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" UN'ESPERIENZA DI VITA " di Cesare Bonfanti

Impegno politico e sociale al servizio della comunità

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BIOGRAFIA AUTORE

Cesare Bonfanti, nato a Trezzo sull’Adda nel 1940.
Lavoratore all’Alfa Romeo di Milano e di Arese dal 1954 al 1993, prima come apprendista, poi operaio, lavoratore
studente, e successivamente impiegato tecnico progettista.
Attivista sindacale e attivista politico, Vicesindaco e Assessore al bilancio nel Comune di Trezzo sull’Adda dal
1970 al 1993. Nelle elezioni del 1972 candidato in lista per la Camera dei Deputati.
Dal 1993, al termine dell’impegno politico e amministrativo, un nuovo e diverso inizio di vita dedicata alla moglie,
alla famiglia e nonno a tempo pieno. 

PRESENTAZIONE 

Caro Lettore,

questo è un libro che, attraverso la storia di un tratto di vita sindacale e politica dell’autore, diventa inevitabilmente anche un pezzo di storia di una fabbrica, di un paese e di una comunità. A molti leggendo queste pagine torneranno alla memoria fatti e personaggi che hanno avuto tanta parte nella vita sociale italiana in generale e di Trezzo sull’Adda in particolare. Del resto, Trezzo non è solo il luogo di ambientazione dei molti fatti raccontati, è sempre protagonista, insieme con i suoi abitanti. In questo suo affresco della Trezzo di quegli anni, Cesare Bonfanti rivela il suo innamoramento per la politica, e, insieme con il suo, anche l’innamoramento dei personaggi che hanno disinteressatamente agito per Trezzo, in anni in cui l’espressione bene collettivo voleva dire qualche cosa e non come è accaduto, purtroppo, in seguito una vuota formula retorica.

Le vicende qui raccontate, ormai lontane, ma ancora molto vive nella mente dei protagonisti e dei testimoni attenti, saranno un bell’esercizio di memoria. Infatti, attraverso l’esperienza sindacale e politica (e anche un po’ quella personale e sentimentale), l’autore racconta, ovviamente dal suo punto di vista, un entusiasmante trentennio di fatti e di sogni. Tante vicende e tante riflessioni che susciteranno emozioni, interpretazioni e discussioni. In fin dei conti è anche questo lo scopo di Bonfanti; che vuol lanciare un nobile messaggio che dovrebbe essere sempre valido nel tempo, e cioè: far capire, soprattutto ai più giovani, che la politica non è da rottamare. Da rottamare è la malapolitica, quella che da troppo tempo finisce nella cronaca giudiziaria dei giornali. Dall’autore arriva, invece, l’esortazione alla buona politica, quella che risolvendo i problemi aiuta i cittadini a vivere meglio e li porta ad aver fiducia nel futuro per loro e per i loro figli. (Fiorenzo Barzaghi)

* * * 

Buona lettura...

UN'ESPERIENZA DI VITA

CAPITOLO 1
Anni ’60:
impegno sindacale e politico
all’Alfa e a Trezzo

Sono Cesare Bonfanti, sono nato nel 1940 a Trezzo sull’Adda e tuttora ci vivo. È una bella cittadina in provincia di Milano, immersa nel verde del fiume, ricca di valori ambientali e storici come il castello, le chiese, il convento dei frati, le ville ottocentesche, le cascine. Tanti sono anche i valori storici della fine Ottocento e del primo Novecento che segnarono l’inizio, nella nostra zona, della rivoluzione industriale che determinò il passaggio dalla società rurale dell’Ottocento alla moderna società industriale con l’insediamento delle prime filande, dei primi stabilimenti tessili e metalmeccanici, che davano il lavoro a parecchie centinaia di operai. La costruzione del ponte, a fine ’800, per l’attraversamento dell’Adda anche con il trenino a vapore che collegava Monza a Bergamo e la costruzione della centrale idroelettrica, che iniziò a funzionare con la prima turbina all’inizio del ’900, furono importanti sovrastrutture che aprirono la strada verso il mondo moderno. Ebbe pure grande importanza l’insediamento, sulla sponda bergamasca dell’Adda, dello stabilimento tessile con l’annesso Villaggio Crespi con le case per gli operai, le villette e le ville per i capi e i dirigenti e il castello per la proprietà, la chiesa e le scuole, il cimitero monumentale e con campi di sepoltura a prato verde all’inglese, tutto in un perfetto stile architettonico dell’epoca.

Oggi lo stabilimento e il villaggio Crespi sono patrimonio dell’umanità protetto dell’Unesco come esempio di industrializzazione realizzato da una borghesia illuminata, attenta anche all’aspetto sociale del lavoro e alla difesa dell’ambiente e al suo armonico sviluppo. È di quel tempo, precisamente nel 1879 la nascita in Trezzo sull’Adda della Società operaia di mutuo soccorso che, con un fondo formato dal contributo economico dei lavoratori e dei padroni delle aziende, consentiva ai lavoratori ammalati o con gravi problemi anche familiari di avere un contributo di sostentamento. Tutto questo avveniva, in un piccolo centro di provincia come Trezzo sull’Adda, anni prima che si formassero il Sindacato unitario dei lavoratori, le mutue e il servizio previdenziale nazionali.

All’Alfa Romeo:

L’incontro con la grande fabbrica, con il sindacato e con la politica

A 14 anni fui ammesso alla Scuola apprendisti operai dell’Alfa Romeo di Milano. Dopo tre anni di scuola fui assunto in qualità di operaio nel reparto di produzione degli attrezzi per la lavorazione meccanica. Mi trovai a lavorare accanto a operai che avevano vissuto la guerra, il fascismo e il ruolo dei lavoratori nella difesa delle fabbriche dalla follia distruttiva dell’ultima fase dell’occupazione nazista e nella riconquista poi della libertà e della pace per l’Italia e per tutta l’Europa. Subito compresi l’importanza dell’iscrizione al sindacato e dell’impegno attivo, aderii alla UIL, di estrazione moderata e socialdemocratica, ma dopo circa un anno a seguito di un accordo separato con la Direzione della fabbrica e respinto dalla grandissima maggioranza dei lavoratori, con lettera riconsegnai la tessera alla segreteria provinciale motivando la mia decisione anche in un incontro col segretario provinciale che avvenne nel bar vicino alla portineria d’ingresso degli operai dell’Alfa Romeo.

Ebbi in seguito occasione di approfondire la conoscenza e l’amicizia con un socialista che lavorava nel reparto, capo storico del movimento operaio e antifascista, rispettato da tutti in fabbrica e negli ambienti politici milanesi perché durante la dittatura fascista aveva pagato questo suo impegno con la galera. Decisi a 18 anni l’iscrizione al sindacato della CGIL e al Partito socialista italiano di Pietro Nenni e iniziai a frequentare le riunioni alla sede provinciale. A 19 anni ripresi a frequentare la scuola serale all’Istituto tecnico industriale meccanico Ettore Conti di Milano, aggiungendo alle quaranta ore di lavoro settimanali in fabbrica, le trentotto di scuola: tutte le sere, al sabato pomeriggio e alla domenica mattina, per cinque anni che diventarono sette per l’interruzione di due anni per il servizio militare di leva. Al termine del servizio militare ripresi il lavoro all’Alfa Romeo e fui fra i primi trasferiti alla nuova fabbrica di Arese, e ripresi a frequentare il terzo anno della scuola serale. Alle prime elezioni fui eletto nella Commissione interna con i capi storici dei sindacati e del movimento operaio dell’Alfa Romeo e aumentò il mio impegno per le riunioni e trattative con la Direzione della fabbrica e con l’Intersind, il sindacato padronale. Intanto nelle scuole serali milanesi si formò un movimento di lotta che rivendicava il riconoscimento, da parte delle aziende, del sacrificio dello studio serale che portava vantaggio anche all’azienda perché le nozioni teoriche imparate a scuola erano arricchite dall’esperienza di lavoro in fabbrica. Sulla spinta di quelle lotte in tante aziende furono presentate richieste al fine di ottenere il dovuto riconoscimento. 

All’Alfa Romeo, ottenemmo il rimborso per tutti gli anni di scuola delle tasse scolastiche, se promossi, e un periodo di tre settimane di assenza retribuita per la preparazione all’esame di maturità. Fui confermato eletto in Commissione interna nelle successive elezioni fino al superamento nel 1968 delle stesse con i Consigli di fabbrica, organismo di più larga partecipazione e punto di organizzazione delle lotte operaie e di difesa dalla minaccia terroristica delle Brigate rosse con i tentativi di infiltrarsi nel movimento operaio delle grandi fabbriche per portarlo su posizioni avventuristiche. Della mia attività sindacale in fabbrica ricordo con particolare interesse la lotta contro la pratica di portare all’esterno la produzione e perfino la progettazione di parte del lavoro molto remunerativa in strutture nelle quali c’era, a vari livelli, il diretto coinvolgimento di responsabili dei settori interessati all’interno della fabbrica. È significativo, sotto questo aspetto, ricordare che per contrastare questa nostra attenzione, nel primo anno della mia presenza in Commissione interna, i responsabili del settore dove lavoravo ad Arese tentarono di sottopormi a severi provvedimenti disciplinari per giudizi sullo svolgimento del mio lavoro, artificiosamente costruiti al fine di arrivare anche al mio eventuale licenziamento. Lo sciopero non dichiarato dei circa duemila operai già trasferiti ad Arese impedì questa pretestuosa azione. La Direzione del personale non riconobbe mai il merito alla Commissione interna e del movimento sindacale aziendale di aver fatto anche l’interesse dell’azienda mentre difendeva i diritti e la dignità dei lavoratori. Ciò nonostante, nella prima riunione della Direzione generale, venne licenziato il direttore del settore, responsabile di quella gestione per niente corretta.

Nel 1966 terminai la scuola serale conseguendo il diploma di Perito industriale meccanico e, nonostante che la prova per il passaggio di categoria in azienda fosse stata superata positivamente, per il persistere di discriminazione nei miei confronti per ragioni sindacali e politiche da parte della Direzione del personale, passò un altro anno e molta insistenza da parte della Commissione interna prima di assegnarmi un posto di impiegato tecnico di prima categoria che mi competeva e che di norma a tutti gli altri che frequentavano la scuola serale come me veniva assegnato molto prima del conseguimento della maturità e precisamente dopo i primi anni di scuola. Questo mi fu in seguito confidato dal capo servizio che apprezzava il mio lavoro e che nei miei confronti aveva un rapporto di stima e di rispetto. Nonostante ciò nei venticinque anni che restai in ufficio ebbi una sola volta un piccolo aumento di merito, che proprio non potevano negarmi, la mia carriera fu determinata solo dagli aumenti contrattuali. La mansione che mi venne assegnata fu quella di progettista di attrezzature per lavorazione meccanica e poi, quando negli anni successivi venne trasferita all’esterno quell’attività, la mia mansione fu di metodista di montaggio motore e cambio. Sulla spinta del movimento di lotta giovanile e studentesca esploso nel ’68 riuscimmo creare iniziative per rivendicare migliori condizioni di lavoro e più dignità anche fra gli impiegati tecnici e amministrativi con lotte e scioperi che portarono a risultati positivi. All’inizio degli anni ’80 all’Alfa Romeo di Arese eravamo più di 26mila fra operai e impiegati tecnici e amministrativi. Già negli anni precedenti era iniziato il decentramento verso ditte esterne specializzate in produzioni prima fatte direttamente all’interno della fabbrica, come la fonderia, la forgia e di tanti altri componenti finiti della vettura.

La crisi economica, il non riuscire a vendere quello che si produceva, comportò nell’82 all’Alfa Romeo l’inizio del ricorso alla cassa integrazione e alle dimissioni incentivate. Negli anni successivi fu necessario ricercare alleanze e integrazione con altre case automobilistiche, alla fine si arrivò alla cessione dell’azienda alla Fiat come del resto fu per tutto il settore automobilistico italiano. Non fu grande il potere contrattuale dell’Alfa Romeo perché le sue condizioni non davano troppe garanzie e non per responsabilità dei sindacati e dei lavoratori. Non si deve dimenticare che, dopo poco tempo, esplose la questione di Tangentopoli e di Mani pulite che investì gran parte del sistema politico e pubblico e che, in fabbrica, la Commissione interna, già anni prima, aveva denunciato episodi di interessi privati nella gestione aziendale, come il caso nel quale fui coinvolto all’inizio degli anni ’60 di cui ho parlato più sopra.

La mansione da me svolta negli ultimi anni di lavoro, prima della pensione incentivata, appena la mia situazione contributiva lo consentì, passò da supporto tecnico alla produzione e al montaggio del motore e del cambio nella fabbrica di Arese, alla progettazione delle linee di montaggio del motore e del cambio per la produzione della 500 Fiat che si doveva produrre in Polonia spostando l’impianto esistente in una delle fabbriche italiane con l’aggiunta di alcuni posti di lavoro nuovi. Ora l’Alfa Romeo di Arese è una fabbrica abbandonata, si sono persi 26mila posti di lavoro, più altrettanti dell’indotto. È di questi giorni la notizia che nel nostro Paese la situazione occupazionale si sta sempre di più aggravado, infatti si sono persi 576 mila posti di lavoro negli ultimi quattro anni (2009-2012). Io condivido il fatto che i Paesi sviluppati investano nei Paesi meno progrediti tecnologicamente e che questi debbano essere aiutati, ma i cambiamenti non devono essere fatti tenendo conto esclusivamente del profitto economico dell’impresa, bisogna salvaguardare la situazione occupazionale esistente nei Paesi d’origine, molto spesso, però, questo non viene fatto. 

Se si porta la produzione all’estero chiudendo le fabbriche nel proprio Paese pensando di aumentare i propri profitti, è un grave errore perché se quella merce che si produce a minor costo non trova più i compratori, la crisi che inizialmente è solo dei lavoratori che perdono il lavoro, diventa crisi generale e quindi anche di quelli che credevano di essere immuni, anzi pensavano di arricchirsi; infatti, se la crescita e il benessere non sono di tutti, la crisi tocca pesantemente i consumi e diventa crisi di tutti. A quelli che pensano che a sbagliare sono sempre i lavoratori e i loro sindacati quando chiedono e lottano per avere più soldi in busta paga e più dignità, dico che sono in errore a pensare così, perché i lavoratori stanno facendo in quel momento l’interesse di tutti, perché le loro conquiste saranno poi sempre in grado di mettere in moto l’economia del Paese creando sviluppo e benessere per tutti.

* * * 

UN'ESPERIENZA DI VITA di Cesare Bonfanti - Editore BAMA -

Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

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