la bacheca, si soffermò un attimo ad ammirare la luminosa lamina bronzea.
«Finalmente sei di nuovo mia!» le sussurrò piano.
Occhi cerulei e profondi contemplarono la frase illuminata mentre una gioia immensa riempiva tutto il suo essere, facendolo esitare un attimo.
Il guardiano entrò nella seconda sala e illuminò con la pila i due corridoi laterali. Tutto era al suo posto. Corrado si avviò con passo lento e strascicato verso la terza sala. Ad un tratto, con la coda dell’occhio, notò una finestra socchiusa. Si guardò intorno e si avvicinò per indagare. Afferrò con le mani le due ante semi aperte per richiuderle, ma a quel gesto volse incautamente le spalle all’entrata della sala. Percepì sulla nuca una leggera brezza. Un dolore improvviso e lancinante lo sorprese in mezzo alle spalle mentre le sue mani tenevano ancora strette le ante della finestra … la pila cadde in terra. Corrado non ebbe la forza di girarsi e sentì la sua testa vorticare paurosamente e stramazzò in terra … tutto divenne buio, per sempre.
L’ombra, scavalcata la finestra, s’allontanò furtiva e svanì lontano col suo tesoro.
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"LA MAGA TARA" di Alfredo Betocchi - Edizioni DAVID and MATTHAUS
Le persone interessate al libro, possono rivolgersi direttamente all'autore. Mail: abetocchi@yahoo.com Avranno il libro con una bella dedica personalizzata. Ovviamente il libro può essere ordinato anche all'Editore DavidandMatthaus o presso le librerie Feltrinelli e Mondadori Store.
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Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.