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" INCONFESSABILI SEGRETI " di Stefania Romito

Io per lavoro vivo la vita degli altri. Il perché di questa scelta? Potrei dire che il motivo è esclusivamente economico, ma la verità è un'altra. Il mio nome è Ophelia e sono una ghost writer.

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BIOGRAFIA AUTRICE

Stefania Romito è nata in Svizzera da genitori italiani. Parte della sua vita la trascorre a Luino sul lago Maggiore. Dopo essersi trasferita a Milano consegue la laurea in Lettere con il massimo dei voti (110 e lode) presso l’Università degli Studi di Milano. La sua passione per la scrittura la porta, nel 2010, a pubblicare il suo primo romanzo dal titolo “Attraverso gli occhi di Emma” (Alcyone Editore) dove viene trattata la tematica della disabilità visiva. Alla presentazione del libro ha preso parte anche il presidente dell’Istituto dei Ciechi di Milano, Cav. Rodolfo Masto. Il romanzo sta per essere tradotto in braille dalla Biblioteca per i Ciechi di Monza “Regina Margherita” e inserito, in versione audiolibro, nel catalogo del “Libro Parlato” istituito dall’Unione Italiana Ciechi (U.I.C).

Nel 2013 pubblica, sempre con Alcyone Editore, un minibook umoristico illustrato dedicato alla vita di coppia dal titolo “Tu di che coppia sei?” che viene recensito anche dal settimanale “GIOIA”. Le bellissime vignette sono state realizzate dalla vignettista Isabella Ferrante. Attualmente Stefania Romito sta lavorando alla realizzazione di una biografia in qualità di ghost writer e contestualmente sta pubblicando un thriller a puntate dal titolo “Ophelia, le vite di una ghost writer” (Alcyone Editore) di cui sono già usciti i primi due episodi: “Esistenza negata” e “Inconfessabili segreti”. In ambito sociale è impegnata nella realizzazione di un progetto da lei ideato che mira a rendere disponibile nei teatri il servizio dell’audiodescrizione per i non vedenti.

PRESENTAZIONE

Caro Lettore,

Ophelia Moris è una ghost writer, giovane e bellissima, molto ambita dalle celebrità di tutto il mondo. Il suo brillante intuito e la sua innata curiosità la portano puntualmente a indossare i panni della confidente e della detective, trasformando ogni ingaggio in un’avventura dai risvolti sconcertanti. Vicende scabrose, segreti inconfessabili, delitti impuniti emergono prepotentemente dal passato e la pongono ogni volta di fronte al dilemma se sia il caso di far scoppiare lo scandalo oppure no. A combattere contro il suo senso del pudore sarà il suo editore, personaggio cinico e senza scrupoli, che pur di garantirsi un buon riscontro di pubblico è disposto a ignorare qualsiasi aspetto etico e morale.

Apparentemente sicura di sé, Ophelia nasconde nel suo intimo un profondo disagio causato da un trauma infantile rimosso che emergerà in maniera frammentata durante i vari episodi, dando vita a un’escalation di emozioni contrastanti che genereranno in lei ansia e turbamento e che troveranno, nella rivelazione finale, un inaspettato momento catartico. Appassionanti, coinvolgenti e intrisi di colpi di scena: questi gli ingredienti fondamentali degli otto episodi della prima serie di Ophelia, le vite di una ghost writer.

Buona lettura...

* * * 

INCONFESSABILI SEGRETI

Io per lavoro vivo la vita degli altri. Il perché di questa scelta? Potrei dire che il motivo è esclusivamente economico, ma la verità è un’altra: l’uomo, per sua natura, è portato a nascondere dei segreti e, forse per non affrontare i miei, mi ritrovo a vestire i panni della confidente, oppure quelli della detective… e la mia vita si trasforma in un’emozionante avventura, dove niente è mai ciò che sembra.

Il mio nome è Ophelìa e sono una ghost writer.

* * * 

I Capitolo

Da circa un’ora correva senza sosta nel famoso parco londinese. L’aria fresca e frizzante di fine settembre le penetrava con prepotenza nei polmoni donando al suo corpo una vigorosa sferzata di energia.

Alle orecchie gli auricolari dell’MP3. I lunghi capelli color mogano, raccolti in una coda di cavallo, ondeggiavano sinuosi lungo la schiena al ritmo di Shine on you crazy diamond.
Ophelia si guardò intorno.
C’era poca gente ad Hyde Park quel venerdì mattina.
Una coppia di anziani passeggiava lungo il sentiero che costeggiava il parco mentre in lontananza si intravedeva un ragazzo intento a fare jogging.

D’un tratto il suo cellulare prese a vibrare. Guardò il display: era un numero sconosciuto.
Rallentò il passo e rispose.
-Pronto- disse affannata.
-Ciao, Ophelia. Sono Andrew Farrell, il socio di Valerio che si occupa della divisione di Londra.  Ho avuto il tuo numero da Valerio. Posso parlarti o preferisci che ti chiami in un altro momento?-domandò quella voce gradevole.
Si fermò a riprendere fiato.
-No, no… ora va benissimo. Aspettavo la tua chiamata. Valerio mi ha detto che hai sotto mano qualcosa di interessante da propormi-
-Sì, è per questo che ti chiamo. Ma vorrei che ne parlassimo di persona. Quanto ti fermi qui a Londra?-
Quella voce era proprio rilassante.
-Conto di rimanere ancora una settimana e poi devo tornare a Milano. Il dovere mi chiama-
-Mi spiace disturbarti… so che ti stai concedendo un periodo di riposo, ma credo che sarai felice di unire l’utile al dilettevole –
-Dipende dall’utile- puntualizzò lei impaziente di saperne di più.
-Se sei d’accordo possiamo incontrarci oggi pomeriggio in centro, così te ne parlo. Ti può andar bene alle quattro in Piccadilly Circus, accanto alla statua di Eros?-
Lei rifletté un istante.
-Perfetto, come ti riconosco? Se non sbaglio, non ci siamo mai conosciuti-
-Ci siamo incontrati l’anno scorso a una convention a Milano. Nessuno ci ha presentati, ma io mi ricordo molto bene di te- il suo tono divenne improvvisamente dolce.
 

Lei passò in rassegna tutti i volti dei titolari della casa editrice che erano intervenuti a quella convention, ma per quanti sforzi facesse non riusciva proprio a ricordare quello di Andrew Farrell.
-Scusami, Ophelia, ti devo lasciare, ho una chiamata in attesa. Siamo d’accordo per oggi pomeriggio?-
-Sì, sì… a più tardi, allora- concluse lei pensierosa.

Riflettendo su quella telefonata, si incamminò in direzione del laghetto artificiale al centro del parco. Alberi altissimi si stagliavano di fronte a lei. Tra le fronde si intravedeva a tratti un cielo di un azzurro intenso.
Quando fu a pochi passi dalla riva si fermò ad osservare un’intera famigliola di cigni che, procedendo in fila indiana, si faceva trasportare dalla brezza del vento. Sorrise nell’ammirare quell’incantevole spettacolo della natura.
Le piaceva molto Hyde Park.
 

Tutto appariva curato fin nei minimi dettagli: l’erba del prato, le siepi potate di fresco, le panchine tirate a lucido, perfino gli animali, per lo più scoiattoli, cigni e papere, parevano aver frequentato un corso di bon ton. 
Dopo aver rivolto ancora una volta lo sguardo alla famigliola di cigni, ricominciò a correre dirigendosi verso l’uscita. Era quasi arrivata al cancello principale, quando le si bloccò il respiro.
Si fermò all’istante.
Alla sua destra, seduto su una panchina, un signore calvo con un ventre prominente stava leggendo un giornale.  Sulla guancia destra aveva una vistosa cicatrice della lunghezza di alcuni centimetri.

Con il cuore in gola iniziò a correre a tutta velocità verso l’uscita.
Attraversò di corsa le strisce pedonali e, senza mai fermarsi, imboccò Grosvenor Street. Soltanto quando arrivò di fronte a un’elegante palazzina bianca, con dei fiori rossi lungo la cancellata, si fermò a riprendere fiato.
Con le mani che le tremavano, estrasse le chiavi dalla tasca della tuta e le infilò nella toppa della serratura.
Aprì il portoncino ed entrò.
Appena fu in casa quella sensazione di terrore l’abbandonò.
Si diresse subito nella stanza da bagno. Si spogliò e si fiondò sotto la doccia. L’acqua calda iniziò a scivolarle sulla pelle e ad accarezzarle il corpo. Rimase immobile per qualche minuto a godersi quella straordinaria sensazione di benessere.  Stava per insaponarsi, quando sentì squillare il cellulare. Sempre nei momenti meno opportuni, pensò. Era tentata di non rispondere, ma all’ennesimo squillo cambiò idea.
Poteva essere importante.
 

Si mise l’accappatoio e per poco non scivolò per andare a rispondere.
-Pronto- disse quasi urlando.
-Tesoro, come stai?- la voce di sua madre sembrava preoccupata.
-Tutto bene, mamma. Ero sotto la doccia-
-Sorry, honey. Non volevo disturbarti. Ci sentiamo più tardi?-
-No, no, figurati. Come stai? Come vanno le cose a Villa Olimpia?-
-Benissimo. Tuo padre è appena rientrato da uno dei suoi viaggi di lavoro e rimarrà qui almeno una settimana prima di ripartire per il Brasile. Sono contenta, così potrà esserci per il mio vernissage, sto giusto preparando gli inviti da spedire. A proposito, ti ho detto che ho deciso di farlo proprio qui in villa?-
-Mi sembra un’ottima idea. La location è ideale. Sarebbe fantastico se riuscissi ad allestire il giardino per l’occasione, sempre se il tempo regge-
-È proprio quello che avevo in mente di fare. Vedessi che fiori meravigliosi ha piantato Ernesto, è riuscito perfino a trovare i lillà della California-
-Davvero? Insieme ai tulipani blu, sono tra i miei fiori preferiti. Comunque sono contenta che ti sia finalmente decisa a fare una mostra dei tuoi quadri. Sono anni che promuovi artisti di tutti i tipi nella tua galleria senza mai trovare il coraggio di esporre qualcosa di tuo-
-Hai ragione. In effetti preferisco pubblicizzare i lavori degli altri, piuttosto che i miei, probabilmente a causa di una forma di pudore. In ogni quadro emerge l’anima dell’artista, la sua essenza, e per me è molto imbarazzante mostrare la parte più intima di me, è un po’ come mettersi a nudo…-
-Non preoccuparti, mamma, non tutti sono in grado di cogliere l’essenza dell’artista- affermò Ophelia ridendo – Devi solo augurarti che la maggior parte degli invitati abbia almeno la sensibilità necessaria per acquistare i tuoi lavori-
-Già, mi farebbe molto piacere, così come sarei felice se tu riuscissi a venire al vernissage. Quando pensi di ritornare a Milano?-
-Qui si sta troppo bene, mamma. Ogni volta che ritorno nella casa dove hai vissuto insieme ai nonni, non vorrei più andare via. Pensavo di tornare tra una settimana, ma proprio stamattina ho ricevuto una telefonata di lavoro che potrebbe farmi prolungare la permanenza di qualche giorno. Comunque ti farò sapere-
-Io incrocio le dita. Non ti ho ancora chiesto come hai trovato la casa. Quando mi hai detto che ci saresti andata, ho subito chiamato Mary per fare in modo che fosse tutto in ordine. Le ho perfino detto di farti trovare qualcosa di buono in frigorifero-
-E infatti ho trovato una deliziosa cheesecake al cioccolato e del buonissimo roast beef che ho letteralmente divorato-
-Scommetto che sei andata subito a correre al parco per smaltire tutte quelle calorie: so quanto ci tieni alla linea-
 

Ophelia rimase in silenzio.
All’improvviso le tornò alla mente l’immagine di quell’uomo con la cicatrice sulla faccia.
-Tutto bene, tesoro?- chiese la donna con voce squillante.
-Sì mamma, ora però devo andare a vestirmi. Ho ancora l’accappatoio addosso e incomincio a sentire freddo. Appena so qualcosa ti avviso così potrai decidere se spedirmi l’invito oppure no-
-Ma tu non hai bisogno dell’invito per venire al mio vernissage- replicò la madre stupita.
-Mamma, stavo scherzando. Che fine ha fatto il tuo originario humor inglese?-

Dopo averle raccomandato di salutare il padre, si congedò da lei promettendole che l’avrebbe presto aggiornata sui suoi impegni di lavoro.
Sua madre riusciva sempre a infonderle serenità e buonumore. Il suo carattere allegro e gioviale aveva il potere di cancellare i pensieri negativi ed era proprio per questo motivo che amava conversare con lei soprattutto di sera, prima di coricarsi; fin da bambina la sua voce suadente e dolce le trasmetteva tranquillità e l’accompagnava nella prima fase del sonno.
Sovrappensiero si avvicinò alla finestra della camera da letto e guardò fuori.
Tra gli alberi che costeggiavano il parco si riusciva a intravedere una parte del laghetto e alcune statue in bronzo. Sulla destra, al centro della piazza, si scorgeva Marble Arch, uno dei monumenti storici più famosi di Londra.
Adorava quella città. Da piccola sua madre la portava spesso a trovare i nonni. Nonostante si fosse trasferita in Italia quando era ancora piuttosto giovane, era sempre rimasta molto unita alla sua famiglia di origine. Grazie al suo carattere forte e determinato, era riuscita in breve a risollevare le sorti di una nota galleria d’arte ormai in decadenza, diventando una delle donne più stimate del settore. Ma lei era anche una straordinaria artista, sebbene avesse sempre cercato di soffocare questa sua peculiarità… almeno fino a quel momento.
 

Ripensò alle sue parole e a quel forte imbarazzo che le aveva confidato di provare nel mostrare la parte più intima di sé… in ogni quadro emerge l’anima dell’artista, è un po’ come mettersi a nudo, aveva ribadito con convinzione.
Che cosa spinge allora l’artista a farlo? si chiese. Non teme di rimanere privo di difese nell’affrontare il giudizio altrui? Oppure, il piacere che si prova nel condividere la parte più intima di sé, supera di gran lunga qualunque timore di essere ferito nel proprio intimo?
Lei questo non lo sapeva, perché in fondo era esattamente come sua madre. Probabilmente la scelta di diventare una ghost writer era dettata dal desiderio di assecondare la sua grande passione per la scrittura senza essere costretta a rivelare la parte più intima di sé… non solo agli altri, ma soprattutto a se stessa.

Un forte odore di fish and chips, proveniente da un fast food lì vicino, entrò all’improvviso dalla finestra semiaperta. Guardò l’orologio.
Era quasi mezzogiorno e iniziava ad avvertire un certo languore. Si ricordò che in frigorifero doveva ancora esserci un pezzo di pizza del giorno prima. Lo prese e lo mise nel microonde. Mentre aspettava che si scaldasse si andò a vestire, aveva ancora addosso l’accappatoio umido. 
Indossò un paio di jeans e un golfino bianco. Più tardi avrebbe indossato qualcosa di più adatto per l’incontro con Andrew Farrell.
Chissà che tipo era? si chiese mentre ritornava in cucina. A giudicare dalla voce doveva essere molto affascinante. Ma che vai a pensare, è più probabile che sia un tipo odioso come Valerio, non esistono editori affascinanti, pensò sorridendo mentre tirava fuori la pizza dal microonde.

Erano le tre e mezza quando passò davanti ad Hamleys, uno dei più bei negozi di giocattoli del mondo. Era sempre un piacere per lei ammirare quelle vetrine colorate e stracolme di ogni genere di giocattoli.
Al centro della vetrina c’era l’orsacchiotto di peluche più grande che avesse mai visto. Sembrava un orso a grandezza naturale! Molti bambini lo indicavano ai loro genitori i quali si allontanavano subito dopo averne visto il prezzo.
Riprese a camminare lungo Regent Street. Era in netto anticipo. Procedendo con quel passo sarebbe arrivata in Piccadilly Circus nel giro di dieci minuti.
Decise di rallentare.
Conosceva a memoria tutti i negozi di una delle vie dello shopping più famose di Londra.
Regent Street era, come al solito, molto affollata. I Red Bus, i celebri autobus londinesi, stracolmi di persone,  continuavano a passare imperterriti in entrambi i sensi di marcia.
 

Già vedeva in lontananza la statua di bronzo di Piccadilly Circus, quando si ricordò che doveva chiamare il suo editore. Prese il cellulare dalla borsa e selezionò il suo nome dalla lista dei contatti.
-Valerio, sono Ophelia. Ti disturbo?- chiese quasi urlando per farsi sentire.
-Ho appena terminato una riunione. Ti ha chiamato Andrew Farrell?-
-È proprio per questo che ti chiamo. Sto andando ad incontrarlo in Piccadilly Circus. Non mi ha voluto anticipare niente per telefono, tu sai di chi sarebbe la biografia che dovrei scrivere?-
-Non ha voluto accennare niente neppure a me, però penso che si tratti di un personaggio molto famoso. Chiamami  appena sai qualcosa-
Ophelia si bloccò davanti alla vetrina di una libreria. Il suo sguardo si posò su un libro. Al centro della copertina spiccava il titolo: L’uomo più veloce del vento.
-Pronto, mi hai sentito?-
-Sì, sono davanti ad una libreria…-
-E allora?-
-Stavo guardando la biografia di Justin Welsh. Non mi aspettavo di trovarla anche qui-
-Scherzi? In Inghilterra si sta vendendo moltissimo, come nel resto del mondo. Devo proprio ammetterlo: questa volta hai superato te stessa. Sei riuscita brillantemente a dimostrare che con la tenacia e la forza di carattere anche un ragazzo apparentemente timido e introverso, che ha subito molte tragedie in famiglia, può diventare un grande campione. È proprio su questo che abbiamo deciso di puntare per la promozione della biografia, e devo dire che è stata una strategia vincente-
-A volte la gente ha bisogno di sentirsi raccontare storie come queste, anche se la verità può essere molto diversa- disse con un filo di voce riprendendo a camminare.
Lui rimase un istante in silenzio.
-Ho sempre sospettato che non mi avessi detto tutto riguardo a Welsh. Spero tanto che non sia così, perché sono certo che avremmo guadagnato ancora di più non solo con la biografia, ma anche con le nostre riviste di gossip-
-Che tu ci creda o no, Valerio, nella vita ci sono cose che valgono molto di più dei soldi- affermò lei pungente.
-Sono molto rammaricato nel riscontrare che su questo aspetto la pensiamo in maniera diametralmente opposta- replicò lui prima di interrompere bruscamente la comunicazione.

Valerio non si smentisce mai, si disse mentre riponeva il cellulare nella borsa. Almeno questa volta aveva fatto in tempo a dirgli come la pensava, anche se sapeva che non sarebbe servito a niente. Lui avrebbe continuato a restare ancorato all’immagine che aveva costruito di sé in tutti quegli anni di onorata carriera: quella dell’editore cinico e senza scrupoli.

Era arrivata a Piccadilly Circus.
Alzò la testa.
Davanti ai suoi occhi si ergeva la celebre statua in bronzo raffigurante un angelo con le ali spiegate, uno dei simboli più amati di Londra.
Si guardò intorno.
Quel frenetico crocevia pullulava di gente di ogni nazionalità: asiatici, arabi, africani, sudamericani. Questo era un aspetto che aveva sempre adorato di Londra, il fatto di essere una città cosmopolita e, ogni volta che ci tornava, le sembrava di essere al centro del mondo.
 

Intorno a lei vi erano negozi, ristoranti, cinema e moltissimi altri luoghi di divertimento. Le moderne insegne pubblicitarie al neon contrastavano con gli edifici ottocenteschi creando una magica e suggestiva fusione tra modernità e tradizione.
-Sei perfino più bella di come ti ricordavo- quella voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
Si girò di scatto e si trovò di fronte un ragazzo sulla trentina che la fissava intensamente. Fu subito colpita dai lineamenti perfetti del suo viso e dalla dolcezza del suo sguardo.
-Sono Andrew Farrell- disse porgendole la mano e sfoderando un incantevole sorriso, il più bello che lei avesse mai visto.
-Piacere di conoscerti- disse stringendogli la mano.
-È molto che aspetti? Purtroppo non sono riuscito ad arrivare prima-
-No, sono appena arrivata… con qualche minuto di anticipo- ribadì guardando di sfuggita l’orologio.
-Meglio così. Ti va di andare a bere qualcosa di fresco? Conosco un posticino molto carino qui vicino-
-Volentieri- fece lei cercando di nascondere un certo disagio.
-Questo clima è straordinario per Londra, di questi tempi di solito si indossano i cappotti- dichiarò lui mentre passavano davanti a Lillywhites, uno dei negozi più vecchi e famosi della città.
-In effetti, sono stata molto fortunata. Sono anche riuscita ad andare a correre al parco diverse volte negli ultimi giorni-
-Comunque è meglio non illudersi. Già da domani è prevista una perturbazione e un calo notevole delle temperature-
 

Mentre parlava, lei lo osservava attentamente. Il suo aspetto era curato e aveva gusto nel vestire. La giacca chiara e i jeans scuri che indossava erano di una marca molto ricercata.
-Ma davvero non ti ricordi di me?- chiese lui cogliendola di sorpresa.
Lei arrossì lievemente. In effetti non riusciva a spiegarsi nemmeno lei come avesse fatto a non notarlo alla convention.
-Purtroppo no- affermò imbarazzata.
-Ecco, il pub è subito dietro l’angolo- dichiarò svoltando a destra e imboccando il largo viale parallelo a Regent Street.
Dopo qualche minuto si fermarono davanti a un locale con grandi finestre all’inglese e una grossa insegna dorata su sfondo nero.
-È il classico irish pub. Spero che ti piaccia-
-Adoro i pub irlandesi- ribadì lei eccitata.
Il ragazzo spinse la porta e le fece cenno di entrare. Non era solo attraente, ma anche estremamente gentile.

Il locale era piuttosto affollato. Dietro il lungo bancone in legno, posizionato sulla destra, erano state sistemate in perfetto ordine parecchie bottiglie di birra delle diverse marche, tutte tassativamente di origine irlandese.
Andrew indicò a Ophelia una panca ad angolo che si era appena liberata. Si precipitarono a prendere posto.
-Cosa gradisci da bere?- le chiese subito dopo.
-Tu cosa prendi?- si affrettò a chiedere lei.
-Qui non si può non prendere una birra- affermò lui sorridendo.
-Vada per la birra- fece lei allegra.
Dopo due minuti Andrew tornò con due grossi bicchieri stracolmi. Li appoggiò sul tavolo e si sedette di fronte a lei.
-Sento di dovermi scusare con te ancora una volta per averti distolta dalla tua vacanza, ma come ti ho detto al telefono sono certo che non ti lascerai scappare questa occasione-
-Non sono esattamente in vacanza. Mi sto godendo un breve periodo di riposo. Quando ho voglia di staccare dal lavoro vengo spesso a Londra, sono molto legata a questa città. Mia mamma è nata qui e, quando mia nonna è morta, ha ereditato la casa di famiglia. È in una posizione invidiabile, proprio di fronte ad Hyde Park-
-Accidenti, che fortuna! È una delle zone più eleganti di Londra, capisco perché ci torni così spesso – disse iniziando a bere.
 

Lei sorrise e prese a sorseggiare la birra facendo attenzione a non sporcarsi le labbra con la schiuma.
-Allora tua mamma è inglese. Deduco che tuo papà sia italiano, visto che vivi a Milano-
-Proprio così. E tu, invece?- chiese lei desiderosa di conoscerlo meglio.
-Io esattamente il contrario. Mamma italiana e papà inglese, scozzese per l’esattezza-
-Che strana coincidenza- osservò lei bevendo un altro sorso di birra.
Lui la guardò e poi scoppiò a ridere.
-Che c’è?- domandò lei perplessa.
-Hai la punta del naso bianca- disse continuando a ridere.
Lei avvampò.
 

Tirò fuori dalla borsetta un piccolo specchietto e si guardò. Aveva il naso imbrattato di schiuma.
-Non preoccuparti, sei bellissima lo stesso- affermò lui sfoderando un altro incantevole sorriso.
Lei abbassò lo sguardo. Si pulì il naso con il fazzoletto e rimase in silenzio per qualche istante.
Nel frattempo il locale si era svuotato. Ora si riusciva perfino a sentire il brano rock trasmesso in filodiffusione.
Ophelia tornò a guardarlo e riprese a parlare.
-Dai, non tenermi più sulle spine. Dimmi di che si tratta. Quale sarebbe questa importante opportunità che non dovrei lasciarmi sfuggire?- domandò ansiosa di conoscere il motivo di quell’incontro.
-Claudette Gilbert. Ti dice niente questo nome?- disse lui guardandola fisso negli occhi.
 

Per poco non le andò la birra di traverso.
-La famosa étoile dell’Opera! Mia mamma è sempre stata una sua grande fan e grazie a lei ho imparato anch’io ad amarla. Da bambina era la mia musa ispiratrice, si può dire che  ho iniziato a fare danza proprio perché volevo assomigliarle. La sua esibizione nel Romeo e Giulietta è considerata ancora oggi una delle più emozionanti nella storia del balletto classico-
-Non avevo dubbi sul fatto che la conoscessi- osservò lui compiaciuto – L’ho incontrata per caso a un party di beneficienza. Appena ha saputo che ero socio di un’importante casa editrice mi ha chiesto subito se sarei stato interessato a pubblicare la sua biografia-
-Non faccio fatica a immaginare quale sia stata la tua risposta. Però, da quello che dici, mi pare di capire che la biografia è già pronta- notò con rammarico.
-In realtà no. Da quello che mi ha detto, ha soltanto iniziato a riordinare gli appunti tratti dai suoi diari. Pare che nel corso della sua vita ne abbia scritti diversi-
-Meglio così, più materiale sul quale lavorare. Come mai hai pensato a me per questo lavoro?- domandò interessata.
-È stata Claudette a chiedermi se potevo procurarle un bravo ghost writer e quando le ho fatto il tuo nome lei ha affermato che non avrebbe potuto sperare in meglio. A quanto pare ciò che ammira maggiormente in te è la straordinaria passione che metti nel tuo lavoro. Del resto non è l’unica ad amare questa tua caratteristica, sai chi è il tuo primo fan?-
 

Ophelia lo guardò in modo interrogativo.
-Valerio, non fa altro che dirmi che sei un fenomeno-
-Addirittura- esclamò spalancando gli occhi – Quell’uomo è un vero e proprio enigma. Alcune volte ho perfino l’impressione che mi sostituirebbe volentieri con qualcun altro, mentre altre mi stupisco nel rendermi conto che invece mi stima molto-
-Sì, in effetti ha un carattere un po’ particolare. Spesso anche noi entriamo in conflitto su diverse questioni, però, tutto sommato, lo ritengo una persona valida nel suo lavoro. Posso farti una domanda?-
-Se non è troppo indiscreta?- rispose lei con una certa diffidenza.
-Come mai hai scelto di fare proprio la ghost writer? Non ti piace scrivere romanzi di fantasia?-
Lei arrossì lievemente e poi rispose –Per scrivere romanzi bisogna avere una spiccata fantasia e io, purtroppo, ne sono totalmente sprovvista-
-In effetti è vero che ci vuole molta fantasia, ma è altrettanto vero che i romanzieri spesso trovano ispirazione dalla realtà, dal loro passato, attingendo inconsapevolmente molto anche dal loro inconscio- dichiarò lui con tono eccitato.
-È proprio questo che evidentemente non riesco a fare…- sostenne pensierosa e subito dopo si affrettò ad aggiungere -Basta parlare di me. Raccontami, piuttosto, di Claudette. È ancora bellissima?- chiese elettrizzata.
-È una splendida settantacinquenne, dotata di grande fascino e di grande cultura: conosce cinque lingue alla perfezione tra cui l’italiano. Non so molto di lei, anche perché non ha mai lasciato trapelare nulla riguardo la sua vita privata. So solo che sua madre era francese e suo padre inglese-

-Avevo un poster nella mia cameretta che la ritraeva in tutù mentre eseguiva un passo di danza – disse lei con aria sognante - Sembrava una farfalla pronta a spiccare il volo. Ogni sera, prima di addormentarmi, la guardavo e immaginavo di essere al suo posto, in quell’atmosfera magica, circondata dal buio e illuminata soltanto da un fascio di luce-
-Se ti piaceva così tanto ballare, perché non hai continuato?- chiese lui affascinato dal suo racconto.
-Alla vigilia del saggio di fine anno, organizzato dalla scuola di ballo che frequentavo, mi slogai una caviglia e così non potei partecipare. Ci rimasi talmente tanto male che decisi di lasciar perdere. Fu proprio in quel periodo che sopraggiunse l’altra mia grande passione-
-Quella per la scrittura, immagino-
-Già-
-E così hai appeso le scarpette al chiodo-
-Evidentemente non era destino- affermò malinconica.

-Bene- disse lui guardando l’orologio – Che ne dici di andare ad incontrare questo mito della danza?-
-Stai scherzando?- esclamò sbalordita.
-Niente affatto. Sono già d’accordo che saremmo passati a trovarla, sempre se ti fa piacere-
-E me lo chiedi?-
-Sapevo che avresti accettato. Abita proprio vicino a Green Park, a circa dieci minuti da qui. Vado a pagare le birre e nel frattempo la chiamo per dirle che stiamo arrivando- dichiarò prima di alzarsi e dirigersi verso la cassa.
 

Lei lo seguì con lo sguardo.
Quello era uno di quei momenti in cui sentiva di amare ancora di più il suo lavoro.
Non stava più nella pelle. Tra poco avrebbe conosciuto una delle ballerine più rappresentative del balletto classico di tutti i tempi, una vera e propria icona di bellezza e di eleganza. Già immaginava la faccia di sua madre quando gliel’avrebbe detto.
-Tutto ok. L’ho appena chiamata, ci sta aspettando a casa sua- affermò soddisfatto avvicinandosi al tavolo - Questo naturalmente è solo un incontro conoscitivo così potrai farti un’idea sul lavoro da fare, sempre se deciderai di accettare l’incarico-
-Come potrei rifiutare? Non dirlo a Valerio, ma io questo lavoro lo farei anche gratis. Andiamo, non vedo l’ora di conoscerla- ribadì alzandosi dalla sedia.

Fuori si era sollevato un forte vento. Il cielo azzurro della mattina aveva lasciato il posto a grossi nuvoloni neri che minacciavano pioggia.
-Il tempo sta già cambiando- osservò lei rattristata.
-Dovresti essere abituata al rinomato clima di Londra. Anche se c’è il sole non c’è da fidarsi, potrebbe piovere da un momento all’altro- affermò lui con tono canzonatorio.
-Questo è uno dei motivi per i quali non verrei mai a vivere qui-
-Peccato- dichiarò lui guardandola intensamente. 
-Se non sbaglio Green Park dovrebbe essere in fondo a questa strada, vero? – chiese Ophelia cambiando repentinamente discorso.
Lui annuì e senza dire una parola si incamminò insieme a lei in quella direzione.

Sul viale proseguiva il via vai di taxi e bus, mentre sui marciapiedi il flusso dei passanti diventava sempre più intenso.
-Hai impegni per stasera?- domandò lui a bruciapelo.
-No… - rispose presa alla sprovvista.
-Bene, allora che ne dici di andare a cena insieme? Così ti mostro la bozza di contratto che Claudette ha fatto preparare dal suo commercialista. Stupidamente l’ho dimenticata in ufficio-
Per un istante lei sperò che quella dimenticanza fosse stata attuata di proposito.
-Per me va bene, dove pensi di portarmi?- chiese spostandosi i capelli dagli occhi. Quel vento iniziava a infastidirla.
-Conosco un ristorante dove cucinano un roast beef eccellente e dal quale si gode una vista mozzafiato, sempre che ti piaccia la carne-
-Non sono vegetariana, stai tranquillo, anche se gli animali li preferisco vivi-
Lui sorrise e poi disse – Ti capisco, anch’io li adoro e in particolare i cani. Sono d’accordo con chi dice che chi non ha conosciuto l’amore di un cane, non ha mai conosciuto l’amore-
Ophelia annuì.
-Ho sempre desiderato avere un cane, ma con il mio lavoro è praticamente impossibile. Sono spesso in viaggio e sarebbe difficile riuscire a gestire un cucciolo bisognoso di cure-

-Non avresti nessuno che te lo potrebbe tenere, come ad esempio un’amica, la mamma, il fidanzato?-
Lei avvampò e rimase in silenzio.
-Ho forse detto qualcosa di sbagliato?- domandò incuriosito dalla sua reazione.
-No, figurati. È che mia mamma è sempre molto presa e riguardo al fidanzato, non potrei lasciarlo a lui… -
-E perché? Non ama i cani?-
Lei non rispose.
Il suo sguardo era perso nel vuoto.

* * * 

INCONFESSABILI SEGRETI - Ophelia le vite di una ghost writer - Editrice Alcyone

Il nuovo serial e-book in otto imperdibili episodi in uscita in anteprima ogni 20 del mese sulle principali piattaforme di vendita di libri on line (Amazon, Ibs, Lafeltrinelli, Bookrepublic, ecc.).

Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

 

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