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TRILOGIA IL DONO "IL MALE NELL'ANIMA" DI CLAUDIA MELANDRI

Un'esistenza è degna di essere vissuta solo se la si vive intensamente

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BIOGRAFIA AUTRICE

Claudia Melandri, nata in Calabria nella provincia cosentina con il mare di fronte e le montagne alle spalle, attualmente vive nella città di Pitagora, Crotone.  Si divide tra il lavoro nel settore vendite di un’azienda della zona, la famiglia e la scrittura. Fin da piccola amava divorare libri che parlavano di mondi lontani. Mentre i suoi coetanei correvano in bici, lei correva con la fantasia e creava scenari immensi dove rifugiarsi. La trilogia de ʺIl Donoʺ è il suo primo lavoro portato a termine.

Appassionata di musica Rock/Metal, ascoltata rigorosamente ad alto volume con l’iPod. I suoi miti della letteratura sono: Jane Austen, Charlotte ed Emily Bronte, Bram Stoker, Stephen King.


Presentazione trilogia “Il Dono”

Il Dono è una trilogia Dark Fantasy, l’idea nasce come volume unico ma già nella prima stesura si delinea una trama complessa, intricata, dove gli sviluppi si evolvono pagina dopo pagina e sono stati necessari tre libri per arrivare alla fine di questo lungo viaggio. I titoli sono:

Il Male nell’Anima Vol I

Lo Spirito del Guerriero Vol. II

I Guardiani delle porte dell’Est Vol. III  (Prossima uscita 29 Aprile)


PRESENTAZIONE

Caro Lettore,

Sara, italiana di venticinque anni, mortificata nel corpo e nello spirito dalla crudeltà senza limiti di un uomo sposato per gioco quattro anni prima, decide di voltare pagina. Desidera a tutti i costi cambiare vita, e, con il marito finalmente dietro le sbarre, si trasferisce nella periferia romana.
Qui trova lavoro come contabile in un piccolo ristorante e nell’estate del 2012 conosce una ragazza canadese, Emily. Le due stringono subito amicizia e, un anno dopo, Emily per sdebitarsi della calorosa accoglienza ricevuta inviterà Sara a trascorrere tre settimane in Canada.

Inizialmente indecisa cede poi alla contagiosa voglia di vivere della canadese accettandone l’invito. La sera del suo arrivo, in un fortuito gioco di coincidenze, il cugino di Emily decide di far ritorno a casa dopo un mese di assenza. Lui, Sean Adam Green, ragazzo di ventotto anni dalla doppia vita, sanguinario e violento assassino privo di anima, va su tutte le furie quando viene informato della presenza dell’ospite. Ha un duro scontro verbale con la cugina, colpevole, a suo avviso, di avergli taciuto la cosa.

Risoluto a non avere niente a che fare con la sconosciuta e ancora sotto l’effetto della collera, percepisce la presenza di Sara nascosta al piano superiore della villa. Percezione che lo colpisce con una forza devastante, mozzandogli il respiro e annullando, anche se per poco, il demonio che è in lui. Scombussolato e stordito da simili sensazioni, mai provate prima, per proteggere se stesso Sean si rifugia nel suo effimero mondo, fatto di solitudine, vendetta e morte. 

Consigliato a tutti coloro che amano sognare, e per questo l’età anagrafica conta poco.


Buona lettura…

IL MALE NELL'ANIMA

Cap. 3

Sean lavorò senza sosta tutto il pomeriggio fino a sera. Detestava il pensiero dei cani tenuti a catena così aveva recintato, con della rete alta due metri, un ampio spazio dietro la rimessa della legna. Il lavoro fu massacrante, ma con un eccelso risultato finale. Fino a quando Sara si sarebbe fermata a casa Green, Loki e Cain dovevano rimanere nel recinto. Sarebbero usciti solo sotto sua stretta sorveglianza.

– Certo che li hai ingabbiati a dovere. – Costatò Marie raggiungendolo sul retro della casa.

– Non sarà per sempre. Solo fino a quando non si saranno abituati alla sua presenza. – Rispose lui continuando a ispezionare la rete, assicurandosi che non avesse punti deboli.

– Lo sai che tra poche settimane andrà via? Non fraintendermi, sono felice di vedere che il tuo cuore batte ancora ma tra un po’ ci sarà un oceano a dividervi, e lei non sa ancora chi tu sia in realtà.

Sean si fermò di scatto.

Pensi che quando lo saprà mi odierà? Avrà paura di me? – chiese con timore, fissando le tenaglie che aveva tra le mani per stringere i ganci del recinto. – Adesso non voglio pensare né a questo né alla sua partenza. Il mio stile di vita non mi permette di fare progetti a lungo termine. Desidero trascorrere questi pochi giorni con lei. Anche se… – Sean lasciò cadere la frase e cupo tornò a concentrarsi sul recinto.

Marie non sapeva cosa dire. Per la prima volta dopo anni negli occhi di suo figlio vide farsi largo la speranza e, cosa più importante, la voglia di vivere.

– La cena è pronta. Ti aspettiamo, sbrigati.

                                                                                                       ***

"E come potrei lasciarti, non ne avrei la forza".

 Quella voce donava una pace profonda, mai provata prima.

 – Sean – sussurrò Sara . Aprì gli occhi sbattendo le palpebre. Si guardò intorno confusa.

Si trovava in ospedale. Dal corridoio proveniva il tintinnio del carrello delle medicine e il vociare ovattato delle infermiere che parlottavano tra di loro.

Si tirò su a sedere notando che indossava uno di quei camici sterili che lei odiava tanto. Anche i fiorellini variopinti disegnati sopra non lo rendevano più simpatico ai suoi occhi

Una delle infermiere fece il suo ingresso nella stanza spalancando la finestra.

– Buongiorno Miss Maroni. È una bella giornata, il sole splende. – Sara riconobbe in lei l’infermiera gentile e dalla frizzante capigliatura da folletto irlandese, che dalla sala suture l’aveva portata alla camera assegnata.

– Infermiera? Potrò lasciare l’ospedale questa mattina?

– Non ci dovrebbero essere problemi, signorina. – Rispose la donna, uscendo dalla stanza senza aggiungere altro. Sulla sedia di fianco al letto si accorse del suo inseparabile beauty case e di un cambio di vestiti pronto per sostituire l’odioso camice. Con qualche incertezza nei movimenti, Sara riuscì ad arrivare in bagno per darsi una sistemata generale. Lo specchio le rinfacciò che la situazione era a dir poco disperata ma non demorse, presto Sean sarebbe andato a trovarla, almeno ci sperava in quel miracolo, doveva essere presentabile a tutti i costi. 

                                                                                                             ***

– Emily! Se non ti muovi, ti lascio qui! – Urlò Sean dalla porta d’ingresso.

– Ci ho ripensato. Vai tu, così aiuto Marie a preparare tutto per il vostro ritorno.  

– Pulce sei una banderuola, lo sai? Giri come gira il vento.

– Sì, lo so Gnomo. Corri a prenderla. Non perdere altro tempo. 

Non se lo fece ripetere due volte. Con un sorriso smagliante, Sean saltò in macchina, mise in moto, prima marcia e via!

– Lo hai fatto di proposito, vero? – Chiese Marie sbucando alle spalle della nipote.

– Quei due hanno bisogno di rimanere un po’ da soli. Non mi meraviglierei se non tornassero a breve.

– Emy! – La riprese la donna rimasta a bocca aperta.

La ragazza le regalò una delle sue solite linguacce e corse in cucina ridendosela di gusto. Ma quello che aveva detto Emy la rasserenò più di quanto volesse ammettere.

Forse il cielo ha ascoltato le mie preghiere. Sono dieci anni che aspetto. Dieci lunghi anni.

 Una nuova speranza gonfiò il cuore dolorante di Marie.

                                                                                                            ***

– Miss Maroni, può andare. Fra due giorni torni per la medicazione e una visita generale, i punti di sutura saranno tolti tra circa una settimana. Tutto chiaro?

– Tutto chiaro. Grazie dottor Spencer. – Appena Spencer uscì, Sara udì una calda voce da doppiatore cinematografico che ringraziava il medico a sua volta. Si diede una rapida occhiata allo specchietto che aveva nel beauty. I capelli si ribellarono a ogni tentativo di dargli un aspetto decente.

Ok. Non al meglio ma per ora può andare. Oh cavolo!

– Buongiorno. Pronta a lasciare questo posto? – Salutò Sean.  Inutile, già il primo impatto con il suo magnifico volto la mandava su di giri.

– Pronta. Portami via. – Sean ne recepì il messaggio nascosto in quella frase. Quello più importante e più forte di tutti. Portarla via; con sé.

 

I primi minuti in macchina trascorsero silenziosi. Era la prima volta che Sara saliva sull’auto di Sean. Veramente era la prima volta che saliva su un’auto del genere. Una Mercedes CLA 45 AMG. Nera, potente e aggressiva. Come lui.

Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Ogni suo movimento alla guida, dall’uso del cambio, al semplice girare della testa a destra e sinistra per controllare gli incroci, per lei era motivo d’estasi.

L’auto viaggiava a una velocità di crociera molto rilassante. Sara si chiese se quello era il suo modo di guidare oppure, come lei, si stava godendo la magnifica giornata e il fatto di essere l’uno vicino all’altra. Continuò a bearsi della visione fino a quando non si accorse che erano quasi a casa. Il bosco di aceri era già davanti a loro. Tra un po’ non sarebbero stati più soli.

 ʺSara, fa qualcosa e falla subito!ʺ Le ordinò a squarciagola la vocina dentro di lei.

Raccolse tutto il coraggio necessario e...

– Sean io…

La macchina si fermò di colpo con una lunga frenata. Lui scese di slancio lasciando lo sportello aperto. Rimase di spalle passandosi una mano tra i capelli, come se stesse lottando contro un dilemma atroce. Prese una lunga boccata d’aria, con la vana speranza di diradare la nebbia che gli offuscava la capacità di giudizio. Sentiva che stava per commettere un passo falso, ma non resisteva più. Lei era il canto di una sirena e lui il marinaio soggiogato dalla voce melodiosa.

Aiutandosi con una stampella anche Sara uscì dall’auto.

– Aspetta! Ti aiuto. – Disse Sean precipitandosi dal lato passeggero.

– Grazie, ma ce la faccio – rispose lei appoggiandosi comunque al suo braccio. Restarono in silenzio per un tempo infinito, guardandosi negli occhi e scrutandosi avidi.

Sara doveva inarcare completamente il collo se non voleva perdere il contatto visivo. Era così alto, così vicino, e si avvicinava ancora. Le gambe cominciarono a tremare. Il corpo prese fuoco.

Sean respirò a fondo. Il tanto famigerato autocontrollo sul lato umano in quell’istante andò a farsi benedire. L’effetto travolgente della vicinanza di quella ragazza era troppo forte per riuscire a dominarne le emozioni. Prese coraggio e cingendole la vita con un braccio, la tirò a sé.

Sara non connetteva più. In preda al timore che il cuore potesse scoppiarle da un momento all’altro, e in balia di quello sguardo magnetico che rapiva ogni sua volontà.

Il respiro di lui s’infranse sulle sue labbra, caldo e sensuale.

– Come si può conoscere una persona – sussurrò improvviso – da soli due giorni e provare simili sensazioni? Tante, meravigliose sensazioni tutte insieme. Trasformando il desiderio di starle accanto in un bisogno così forte e impellente da far male.

Gli occhi di Sara rimasero incollati su di lui.

Sean ebbe un fremito. Forse non aveva scelto le parole adatte. Magari i segnali che lei mandava non li aveva interpretati nel modo giusto. Cominciò a temere che Sara non provasse le stesse cose. Che i suoi sentimenti non erano sulla sua stessa lunghezza d’onda.

Ti prego dì qualcosa. Qualsiasi cosa!

Pensò disperato, e piano iniziò ad allentare la presa del braccio intorno a lei. Quando…

– ʺCome potrei lasciarti. Non ne avrei la forzaʺ. Sono parole tue, vero? Non le ho sognate. 

Sean riprese a respirare e a sperare. – Sì. Ma pensavo stessi dormendo.

– Ora sono sveglia. Ripetile di nuovo. Voglio sentirle ancora. Per favore.

– Non ti lascerò mai. Non ne avrei la forza. – Ripeté Sean con un filo di voce.

I loro volti erano così vicini. Sara adagiando la fronte contro quella di lui, intrecciò le mani nei capelli. Erano soffici come un velluto. Profumavano di shampoo, di muschio e pioggia che respirò fino in fondo all’anima. Profumo di Sean.

– Sean, stringimi. Stringimi.

    Le forti braccia esaudirono la richiesta, avvolgendola cariche di desiderio. Le labbra si sfiorarono lievi, come a cercare il giusto momento per lasciarsi andare. Si guardarono ancora una volta. Il blu degli occhi di Sean si fuse con lo smeraldo di quelli di lei creando una nuova, irreale ed eterea sfumatura.

Poi ecco, arrivò il bacio vero, quello tanto desiderato. Appassionato, impetuoso.

    Sara era imbambolata. 

Il sapore della bocca di Sean ricco e dolce s’impossessò di lei. Mai nessuno l’aveva baciata così. Mai nessuno l’aveva fatta sentire così donna, così desiderata. Si avvinghiò a lui con una forza che non credeva di possedere, catturandolo nel suo infinito amore. Sean ricambiò ogni carezza, ogni bacio, imprigionandola tra le sue braccia con un impeto travolgente.

Un impeto che le fece quasi perdere l’equilibrio già precario.

– Mi dispiace… – si scusò Sean con il respiro in affanno, guardando la gamba che non poggiava per terra.

– No. Non fermarti ti prego. Non fermarti. – Nelle parole di Sara c’era solo desiderio. Un desiderio incontrollabile.

Sean la afferrò alla vita e, sollevandola senza il benché minimo sforzo, la adagiò sul cofano della macchina. Con il piccolo volto tra le mani, e le dita di lei intrecciate nei suoi capelli, ricominciò a baciarla con passione. Una passione che sentiva arderle dentro. Un fuoco sfuggito al controllo che non sarebbe più riuscito a domare. Il suo mondo dopo tanti anni iniziò a girare su un altro asse. Lei non era come tutte le altre donne che aveva avuto. Lei era la vita che tornava a risplendere. Il sole che scaldava il suo inverno. L’anima che risvegliava la sua umanità.


Le cose belle però non durano mai in eterno, questo lo sapevano tutti e due.

Il cellulare di Sean cominciò a squillare, i ragazzi per un attimo lo ignorarono. L’insistenza però di chi chiamava alla fine vinse.

– Forse è meglio se rispondi – sussurrò Sara, appena riuscì a staccare le labbra.

– In questo momento ucciderei chi ha inventato il cellulare. – Rispose lui seccato. Entrambi scoppiarono a ridere. Sean tirò fuori il telefono dalla tasca dei jeans e, fissando il display, lo lasciò squillare.

Un’espressione seria rimosse l’ultimo barlume di sorriso. Un’ombra gli smorzò la luce negli occhi. Al cessare del martellante squillo ripose il cellulare in tasca, prendendo un lungo respiro.

– Dobbiamo andare. Si è fatto tardi. – Il tono freddo e distaccato fece rabbrividire Sara.

– Che cosa è successo?

– Niente. Problemi di lavoro. Quando arriviamo a casa richiamo.

La aiutò a scendere dal cofano della macchina evitando di guardarla negli occhi. Ogni suo movimento era contratto e nervoso. Dov’era andato l’uomo che pochi istanti prima la stava baciando con tanta passione? La già scarsa autostima di Sara si volatilizzò come polvere nel vento e chiedersi cosa avesse detto o fatto di sbagliato fu inevitabile.

Percorsero il breve tragitto che li portò a casa senza dire una parola. Lui non staccò neanche un attimo lo sguardo dalla strada. Era così cambiato. Quest’altro Sean a Sara non faceva paura. Una paura che lei conosceva molto bene.


Arrivati alla villa Emily andò loro in contro.

– Ehi! Ce ne avete messo di tempo. 

Marie, alle spalle della nipote, notò la tetra aura che circondava il figlio.

La buona educazione di Sean aveva sempre la meglio e aiutò Sara a scendere dall’auto. Con gesti meccanici, velati ora da una rude cortesia, consegnò la borsa alla madre, chiuse le portiere, ed evitando di proposito lo sguardo di tutti, si allontanò prendendo il vialetto che portava alla dependance.

– Ma che cosa è successo? – domandò Emy all’amica.

– Non lo so… stava andando tutto bene. Poi ha ricevuto una telefonata ed è tutto cambiato. Lui è cambiato. – A Sara le parole uscirono strozzate. Ma la cosa che la lasciò annaspare fu il gemito sfuggito a Marie e la sensazione che stesse per scoppiare a piangere.


– Dove l’hai scovato? – Tuonò Sean nel salotto della dependance.

Dall’altro capo del telefono una voce, con un forte accento ispanico, sbuffò.

– Lo avevamo sotto il naso. Chi lo nascondeva era molto influente, ma ora è nostro. Quando vieni?

– Prendo il primo aereo in partenza. Ah, Miguel? Non fare niente. Lui è mio. – Sibilò tra i denti e riagganciò.

Qualcuno si materializzò alle sue spalle. Lei aveva sempre avuto l’insolito talento di sorprenderlo in flagrante a dispetto del Dono.

– Non andare. – Lo supplicò la madre sulla porta con le lacrime agli occhi, ma con la determinazione che la distingueva.

– Pensavo che questa fosse la volta buona che ti lasciassi tutto alle spalle, che ricominciassi a vivere. Fermati. Fermati figlio mio! – Senza rivolgerle lo sguardo o pronunciare una sola sillaba, Sean continuò a riempire la sacca di vestiti.

– Sean ti prego, fallo per me, per Emily. Per Sara. Credevo che ci tenessi a lei.

Nel sentire quel nome, la corsa sfrenata contro il tempo si arrestò. Marie notò un tremito delle mani del figlio, era combattuto e si vedeva. La speranza non era del tutto morta. La parte umana di Sean stava lottando contro quella malvagia e spietata.

– È stato un grosso errore, non dovevo lasciarmi andare con lei. Questa telefonata è arrivata in tempo per rimettermi sulla giusta strada. Strada che seguirò fino in fondo. –  Ricominciò a muoversi frenetico per la stanza, arraffando tutto quello che poteva essergli utile.

– La giusta strada? – continuò la madre. – Che c’è di giusto in tutto questo, Sean? Per percorrere  questa che tu chiami ʺgiusta stradaʺ uccidi! – Quell’ultima parola Marie la urlò con rabbia. – Uccidi esseri umani. È stato un incidente. Un incidente. 

Sean si girò di scatto trafiggendo la donna con uno sguardo severo.

No! Non sono esseri umani. Sono bestie e della peggior specie. Hanno distrutto la nostra vita, mamma! Quella di Emy e Patrick. Riuscirò a trovare il mandante, ma prima di arrivare a lui troverò e ucciderò tutti gli esecutori materiali della carneficina di dieci anni fa. – Senza volerlo aveva appena rinnovato il solenne giuramento fatto il giorno del funerale del padre. Marie, sconfitta, scoppiò in lacrime.

Parte malvagia batte parte umana 1 – 0.

– Ti voglio bene mamma. Ma non riuscirai a fermarmi. – Le diede un rapido bacio sulla fronte e uscì con la sacca in spalla.

Imboccò il vialetto trovandosi davanti un altro ostacolo da superare, e questo era di gran lunga il più difficile da affrontare.

  Sara.

Era appoggiata di schiena alla macchina. Fissava le punte delle scarpe giocherellando con la ghiaia del selciato. Era così bella. Così innocente. Così arrabbiata.

Un alito di vento le spostò i capelli di lato, lasciandole il collo scoperto. Quanto avrebbe voluto tuffarsi su quel collo, baciarlo centimetro per centimetro. Stringere a sé quel corpo morbido e sinuoso che pochi minuti prima aveva tra le braccia.

La madre aveva ragione, non c’era niente di giusto. Niente. Ma non si poteva tornare indietro e non lo avrebbe fatto.

– Di solito un uomo si rimangia la parola dopo un po’ di tempo. Tu hai battuto ogni record mettendoci meno di un’ora. – Era arrabbiata. Anzi, infuriata. E lui la trovava così sexy.

Ti prego Sara, spostati. Devo andare, non ti ci mettere anche tu. – Replicò lui cercando di aprirsi un varco per mettere la sacca nel bagagliaio, poiché anche la cugina, con sguardo truce e aria assassina, faceva da sbarramento.

– È questa l’unica cosa che sai dirmi? Te ne vai, così. Come puoi… come? – La sua voce divenne incerta e tremante. L’espressione dura di Sean non le lasciava speranze.

E cosa posso dirti? Che ho una voglia matta di prendere il tuo viso tra le mani e baciarti fino a farmi mancare il fiato? Chiederti di aspettarmi che tornerò presto? Pensò quasi sul punto di afferrarla dalle spalle.

 Invece indietreggiò e le disse qualcosa di molto cattivo.

– Abbiamo affrettato le cose. È colpa mia, non tua. Tra poche settimane tornerai nel tuo paese, credimi, è meglio così. Ti auguro di rimetterti presto. Addio Sara. – Il cuore della ragazza andò in mille pezzi. Il sogno appena iniziato si era già infranto.

– Tu sei disumano, ti detesto! Non voglio vederti e sentirti mai più! – gridò, e quello sfogo fu una pugnalata al petto per lui.

Anche con la gamba che le faceva male, Sara corse via. Il dolore che sentiva al cuore era più atroce. Entrò in casa, salì le scale un gradino alla volta sorreggendosi al corrimano. Arrivò in camera stremata, i punti di sutura bruciavano. Chiuse la porta alle spalle e buttandosi sul letto scoppiò a piangere, un pianto convulso, disperato, che non sapeva e non voleva fermare.

                                                                                                          ***

– Sta loro vicino, Emy ora sei tu la mia àncora. So che andandomene le lascio in buone mani. Controlla la ferita di Sara, temo che qualche punto sia saltato quando è corsa via. Tienimi informato. Solo messaggi sulla scheda sicura, mi raccomando.

– Tranquillo, penserò a tutto io. Sta attento.

– Come sempre..

Il tempo di un breve ma intenso abbraccio e Sean salì in macchina.

Il ruggito dell’auto che sfrecciava via portò Sara alla finestra, giusto in tempo per vederne la parte posteriore sparire dietro la curva.

È andato via. Che stupido pensare che in soli due giorni per lui contassi qualcosa. Io non conto niente. Non sono mai contata niente per nessuno.


Sean fissava la strada con una ferocia animale. Non avvertiva nemmeno la necessità di sbattere le palpebre, tanto era concentrato sulla solitaria traccia nera che tagliava in due il bosco di aceri.

Il paesaggio familiare lo costrinse a rallentare, fino a fermarsi nell’esatto punto dove poco prima la stava baciando. Chiuse gli occhi, rivivendo ogni più piccolo momento di quell’ora così dolce. Sentiva ancora addosso il profumo della sua pelle e il dolce sapore di fragola delle sue labbra.

– Sara… – fu un sussurro ma lei riuscì a sentirlo come provenuto dal piano di sotto della casa.

– Sean! – gridò.

Sean scattò sul sedile. Lei aveva gridato il suo nome. Controllò lo specchietto retrovisore, non c’era nessuno. Era solo, come sempre. Esausto, richiuse per un attimo gli occhi. Lei era una distrazione troppo grande che lo allontanava dalla vendetta. Doveva per forza scindere le due cose, altrimenti tutto il lavoro di dieci anni sarebbe andato in malora.

Ingranò la marcia e partì, lasciando in quel bosco oltre al cuore anche l’anima da poco riavuta. Per quello che doveva fare non ne aveva bisogno.


Trilogia IL DONO - IL MALE NELL'ANIMA - Sherazade's Graphics

Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

 

 

 

 
 

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