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"L'AMORE E LA MORTE, DUE ESPERIENZE CAPACI DI SCONVOLGERE UN'ESISTENZA" di Elvira Ciacci

Come in tutte le storie d’amore importanti, non ci si innamora subito, bisogna conoscere il soggetto che dovrai amare tutta la vita e per il quale ti sentirai responsabile delle sue gioie o dei suoi dolori

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BIOGRAFIA AUTRICE

Elvira Ciacci è nata a Catanzaro e dopo numerose esperienze professionali,  ha deciso di continuare, per amore e per passione, l’attività del papà Nando, al quale era legata da un amore profondo.

E’ laureata in Scienze Politiche e Giurisprudenza. E’ titolare della Fernando Ciacci Editore. Vive a Roma. Ha pubblicato “Ultimo bivio… il deserto” Bonanno Editore, e “Vite bruciate” Fernando Ciacci Editore. Il suo ultimo libro “L’amore e la morte, due esperienze capaci di sconvolgere un’esistenza”


PRESENTAZIONE

Caro lettore,

un dialogo forte,  condotto a bassa voce, tra l’autrice ed il suo cane, Comandoio. Il racconto di sette anni pieni d’amore reciproco e morboso, corredato dall’avvento di altre persone ed altri cani, che contribuiscono a rendere una famiglia una grande famiglia.

L’amore che lega l’autrice a Comandoio  è lo stesso amore che lega una madre ad un figlio bisognoso e sofferente, finché Comandoio non vola sul ponte dell’arcobaleno.

Comandoio è un pastore tedesco puro, privato della sua dignità, maltrattato e picchiato fino ad avere gravi lesioni. Comandoio a casa Ciacci deve comandare, ma lui non lo sa fare. Sa solo donare amore incondizionato fino all’ultimo respiro. Non è l’unico Comandoio in casa Ciacci. Vi è il papà dell’autrice, che è il vero Comandoio e che sa, al contrario, esercitare bene la sua funzione di comandante della casa.

Con la nascita dei nipoti, il nonno è sempre Comandoio, ma la sua missione è quella di guida e di sostegno alla sua famiglia, composta da eterni bambini e tanti cani. Una famiglia fortemente unita, perché vi era un collante forte: papà Nando, per tutti, nonno Nando.

La storia di un amore forte tra padre e figlia, che viene percorsa con la voce di donna-bambina che non ha mai voluto crescere. Non ve ne era bisogno, il papà era immortale…così credeva.


Questo libro è un tributo all’amore per un genitore, che è stato un vero e grande genitore, e verso un cane,  che ha accompagnato l’autrice come uno speciale amico nel viaggio della vita.

Entrambi i destinatari di questo amore infinito sono volati in cielo. Elvira Ciacci ha voluto ricordarli in questo libro che apre il cuore alle due esperienze che sono in grado di sconvolgere un’esistenza: l’amore e la morte.  L’autrice si rivolge a loro, soggetti legati a lei indissolubilmente, spinta dalla considerazione che se è amore vero, non si conclude in questa vita terrena, ma è eterno  anche dopo la morte.

L’autrice dedica questo suo libro al suo papà, come ringraziamento per averle regalato una vita serena ed esente da qualsiasi preoccupazione.

Libro consigliato, una lettura che straordinariamente ti porta dentro l'anima, un incredibile pieno d'amore.


Buona lettura…

“L’amore e la morte, due esperienze capaci di sconvolgere un’esistenza”

Per tutta la mia vita mi sono sentita forte.

Per tutta la vita mi hai accompagnato per mano…

Eri tu la mia forza.

Ti amo…Comandoio


La mia lunga storia d’amore

 

Mio padre, Nando, mi voleva chiamare E, per lo stesso motivo per cui Rexino era stato chiamato Lupo. Non voleva me, voleva un maschietto, pena l’estinzione del nostro cognome. Era fiero di chiamarsi Ciacci, di essere figlio del Dott. Antonio Ciacci, medico stimato durante le guerre mondiali ed ancora oggi ricordato per il suo carattere amorevole e per la sua dedizione agli altri. E’ era un nome ininfluente, anzi non era un nome. Era un richiamo tipico di una persona che in qualche modo doveva essere chiamata. Lupo era il nome di Rexino, essere senza importanza. La sua volontà di chiamarmi con un nome non frequente durò fino alla lite con l’impiegato dell’anagrafe. Durò poche ore, finché non mi vide per la seconda volta.

Come in tutte le storie d’amore importanti, non ci si innamora subito, bisogna conoscere il soggetto che dovrai amare tutta la vita e per il quale ti sentirai responsabile delle sue gioie o dei suoi dolori. Il mio nome, quello che mi sarei portata per tutta la vita, sarebbe iniziato con la E ma mio padre lo pronunciava solo quando lo facevo arrabbiare e meritavo un rimprovero di quelli forti come solo lui sapeva fare. In tutte le altre circostanze il mio papà, per quarantatré anni, mi ha sempre chiamato amore mio.  Ero diventata in breve tempo il suo amore, la sua piccolina, la più fragile, la più malata la più bisognosa di attenzioni.

Quando una personalità forte, incorporata in un fisico minuto ma forte pure esso, pervade/invade la tua esistenza, la mancanza è incolmabile. Della mancanza non ti avverte nessuno a meno che quella persona non decida che la sua vita sia dedicata a qualcun altro o a qualcos’altro. Quando la morte ti ruba la persona più importante della tua vita non hai nessuna avvisaglia, non puoi inventarti nessun procedimento preparatorio a quell’evento. Qualcosa ti ruba la tua stessa anima e…da quel giorno, nulla è uguale.

 

La mia storia comincia da loro

 

Un incontro tra due persone opposte crea disastri o grandi miracoli. Mia mamma e mio padre, due persone che non dovevano essere marito e moglie ma migliori amici e avrebbero dovuto incontrarsi solo in età matura. Se non si fossero incontrati non avrebbero creato noi. Una famiglia difficile, complicata, caratteri differenti e geni predominanti. Uniti da una colla indissolubile e attaccati morbosamente fino a farsi male e tanto da non riuscire a staccarsi l’uno dall’altro ed essere autonomi.

Perché è esistito un collante forte: i valori, antichi, di un’altra generazione, trasmessi nel sangue e dal quale nessuno di noi è potuto o ha voluto staccarsi. Io, mio fratello e mia sorella siamo disastri e/o miracoli legati indissolubilmente e portatori del più grande valore che deve essere trasmesso: la famiglia. Tu, papino mio, eri un ribelle che poteva permettersi di fare il ribelle. Avevi pochi anni quando sei rimasto orfano del tuo papà, così come sono orfana io adesso che la persona più importante della mia vita è volata in cielo. Avevi tanti fratelli, io ne ho solo due ma valgono per mille.

Avevi una mamma brava come ce l’ho io, hai aiutato tutti, vi siete rimboccati le maniche e siete andati avanti, tutti insieme, uniti da un dolore unico ed incommensurabile. L’amore di una famiglia è qualcosa di magico, quando la famiglia è solida perché chi la compone ci crede veramente. Tu eri una persona speciale, il simbolo della tua famiglia nativa e di quella che hai, con tanti sacrifici, costruito. Insieme ai tuoi fratelli, hai portato avanti un fardello pesante. Molti di voi si sono laureati, avete onorato e rispettato la volontà del tuo papà. Sei stato il braccio destro di nonna Laura, alla quale è toccato l’onere di continuare a crescervi dopo la morte di nonno Antonio. Ti ricordi, papino mio, quando mi raccontavi che non ti piaceva studiare ed i tuoi genitori non sapevano cosa fare? Il mio nonnino, geniale come sei stato tu dopo, ti ha mandato a guardare le pecore. Immagino te, papà mio, che guardi le pecore con la sigaretta senza filtro in bocca. La tua esperienza è durata due giorni…hai continuato gli studi e,  per disperazione, hai preso il diploma.

“Ho preso il diploma adesso faccio quello che dico io”.

Quante cose hai fatto, papino mio. Se non c’eri bisognava inventarti…ecco cosa dicevano di te.

Comincio dal principio.

Voglio raccontare la vita di un uomo, con le sue passioni, i suoi dolori, le sue gioie, le sue soddisfazioni, le sue umiliazioni. Voglio raccontare la storia di un uomo vincente, amato ed odiato, chiacchierato e chiacchierone. Voglio raccontare la storia di un padre, sopra ogni cosa, perennemente contrastato dalle sue creature. Un uomo dal carattere forte, autoritario, complicato, estroverso e tenace, che ha commesso tanti errori ma che, con immensa dignità, ha riparato uscendone sempre vittorioso.

Un uomo che è morto in un giorno scelto da lui stesso, addormentandosi su un cuscino. Un uomo che è morto di stanchezza. Un uomo che ha fatto la morte dei giusti e che non ne ha conosciuto l’orrore e lo spavento. Non voglio farlo con oggettività estranea ma con la voce, con i pensieri di chi in questa terra ti ha amato infinitamente fino ad annullare se stessa: io, la tua seconda femmina, E’, la più lagnosa e la più malaticcia dei tuoi figli.

Ti dico subito una cosa: ero lagnosa e malaticcia e lo sono stata fino al giorno del tuo decesso perché sapevo che tu avresti accontentato tutti i miei capricci e avresti aggiustato pure una mia unghia rotta. Da quel maledetto giorno, sono diventata una donna grande, che non sa vivere, non sa orientarsi, che non sa respirare perché il polmone, il cuore sono lì con te, ovunque tu sia.

Non so se sarò capace di descrivere una personalità come la tua, ma il cuore mi guiderà e chi leggerà queste righe lo farà con lo stesso trasporto con il quale io sto scrivendo di te. Lo faranno i miei fratelli, tua moglie, le tue sorelle, i tuoi nipoti, tutte le persone che, per venire a darti l’ultimo saluto, hanno prenotato un aereo intero e si sono presentati a te, avvolto dal velo, dentro una bara ed hanno pianto insieme a noi, perché un grande uomo, una colla familiare, un grande zio, un grande nonno, un grande fratello, un grande amico….un grande PADRE è andato dal grande Padre.

Tu sei la mia sposa

 

Ero tua e di nessun altro. La più bruttina dei tre figli, ero intoccabile ed inavvicinabile. Guai.

Se rimani zitella, ti lascio la cappella gentilizia”, quella stessa cappella dove, ora, il tuo corpo è murato. Magari, papà, mi avessi lasciato la cappella gentilizia: ci metterei un letto e dormirei guardando la tua foto, abiterei lì accanto a te, ti parlerei e ti racconterei di quando ero bambina e non sopportavo la tua pressione. Volevo uscire con i miei amici ma a te non piaceva nessuno, nessuno era degno di frequentarmi. Non ti sopportavo perché dicevi sempre Comandoio….Non ti sopportavo perché dovevo dirti le bugie per andare a cena fuori vicino casa, perché non potevo andare al mare da sola, non potevo guidare perché secondo te i miei piedi non arrivavano alla frizione ed ero costretta a viaggiare con il cuscino sotto il sedere.

Non ti sopportavo perché non mi facevi crescere e perché non potevo avere una vita normale. Ero tua, nessuno poteva infilarsi nel nostro rapporto. Ma pensandoci bene…ci siamo comportati nella stessa maniera. Nessuno poteva avvicinarsi a te dopo la separazione con mamma. Non avremmo accettato che qualcuno ti accompagnasse a fare una passeggiata o che tu potessi dividere momenti sereni con un’altra donna. Eri mio, nostro. Spesso ti allargavi un pochino

ma non hai una simpatia per qualcuno?”

Sapevi già la risposta ed io assecondavo i tuoi desideri

no, papino…non mi piace nessuno

e questa era la mia copiosa recita. Papà non eri un mio amico con il quale mi confidavo, la mia migliore amica era la mamma. Papà eri la mia certezza, il mio bastone, la mia aria. In tanti anni non ho mai trascorso una giornata senza il tuo buongiorno mattutino, il tuo controllo giornaliero su tutti i miei movimenti, senza ascoltare la tua voce. La sento nella mia testa, ti cerco disperatamente in tutta la casa, cerco la tua presenza, mi dispero per la tua assenza. Sono la tua sposa, papà. Un matrimonio che dura oltre la morte. Porto al dito l’anello con le tue iniziali che mi hai regalato in uno dei mille, milioni atti di tua generosità nei miei confronti.

Ce l’ho incollato al dito…guardo le iniziali incise “FC”, fiera di essere stata e continuare ad essere figlia di un grande uomo, il mio papà, il mio sposo. Sono la figlia di un uomo con il cuore immenso. Sono vittima felice di un amore unico e straordinario, morboso ed esclusivo. Non mi importa quali altri tipi di amore incontrerò nella mia vita, sono una donna fortunata che ha conosciuto il più grande ed insostituibile. Tutti sapevano che avrebbero potuto bussare alla nostra porta e sarebbero stati i benvenuti e se avessero avuto bisogno sarebbero stati aiutati da te con tutti i mezzi, in tutti i modi. La nostra casa era un porto di mare, gente che entrava e gente che usciva. Tu e mamma eravate il collante di una città piccolo-borghese che non si annoia, che trova la goliardia in una riunione a casa nostra per ridere, scherzare o semplicemente per ascoltare l’uomo che sa tutto di tutti. Tu.


"L'AMORE E LA MORTE, DUE ESPERIENZE CAPACI DI SCONVOLGERE UN'ESISTENZA" di Elvira Ciacci - Editore Fernando Ciacci

Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.

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