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" ADDIO AL CONIUGATO " di Gabriele Romagnoli

Anche se qualcuno ti dice che sei una quercia, non è detto che tu non possa fare limoni.

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BIOGRAFIA AUTORE

Gabriele Romagnoli, nasce a Vinci il 2 ottobre 1972. Vive a Castelnuovo D'Elsa, una frazione di Castelfiorentino, in provincia di Firenze. Lavora come tecnico esterno, presso l'Industria Chimica Adriatica. "Addio al coniugato" è il suo primo romanzo. Lo ha scritto perché "anche se qualcuno ti dice che sei una quercia, non è detto che tu non possa fare limoni".

PRESENTAZIONE

Caro Lettore,

esiste la vita perfetta?

Sei single e desidereresti un compagno.

Hai un compagno e invidi la vita da single.

Forse sono proprio le incertezze che ci stimolano a cercare il vero senso della vita.

* * * 

Buona lettura...

ADDIO AL CONIUGATO

L’inconfondibile Buzz della sveglia digitale Oregon , con proiezione dell’orario a soffitto,  scandisce inesorabile l’inizio di una nuova giornata. Il gomito a carne, fuori dal risvolto delle lenzuola  per la manica del pigiama che durante la notte è salita su, si riempie di brividi a conferma che la vecchia caldaia già riparata 3 volte quest’anno,  anche stamattina è in blocco e che Linda dovrà mettere a scaldare l’ennesima pentola d’ acqua calda per lavarsi il viso. Gli occhi color nocciola che si aprono lentamente, ancora appesantiti da un sonno arretrato che non metterà mai  in pari, sono parzialmente coperti da un ciuffo di capelli  ribelli che sembrano aver fatto la guerra con il cuscino . Anche quel timido fascio di luce che penetra dalla persiana semichiusa, è sufficiente ha darle fastidio agli occhi a causa di una miopia  congenita. L’enorme proiezione rossa con un 7:00 che riuscirebbe a vedere anche un ceco, che ormai lampeggia più veloce del battito cardiaco, le fa cacciare un urlo smorzato fra i denti .
<> Sobbalza seduta sul letto con i piedi che tastando il parquet in olivo di terza scelta, vagano cercando invano le pantofole regalatele per un Natale di qualche anno fa da sua madre. La mano scorre veloce sulle lenzuola di raso grigio con le federe rosse, scaldandole per un attimo il palmo per l’attrito. Arriva fino al cuscino, dall’altra parte del  letto matrimoniale , arrovesciandolo con una tale facilità da non lasciarle ombra di dubbio:
<> Si domanda Linda perplessa:
< Ma  forze me lo merito, me lo merito e basta.., semplicemente per aver detto troppe volte “Sono stanca morta, stasera !!” ma era solo la pura verità.>>

 

Il Buzz della sveglia  parte per l’ennesima volta e quel laser luminoso che per un attimo le trafigge gli occhi, facendole arretrare la testa di scatto, resetta all’istante la mente offuscata da quei pensieri  disgustosi, riportandola a focalizzarsi sul problema più imminente da risolvere:
<< “CAZZ…” è veramente tardi.>> La mano che un istante prima cercava invano qualcosa di confortante per lo spirito, si catapulta sul comodino di cristallo dalla sua parte del letto, producendo per lo sfregamento sul piano, della fede in oro giallo, uno stridulio. È infilata saldamente a quell’anulare sinistro da oramai 20 anni e le  fà ricordare per un attimo, in un susseguirsi di flash back, come comunque,  quell’uomo che non si trova nel suo letto, sia ancora suo marito. Poi la mano si alza di nuovo e nella penombra piomba sicura come un macigno sulla Oregon come a sfogarsi di un ceffone mai dato:
<< Beh! chetati ho capito, mi alzo!>> Pensa ad alta voce. La mano si alza di nuovo ma questa volta con la delicatezza di una carezza. Si muove a piccolissimi saltelli come un ragno in una danza d’amore. Cerca gli occhiali, quelli con lenti ovali, finissime, con una montatura tartarugata.
Le piacciono da morire quegli occhiali. Non nascondono a fatto quegli occhi grandi, color nocciola, sovrastati da quelle sopracciglia così  perfette da sembrare disegnate.

Quegli occhiali le danno luce al viso e ne valorizzano la sua forma allungata, poggiano perfettamente sul naso sottile e leggermente all’insù, o alla francese, come le diceva sua mamma quando era piccola. La bocca è grande e carnosa e diventa sottile solo quando sorride. I capelli leggermente mossi, lunghi a coprire le spalle, quasi sempre girati dietro le orecchie  per non farli cadere sul viso, o soltanto perché quel gesto della mano per posizionarli le sembra molto femminile. Sono  castano chiaro, con qualche leggerissimo colpo di sole e con qualche centimetro di ricrescita alla base di un marrone più scuro che non lasciava dubbi sul poco tempo che le rimane da dedicare alla cura del suo aspetto fisico. La pelle,  di un rosa setato che farebbe invidia ad un’adolescente per quanto priva d’ imperfezioni, completa il ritratto del viso di una donna bellissima a cui non crede più neppure lei di appartenere:
<>, pronuncia sussurrando, piena di soddisfazione appoggiando il polpastrello del dito sull’asticella socchiusa degli occhiali. Il misero piano di 35x 35 del comodino in cristallo è però troppo corto e con un gesto brusco del polso cerca di non farli cadere a terra. L'unghia del pollice stride sul muro come il gessetto su di una lavagna, procurandole una scheggiatura e facendole cacciare un urlo che riecheggia nella stanza come in una gola di montagna:
<> Perché tanta rabbia per così poco? In fondo gli occhiali sono salvi e un’ unghia scheggiata si può sempre aggiustare o tagliarla. Non è così semplice. Infatti ci sono soltanto una passione ed una mania nella vita extra lavorativa di Linda. Bene , la mania è proprio la cura morbosa delle sue mani.

Le dita sono lunghe e sottili completamente assenti da bracciali ed anelli, fatta eccezione per quella fede all’anulare sinistro. Sembrano nate per suonare il pianoforte più che per prescrivere farmaci su ricette bianche. Le unghie di media lunghezza, sono tagliate pari in cima, con french bianche e un fiorellino stilizzato nero  su entrambe i pollici, disegnato meticolosamente e fissato con un lucido acrilico. Il lavoro non lascia dubbi neppure al più profano in materia della perfezione e meticolosità che ha avuto nel realizzare tale opera. A Linda piacciono le sue mani, le danno coraggio, personalità, sono l’espressione del suo umore, il suo sfogo nei momenti di rabbia, sono il suo yoga per la mente, il suo mantra per lo spirito, ed è per questo che dedica la maggior parte del suo poco tempo libero a loro, come fossero un cucciolo da accudire:
<> Il susseguirsi di quella parola le rimbomba nel cervello  come un disco incantato. Gli occhiali, poggiati sul naso ora le permettono di vedere e il fascio di luce che entra dalla porta, le illumina la mano incidentata:
<> Un sospiro quasi liberatorio le fa sgonfiare il torace di colpo a conclamare il fatto che il danno subito è sicuramente minore di quello che si aspettava . Il fatto è che comunque l’incidente le porterà via sicuramente del tempo:
<< Dove lo trovo io il tempo stamani….!!>> La vestaglia che si sta infilando senza quasi pensarci, forse per la reazione spontanea alla sensazione di freddo le fa ricordare della caldaia in blocco. Incurante di avere una sola ciabatta ai piedi si precipita sul ballatoio del reparto notte e poi giù per la scalinata in massello di rovere sbiancato.

Scendendo il suo sguardo viene catturato dalla televisione a led 50 pollici della Samsung ancora rigorosamente accesa con su impressa a caratteri cubitali la scritta “SEGNALE CRIPTATO”. Lo sguardo prosegue furtivo lungo tutta la spalliera del divano in alcantara, blu elettrico, come a cercare un minimo segnale di vita. La conferma proprio in fondo, su l’ultimo bracciolo a sinistra. Due fette di piede misura 44 accavallati l’uno su l’altro:
<> Quella scena così umiliante e allo stesso tempo divertente, racconta  che quella notte qualcuno ha goduto per pochi minuti e sofferto, molto probabilmente per tutto il resto. A Linda si assottigliano le labbra in una risata che riesce a contenere soltanto portandosi la mano a coprire la bocca. Non finisce neppure di scendere completamente la scalinata, forse per la fretta o forse per il disgusto di quello che potrebbe scorgere dietro quella spalliera, o forse semplicemente perché le scappa da morire la pipì, e vuole tornare su il prima possibile:
<> Urla. Quel nome pronunciato con tanta forza e rabbia  da farle uscire qualche spruzzo di saliva, tuona nella stanza silenziosa , illuminata ad intermittenza dall'alberino di Natale ancora acceso:
<< Alza il culo da quel divano è tardissimo, io vado a svegliare Sara, tu metti una fottutissima pentola d’acqua a scaldare e prepara la colazione…>> Qualche attimo di silenzio e come un lamento venuto dall’oltre tomba, si leva la voce di Rudy, rauca e impastata  a conferma della nottata non del tutto confortevole:
<> L’inequivocabile timbro ironico della risposta avrebbe fatto dimenticare un fiume in procinto di straripare, figuriamoci una semplice per quanto urgente voglia di pipì. Linda sta quasi per salire l’ultimo scalino, quando bloccandosi si accorge che la sua mano sinistra sta stringendo talmente forte il pomello tondo in legno del caposcala da poterlo polverizzare all’istante. La voglia di tornare indietro per quelle scale e rizzare un polverone è più irresistibile della pipì che le preme la vescica, ma è tardi è sempre maledettamente troppo tardi per affrontare i suoi problemi.

 

Avrebbe bisogno di tempo ,di più tempo, per sfogarsi e parlare e per essere ascoltata… soprattutto per essere ascoltata. Decide per tanto di rimandare l’esplosione della sua rabbia e di ingoiare il rospo come ormai benissimo si è abituata a fare e di salire anche quell’ultimo scalino .Lo sguardo  per un istante si volge verso quella porta ancora rigorosamente chiusa con appeso alla maniglia un deterrente cartello triangolare di color giallo, bordato di nero, con un teschio al centro e la dicitura sottostante, in grassetto maiuscolo “NOT ENTER DANGER OF DEATH”.
Quella è la stanza di Sara, 18 anni appena compiuti ma ne dimostra almeno 3 o 4 in più per come alta e longilinea. Somiglia a Linda in tutto e per tutto, nel fisico, decisamente femminile  e provocante, nel temperamento forte e sicuro di se come un guerriero, ma allo stesso tempo sensibile e dolce. Frequenta la quarta liceo dell’istituto tecnico per il turismo e il suo progetto per il futuro è quello di laurearsi in lingue e poi frequentare uno stage per hostess. Le piace viaggiare è un’anima libera e incontenibile, appena le sarà possibile farà il suo tanto desiderato viaggio all’estero per il quale sta già facendo tanti sacrifici e rinunce, mettendo da parte ogni tipo di spicciolo o paghetta. Non ha voluto niente di niente neppure per il suo diciottesimo compleanno. Ha soltanto chiesto a tutti di mettere qualcosa nel suo gufo di terracotta, a salvadanaio da lei stessa  ribattezzato: “FOR MY DREAM”.

 

Linda con un gesto della mano si ricompone i capelli dietro l’orecchio, come a prendere una frazione di secondo in più per distendere i lineamenti crucciati del volto prima di entrare nella stanza, poi con un delicatissimo incocciare delle nocche della mano sulla porta e la flessione della maniglia con l’altra, come per accorciare i tempi, entra nella stanza buia che la porta aprendosi inizia ad illuminare dall’armadio:
<> Con un filo di voce  pronunciando il nome più volte a richiamare decisamente l’attenzione ma senza traumatizzare il risveglio. Linda si fa avanti nella stanza e sedendosi in senna al letto con la delicatezza di una piuma le carezza dolcemente i lunghi capelli castani poggiati sul cuscino:
<< Svegliati…tesoro mio è tardi…c’è scuola?>> Il gomitolo di gambe si distende per tutta la lunghezza del letto e contemporaneamente entrambe le braccia si estendono fuori dalle lenzuola di Hallo Kitty. Un mugolio prolungato poi un…
<>, sanciscono che l’obbiettivo è raggiunto: <> Non riesce neppure a finire la frase:
<< Che cosa?...che ore.>> Riecheggiano  le due domande nella stanza ancora semioscura. Sara balsa come un gatto fuori dal letto e incurante del rispetto e dell’amore che sua madre ha messo nello svegliarla, spalanca immediatamente la persiana dando forma e luce al resto della camera. La stanza si presenta come un enorme  esplosione  di pelouche e poster di paesi lontani, fatta eccezione per la scrivania in fondo alla parete, completamente in ordine e con in mezzo lo zainetto preparato meticolosamente la sera prima:
<> Quei modi verbali così sgarbati da puro maschiaccio e quel contrasto così femminile del  passarsi le dita della mano dietro l’orecchio nell’intento di aggiustare i capelli in un gesto di stizza , le ricordano come in un ritratto la Linda  ribelle e intraprendente degli anni del liceo:
<> Le labbra di Linda pronunciano d’istinto con tono inquisitorio quelle parole, poi:
<< Diamoci una calmata!!!…non sono la tua serva, ne tantomeno la tua sveglia personale. È ora che inizi a prenderti le tue responsabilità e non fare la grande solo quando si tratta di uscire la sera con le amiche ma anche quando hai dei compiti o dei doveri un  po’ più importanti delle tue fantasie e bramosie d’indipendenza. Devi crescere!!!....ma veramente!!!..>> Sara si gira di scatto e con occhi accigliati e  labbra tremanti, non lascia alcun dubbio su quello che avrebbe voluto far uscire a note sonanti dalla sua bocca.

Fortunatamente ha imparato a mettere in atto quel consiglio datole da suo padre, quando era ancora piccola e cioè che è meglio contare fino a dieci prima di rispondere e che la vendetta è più gustosa se consumata fredda. Incrociando il suo sguardo, Linda legge come in libro aperto quello che avrebbe voluto urlarle sua figlia e capisce che quella predica mattutina avrà sicuramente un seguito. La sfida infuocata degli occhi fra madre e figlia dura pochissimi ma interminabili istanti, fino a quando Linda abbassando lo sguardo le volta la schiena, non come segno di sottomissione o sconfitta ma solo a rimandare al round successivo il colpo del ko.
Con quattro passi si ritrova già oltre la porta del bagno, senza la vestaglia e la maglia del pigiama che si è tolta senza neppure rendersene conto e senza neppure soffrire i pochi gradi che ci sono in casa, grazie al calore del sangue salito al cervello. Il rumore sordo del coperchio del wc che sbatte nella parete ed i brividi che per un attimo gli scorrono fino in fondo ai piedi per le cosce nude poggiate sulla gelida ciambella, le ricordano dell’imminente bisogno che ha di accontentare la sua vescica. Seduta approfitta per finire di togliersi anche i pantaloni del pigiama per guadagnare tempo, gettandoli sul bidè di fronte a lei, per poi completare con successo l’unica soddisfazione da quando si è alzata da letto.

Adesso è in piedi, davanti al lavandino ,completamente nuda, senza reggiseno ne mutandine, perché lei non porta nulla sotto il pigiama. L’intimo durante la notte le ha sempre dato fastidio fin da piccola. Lo specchio che la riflette dalla testa fino poco sopra il ginocchio, mostra un corpo perfetto, armonioso e proporzionato,  tanto che lei stessa non può fare a meno di soffermarsi a guardare. Il collo è lungo e sottile, poggiato su spalle ampie, quasi da nuotatrice professionista,  i seni  con i capezzoli turgidi  per il freddo sono poco più di una terza ma vicini l’uno all’altro tanto da formare una leggera “V” nel mezzo. E’ orgogliosa di loro, soprattutto ora che non è più giovanissima. E’ soprattutto orgogliosa di non aver mai dato retta a quelle amiche che da quando era ragazzina la prendevano in giro consigliandole di rifarli e che ora suo malgrado si trovavano a dover combattere con la forza di gravita. Il pensiero di quell’immagine le fa assottigliare le labbra in un sorriso.
Il ventre è piatto e tirato, i fianchi formano una curva armoniosa che dall’esile girovita si allarga, per poi raddrizzarsi ed esplodere su tutta la lunghezza delle cosce, dritte come dei fusi. Con un 180 ° del corpo mantenendo lo sguardo ben fisso sullo specchio si volta e la meraviglia delle meraviglie sta proprio dietro. Il sedere è mozzafiato e nonostante la quarantina sta su perfettamente. E’ tondo e sodo, ne troppo piccolo ne troppo grande e poco sopra, due piccole fossette.

Il fischio di approvazione improvviso e quel commento da Night club:
<< Che schianto!!>> Demoliscono, come un Caterpillar, tutti i pensieri più femminili di Linda, nonostante provengano dalla bocca di suo marito, che poggiato allo stipite della porta, con una pentola d’acqua calda in mano, la sta scrutando come fosse la protagonista di uno dei suoi filmini porno . In un attimo l'imbarazzo e le guance che diventano rosse, non tanto per la vergogna di essere completamente nuda, quanto per essere stata sorpresa nel contemplarsi, poi un secco:
<< Sparisci!!!>> Rudy  aggrotta le sopracciglia poi compie un gesto di superiorità sbuffando, come a voler dire ...“C’è di meglio bambola!”  Infine sparisce tirandosi dietro la porta e lasciando la pentola a terra. Il vapore dell’acqua bollente nel lavandino fa svanire progressivamente l’immagine di quel meraviglioso corpo dallo specchio, facendo  tornare Linda con i piedi per terra:
<> Le lunghe dita, appena tuffate nell’acqua a sondarne la temperatura si ritraggono velocemente e un po’ d’acqua gelida inizia a sgorgare dal rubinetto. Velocemente si lava il viso e sotto le ascelle, perfettamente depilate, ridando un po’  di tepore al corpo. Con un gesto istintivo della mano, senza girare lo sguardo, lavorando a memoria afferra l’asciugamano in cotone beige e si asciuga. Apre altrettanto velocemente il secondo cassetto del mobiletto in ebano di fronte a lei, tirandone fuori un completino intimo di D&G, nero, semplicissimo con il reggiseno a fascia e la mutandina brasiliana senza  né orli, né pizzi.

Ci si infila dentro in un battito di ciglia,  poi con un movimento del ginocchio, per le mani ancora occupate a legare dietro  il reggiseno ,richiude il cassetto e si dirige spedita verso la camera da letto. I vestiti che deve indossare sono meticolosamente ripiegati sulla poltrona in pelle nera ,vicino l’armadio. Sono già lì perché oramai Linda si conosce troppo bene e sa  per certo che la mattina ha pochissimo tempo per uscire di casa, quindi li ha preparati la sera prima, evitando di dover lottare con il guardaroba. Infila per prime le calze, nere, che scivolano leggere per la lunghezza delle gambe fino sopra le mutandine, poi i  jeans rigorosamente elasticizzati,  a vita bassa e leggermente  consumati sulle cosce, che vanno ad insaccare quel meraviglioso sedere, oggi sponsorizzato Liu-Jo. La camicia  invece è a tre quarti manica, di raso nera, con un ampio scollo e i bottoni a clip madreperlati . Al collo un foulard in fantasia pois nero su sfondo bianco,  girato più volte su se stesso, e per finire un paio di decoltè , tacco otto, in vernice nera.

Il rumore dei tacchi sul parquet in legno, indicano come un sentiero il tragitto che compie per tornare in bagno; non per truccarsi, il suo viso è più bello acqua e sapone, ma per darsi una pettinata  con le mani mettendosi a testa in giù, dandole solo un po’ di volume. Con un gesto ad uncino della caviglia, estrae da sotto il lavandino sospeso, uno sgabelletto, dove si siede delicatamente per compiere quel rito senza il quale non potrebbe neppure scendere le scale:
<< Prima tocca a te,>> rivolgendosi a bassa  voce alla mano infortunata,  che va ad appoggiarsi sulle ginocchia accavallate come ad ubbidire alla sua richiesta. Estrae dal primo cassetto del mobiletto la manicure, posando tutto il necessario sul bordo del lavandino e facendo attenzione a non far cadere nulla. Inizia e finisce così velocemente con gesti sicuri e precisi da sembrare un rito chirurgico oramai ben consolidato:
<< Eccoti qua!!!!>> Commenta inclinando la testa da un lato in segno di soddisfazione:
<< Come nuova!!, e ora tocca a te,>> proseguendo dopo aver invertito di ruolo alle mani.  Un altro efficace intervento si compie anche sull’altra, poi si spalma una piccolissima noce di crema idratante fino ai polsi per proteggersi  dalla brezza invernale e lo sgabello  finisce di nuovo sotto il lavandino, con colpo di piatto destro da puro mediano.

Scende veloce le scale, anche troppo agevolmente per i tacchi che porta, non prima però di aver gettato uno sguardo dentro la stanza, attraverso la porta semi aperta della camera di sua figlia, accorgendosi della sua assenza. Sara è già in cucina, seduta a tavola, con una ciotola di caffè latte e dei cornflakes  davanti al viso, leggermente defilati per permettere al libro aperto sul tavolo di non rimanerle troppo distante. Il gomito è saldamente poggiato e fa da pilastro alla testa, delicatamente adagiata sulla mano, lasciando intendere che il sonno non è del tutto scrollato via. Quel libro aperto è sicuramente un‘ammonizione, un gesto di sfida come per dire: “ Lasciami in pace, non ho voglia di discutere adesso, sono veramente incazzata e per fartelo capire senza dirtelo, faccio finta di leggere”, e questo Linda lo ha capito perfettamente. Si siede senza dire niente e senza cercare lo sguardo di Sara, che non alza neppure il viso. Davanti ai suoi occhi Linda ha una tazzina di caffè,  rigorosamente amaro, che beve lentamente per non dare troppo spazio a quel silenzio imbarazzante. La 50 pollici ora è spenta e  Rudy si è  rinfilato i vestiti sgualciti per  la sprecisione con cui li aveva gettati sulla spalliera della sedia la sera prima. E’ in piedi,  girato di spalle e appoggiato con la schiena allo stipite della porta. Anche lui non ha molta voglia di parlare, forse perché ha capito che non tira aria buona o semplicemente perché sa di avere degli scheletri nell’armadio che rischierebbero di uscir fuori.

Rudy e Linda si sono conosciuti  21 anni prima quando lei, bella e raggiante come il sole, fiera e sicura di se, si è presentata nella concessionaria di auto multimarca, dove Rudy lavora ancora oggi: <> Rudy non riuscì a trattenersi  dall' esploderle davanti al viso in un’ enorme risata, poi chiedendo scusa con la mano davanti alla bocca per placare quel singhiozzio che non accennava a diminuire:
<< Signorina mi scusi ma…..una macchina così ..>> Lei lo interruppe, quasi stufata:
<< Va bene!! Va bene!!...ho capito se non ne avete una rossa….mi accontenterò di una gialla.>> Rudy fu costretto a chiedere scusa e a correre in bagno di corsa per nascondersi dalle lacrime che dal ridere scendevano a fiumi sul viso. Non gli era mai capitato in vita sua di ridere così di voglia, ma neppure di vedere una creatura così venerea.  All’epoca aveva 26 anni, 7 in più di quelli di Linda, e a dispetto della stempiatura che oggi lascia intravedere buona parte del cuoio capelluto e della pancetta pronunciata, con tanto di manigliette dell’amore, era un ragazzone stupendo. Alto circa 1,85 cm con i capelli nero profondo, lunghi fino alle spalle e leggermente mossi . Il viso allungato, le mascelle pronunciate, coperte da un sottile strato di barba incolta, la bocca sottile, con una piccolissima cicatrice all’estremità del labbro superiore a ricordo del primo giro in bicicletta senza le ruotine. Le sopracciglia folte a sovrastare due occhi color ghiaccio, il fisico atletico e.... le mani perfettamente curate. Sembrerà strano ma furono proprio quelle che colpirono  l’attenzione di Linda. Dopo qualche settimana, lei guidava una Panda bianca 5  porte a benzina,  usata con 70.000km, alzacristalli manuali e con la targa prova,  ma era ufficialmente fidanzata con Rudy.

Linda si avvicina all’attaccapanni e con un gesto veloce sfila il cappotto nero, in doppio petto, stretto in vita e lungo sotto il ginocchio, poi con un gesto materno, accarezza leggermente la testa di Sara, e sfiorandole i capelli:
<< Io vado tesoro…ci vediamo stasera a cena.>> Lei le risponde con un semplice gesto della testa  senza alzare lo sguardo dal suo libro. Prima di uscire si infila il cappello di lana bianco, abbassandolo per coprire bene la fronte, e mentre sta quasi per varcare la porta, la brezza che le accarezza e le solleva i lunghi capelli la fa tornare di colpo sui suoi passi, e rivolgendosi a Rudy senza neppure pronunciare il suo nome:
<< Tu guarda se almeno ti ricordi di chiamare il tecnico della caldaia se non vuoi ritrovarti a dormire con i pinguini  una di queste notti.>> La sua affermazione non riceve alcuna risposta, ma forse è meglio così, quindi chiude la porta alle sue spalle e frettolosamente si avvia  fumante per il gelo, verso la fermata della tramvia. Da uno sguardo furtivo all’orologio lampeggiante della farmacia comunale che inesorabile scandisce le 7:50 e..:
<< Caspita!… devo muovermi!!>> Accennando una leggera corsa. La fermata della tramvia dista solo 5 minuti a passo svelto da casa sua, ma la mattina a quell’ora la strada è affollata di pendolari e Linda impiegherà sicuramente più di 40 minuti in tutto per arrivare allo studio, che come orario di apertura indica le 8:30.

* * * 

ADDIO AL CONIUGATO di Gabriele Romagnoli -  Phasar Edizioni -

Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

 

                                                   

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