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" DISUMANI " di Marco Di Giuseppe

Il sistema corrotto tra politica e medicina, ha dato inizio al Progetto Darwin, un batterio infetto che opera attraverso un inchiostro chimico

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BIOGRAFIA AUTORE

Marco Di Giuseppe è nato a Roma nel 1976 e vive a Grosseto da 39 anni. Ha una bellissima famiglia e due splendidi figli. Lavora come dipendente presso un noto supermercato. IPSE Il Risveglio Degli Angeli è la sua prima opera Fantasy, seguita due anni dopo con l’uscita del secondo manoscritto Disumani, un Horror ambientato ai tempi di oggi. 

PRESENTAZIONE

Italia. Il sistema corrotto tra politica e medicina, ha dato inizio al Progetto Darwin, un batterio infetto che opera attraverso un inchiostro chimico. L’epidemia rende in breve tempo gli esseri umani simili a zombie. Dante trova rifugio in una chiesa di Roma, unendosi insieme ad un gruppo di superstiti, che cerca di sopravvivere al nuovo mondo. Nuovi alleati e nuove minacce si collocano sul cammino per la salvezza che culminerà con le sconcertanti rivelazioni che riguardano i veri mandanti di questa piaga e gli altri che ne trarranno benefici.

Un romanzo che mescola sapientemente il più moderno horror con delle sfumature di fantasy dai risvolti politici.”

Buona lettura...


DISUMANI

CAPITOLO 1

22 Marzo

 I vaccini neoinfantili contengono mercurio. Il conservante è chiamato Tiomersale, ovvero timerosal, mercuriotiolato, etilmercuriotiosalicilato, sodio timerfonato. L’azzurro marino dei caratteri cubitali contrasta con lo sfondo nero dell’autoradio, che continua imperterrita a trasmettere la sconvolgente intervista mondiale dello studioso americano Albert Spark, che accusa la Geo Medical, nota casa farmaceutica internazionale, di diffondere da anni questo “veleno” nei vaccini per il tetano, difterite, pertosse, epatite A, epatite B. Alla luce di documenti appartenuti al Pentagono, lo scienziato ha dimostrato al mondo intero che tra i vaccini e le scie chimiche risulta esserci una connessione. Entrambi sono finanziate dalla stessa Geo Medical. Il suono proveniente dalle casse tende a scemare, come se volontariamente si allontanasse dall’abitacolo dell’automezzo, fino a rinchiudersi in un cono di ombra imbottito.

Frammenti di vetro sono sparsi su tutto il suo corpo. La distorsione della visuale gli appesantisce la testa e la ragione, mentre gli provoca instabilità mentale e fisica. I processi cognitivi si muovono lenti. Difficile ricordare cosa è successo prima di ritrovarsi all’interno della sua macchina, intorpidito sullo sportello del conducente,  dove il finestrino non mostra più il verde dei campi, ma il tinteggiato azzurro di un cielo primaverile. Adesso la visuale mostra solamente il grigio asfaltato di una strada a quattro corsie. Odore di benzina, fumo negli occhi. Il lento fischiare nell’udito tende a scemare, lasciando spazio a ben altro rumore, le grida sconnesse, strozzate della gente. Panico. Angoscia. Paura.

L’immagine distorta sullo specchietto retrovisore mostra un giovane ragazzo dalla carnagione meridionale, occhi stretti e neri, sottili sopracciglia, naso leggermente a patata, capelli arruffati di un nero lucido e labbra carnose, curve verso due zigomi leggermente pronunciati; sguardo visibilmente marcato da un’espressione disorientata.

Mi chiamo Dante Garco. Figlio di Marta e Leonardo. Ho un fratello più piccolo, Filippo. Alle undici e venti devo essere alla stazione. Lei mi aspetta. Lei. Stefania. Oggi è il suo compleanno. Mi chiamo Dante e ho avuto un incidente, adesso ricordo. Mi ha travolto una jeep. Ha preso in pieno, me e Lucky. Lucky!.”

Si volta di scatto, cercando nel sedile di dietro il suo cane, un boxer francese di un anno, dal pelo bianco e qualche macchia nera, una in particolare sull’occhio destro, ma purtroppo non c’è. Il lunotto è sfondato, frammenti di vetro, mischiati nella confusione di libri e riviste. Fuori una scia di automobili incidentate. Un gruppo di persone, gravemente ferite, si avvicina ad una  macchina, messa sotto sopra. Non ci mette molto a comprendere che nel raccordo anulare è avvenuto un disastroso incidente, forse il più grande che ci sia mai stato.

L’atroce urlo di una donna  gli fa raggelare il sangue, quando, incredulo, vede delle persone ferite aprire con violenza lo sportello della macchina, strattonando senza ritegno una signora, mentre due di loro, con rozza prepotenza, entrano a carponi dal parabrezza sfondato. Intanto il rumore di una moto in avvicinamento lo desta per un istante da quello scenario insensato. Il conducente, senza scrupolo, investe una di quelle persone, tranciandogli di netto una gamba poi, persa la stabilità, cade a terra lasciando che la moto si sfreghi sul fianco per una decina di metri, fermandosi sul dosso del guard-rail. Lucido, lascia che l’emozione prenda il sopravvento su quella situazione instabile e tragica che sta vivendo. Il sapore delle lacrime è salato, come il sudore, e solo adesso si rende conto di quanto brucino i suoi occhi.

Liberatosi dalla morsa della cintura di sicurezza, Dante esce dalla sua macchina. Il corpo indolenzito, fortunatamente, riporta solo piccole contusioni. Incredulo, scioccato, assiste ad una visione ben peggiore di quella avuta fino ad ora. Le persone, in gruppo, precedentemente viste avvicinarsi alla macchina, stanno divorando il corpo della donna intrappolata al suo interno. Avide affondano i denti in organi ormai irriconoscibili, straziati, resi poltiglia dalle meschine mani sporche di sangue. Masticandone le interiora, lasciano che il sangue si allarghi come una macchia d’olio sull’asfalto. Privo di una gamba, l’uomo investito continua a muoversi, trascinandosi con foga.

“Non può essere. Non sta succedendo veramente.” Ripete di continuo nella sua testa, quando la voce del centauro lo supplica di aiutarlo.

«Aiutami!» Grida immobile a terra, mentre cerca di rialzarsi prima che due donne, dal volto sfigurato, a tratti mutilato, lo afferrino per le gambe. Inutile il suo tentativo di togliersi il casco, colpendo più volte quelle orrende figure, che non sembrano accusare affatto i colpi inferti, anzi si accaniscono ancora di più sul corpo dell’uomo, affondando le mani sporche, nel suo petto, come se fosse fatto di ricotta, strappandone copiosamente le viscere.  Parte del suo intelletto tenta di razionalizzare. Non vuole ammetterlo. Non può credere che dal niente i morti siano tornati a vivere, si rifiuta di accettare che davanti ai suoi occhi ci siano degli Zombie, reali solo in film, in racconti o in fumetti. Un rumore ambiguo risuona dietro alle sue spalle. D’istinto si volta di scatto, ma niente è paragonabile a quello che non avrebbe mai voluto vedere. Le bianche pupille dilatate di un bambino lo fissano impassibili, mentre il sangue di un colore scuro esce dal suo pancino.

Ogni volta che apre la bocca, emette un suono simile ad un respiro continuato.  Il suo primo pensiero va al fratellino. Quel bambino avrà all’incirca la sua età ed ora e lì davanti a lui, orribile, minaccioso. Non umano. Anche se gli occhi sono privi d’espressione, è abbastanza palese la sua intenzione. Dante indietreggia, calpestando e a tratti inciampando su rottami incidentati. Non è mai stato un duro. Uno di quelli che tempestivo reagisce al pericolo. Rare volte, trovandosi davanti ad una discussione accesa o peggio ancora, una rissa, tra reagire e ignorare ha sempre optato per la seconda. Non saprebbe neppure cosa fare in una circostanza estrema, ed ora incomincia a capire che la via di fuga, non è necessariamente scappare, a volte una persona deve rispondere ad uno stimolo che va ben oltre le sue comuni capacità.

Alle spalle del piccolo mostro appaiono altri quattro disumani. “Disumani”. In tutta quella follia, questa è l’unica parola che gli viene in mente per denominare quelle creature. I suoi occhi si fermano sul motociclista che, privo delle gambe appena staccategli, si muove rabbioso verso di lui, mostrando uno sguardo uguale a quello del bambino e a quello degli altri, lasciando una scia di sangue scuro, denso. Dante vorrebbe vomitare ma non è il momento. Le giunture inferiori tremano, ma non può bloccarsi adesso. Con la visuale sfugge a quell’orrore, trovando oltre il guard-rail un campo apparentemente vuoto. Tutto intorno a lui, assume una forma adesso. Ogni cosa fa parte di un affresco crudele e atroce. Sono tanti i disumani, ma sono altrettanto molte le persone rimaste uccise o assassinate da questi mostri.

Qualcuno non lo nota neanche, tanto è preso a divorare i superstiti. La prima volta che chiese alla fidanzata di uscire con lui, il panico lo pervase. Se non avesse scavalcato quell’ostacolo da lui stesso creato, ora non sarebbe così felice con lei, non avrebbe progetti che lo motivano a completare gli studi per vivere una vita serena con Stefania. Improvvisamente quel nome insieme ai ricordi legati a lei, lo riportano ad una lucidità obiettiva. Dante scappa come meglio può verso quella che sembra essere una via d’uscita, quando sente una voce provenire dalla sua destra. Sul tetto di un fuoristrada un ragazzo  infierisce con una spessa catena contro un gruppo di disumani che lo hanno accerchiato. Malgrado li colpisca con violenza sul volto, questi non mostrano alcun segno di cedimento. I due ragazzi incrociano gli sguardi.

La cosa giusta sarebbe fuggire, ma Dante invece afferra il fanale di una macchina e lo tira con forza contro due di quelle orrende creature. Di colpo, come se si muovessero in simbiosi, si voltano verso lui, lasciando stare la “preda” che fino ad ora avevano tentato di attaccare. Dante indietreggia di qualche metro, quando viene afferrato alle gambe dalle mani del motociclista, ormai divenuto come loro. Cade sull’asfalto. tenta in ogni modo di liberarsi, colpendolo più volte al volto tumefatto. Istinto, troppi film visti, racconti ascoltati, leggende metropolitane, ma non vuole che quella bocca si avvicini a lui, che quei denti, dal colore del sangue, assaggino la sua gamba. Un rumore sordo. Come un sasso pesante che tocca il fondo di un lago. Un palo di ferro, sicuramente di qualche segnaletica stradale distrutto nel tremendo incidente, si conficca nella nuca del motociclista, spappolandogli il lobo occipitale e lasciando scivolare sul grigio cemento una massa collosa rosea . Sopra di lui è il ragazzo che aveva appena aiutato. Con rozzo e maldestro movimento, allontana da lui il corpo mozzato del motociclista, ormai privo di vita.

Dante si alza di scatto, accennando un sorriso di ringraziamento, misto alla paura appena provata. Altri disumani si stanno avvicinando a loro, come cani randagi pronti ad attaccare. «Dobbiamo andarcene di qua. Hai visto qualcun’altro vivo?» Chiede il ragazzo corso in suo aiuto. Dante scuote il capo. Si rende conto che non riesce neppure a parlare:  un nodo in gola gli impedisce di emettere anche il più flebile suono di voce. Afferra di riflesso la mano tesa del suo soccorritore e, alzandosi in piedi, si avvia con lui verso il vasto prato. Con la coda dell’occhio nota una mazza da baseball, ma è trattenuta con forza dal corpo privo di vita di un uomo, rosicchiato da tre disumani. Sarebbe una buona arma, ma non intende rischiare oltre. Tutto è così veloce ed inaspettato che preferisce evitare il rischio di prenderla e si allontana insieme al ragazzo, lasciandosi alle spalle solo l’assaggio di quell’orrore appena iniziato. Su un manifesto affisso nel muro che separa la strada dal vasto campo, il rosso sangue cola lento verso il basso, macchiando la scritta di uno dei tanti partiti politici, prossimo alla elezione nazionale.


DISUMANI di Marco Di Giuseppe

Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

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