BIOGRAFIA AUTORE
Fabio Filadelfo Centamore è nato a Lentini (Siracusa), nel 1968. Studia Scienze dell'Informazione (ora Ingegneria Informatica) e Filosofia all'Università di Pisa fra il 1987 e il 1994, attualmente lavora e vive in provincia di Firenze. Le prime pubblicazioni nel campo della narrativa risalgono al 2009 con l'antologia di racconti “Alle Sett’Albe”. Del 2010 è il primo romanzo, “L’origine” . Una nuova raccolta di racconti, “Luna Park”, esce nel 2013 e nel 2014 Lettere Animate pubblica il romanzo breve “Lotto117”.
Proprio dal 2014 inizia la sua collaborazione con Delos Digital come traduttore nella collana Biblioteca di un sole lontano. Traduce autori importanti quali Robert Reed, Robert Silverberg, Kristine K. Rusch e Mike Resnick. Nello stesso anno collabora anche con la casa editrice Multiplayer curando l'edizione italiana del romanzo “La ragazza meccanica”, di Paolo Bacigalupi. Nel 2015 esce da Unreal Books la terza antologia di racconti, “Sogni Alieni”. Ha scritto e pubblicato anche diversi racconti in inglese sulla rivista Galaxy's Edge diretta dal plurivincitore di premi “Hugo” Mike Resnick.
PRESENTAZIONE
Caro Lettore,
Siracusa, Sicilia orientale, appena qualche decina d'anni avanti nel tempo. La guerra fredda USA – URSS non si è mai sopita, si è trasformata in una concorrenza sleale e acerrima su ogni campo. Dall'economia alle innovazioni tecnologiche, i due giganti non si risparmiano colpi più o meno leciti. Le spie sono dappertutto, i brevetti, le invenzioni e le nuove conoscenze sono il nuovo petrolio, la ricchezza più ambita. La Repubblica italiana è stata travolta da uno scandalo politico senza precedenti, l'Italia è ridotta a stato satellite americano come l'Unione Europea. Restaurati al potere dagli USA, i Savoia hanno ripristinato il vecchio Regno d'Italia e rimesso in piedi uno stato di polizia in cui le opinioni politiche dei cittadini sono sottoposte a rigida censura. In nome del capitalismo e del benessere economico si è sacrificata una buona fetta dell'autonomia nazionale.
In questo quadro a tinte fosche si muove Teo Mallia, musicista jazz siracusano che ha una dote particolarissima: riesce sempre a trovare le persone scomparse. Un po' per fortuna, un po' perché sa fare le domande giuste, chissà... Stavolta, però, la ricerca lo porta a “pestare i piedi” alle persone sbagliate, invischiarsi in affari molto più grossi di lui. Una girandola di complotti e situazioni pericolose attende Mallia, sulle tracce del geniale inventore scomparso Ennio Nobile, in una Siracusa notturna e infida come le sabbie mobili.
Buona lettura…
LUNGO LA NOTTE
Cap. 1
Non era l'alba, non ancora. Nell'aria, però, si sentiva già il suo sapore insieme al profumo intenso della salsedine e alle grida acute dei gabbiani.
Minuscole e pigre, le scintille del primo sole correvano nell’atmosfera buia. Veloci e insistenti come note di un assolo di chitarra, come suoni che si torcevano fino a toccare anche le corde dell'anima. Così appariva il cielo di Ortigia lungo la notte. Barlumi, semplici intuizioni di luce, si stiracchiavano lenti verso il buio vago e screziato. Stentati appigli di sole, percettibili più dalla fantasia che dagli occhi. Presto sarebbe stato giorno. I vicoli e le facciate barocche, i luoghi su cui un tempo avevano passeggiato Platone e Archimede, si sarebbero arroventati di effluvi marini e candide sabbie portate dal raro vento di fine settembre. Rapidi turisti, impiegati, gente comune intenta in ogni genere di affare avrebbe sciamato fra quelle antiche pietre, spremuto sudore e pensieri di ogni tipo. Ma non ancora. L'alba era solo mia.
Giunse il momento di lasciarla cantare. Fra le mura spagnole e le antiche rovine greche, Olivia si lasciò adagiare contro le mie labbra. Liscia, fresca, così sensuale. Sfiorai le prime note basse, dolcemente, con una piccola punta di lingua. Poi sempre più acute, strazianti, le minuscole note iniziarono a cavalcare l'aria verso il sole ancora non nato o, forse, verso l'oscurità in via d'estinzione. Afferravano ogni minimo filamento di brezza. Rapide e strascicate fra le mie labbra vibranti, pieghe sempre più increspate dal crescendo. Infine, ecco che sfumavano dolci verso l'orizzonte marino. Solo un attimo, un lento impossibile attimo, prima di riprendere a crescere e salire di tono. Gemeva la piccola, modulava piano. Cadenzati, preziosi picchi da contralto. C'eravamo quasi. Aspirai lentamente l'aria salata combinando sol e fa. I gemiti di Olivia si fecero acuti, sempre più, fino a raggiungere i tetti delle case, le persiane polverose e sgangherate, le sparute barche di pescatori ancora in mare. Toccarono il cielo una, due, tre volte. Lasciai che si spegnessero nell’umido, madido, discreto scenario del lungomare.
Qualcuno applaudì. Voltai le spalle riponendo l'armonica nella giacca.
“Tu sì che fai godere le donne. Peccato che lo fai solo con la musica,” disse la spettatrice sorridendo. Il candore dei denti le illuminò il viso bruno come la notte, la pelle color ebano traeva lucide faville dall'aria salmastra. Corti capelli neri, come gli occhi. Quasi buie macchie d'inchiostro sulla liscia superficie ebano del volto. Era l'eterno contrasto delle donne africane, capelli e occhi nero pece contro denti candidi come neve. Fasciata nell'elegante vestito corto tempestato di tenui figure cangianti, sembrava perfino ancor più sfuggente e misteriosa della notte che stava per svanire.
“Chiunque tu sia, buongiorno,” le replicai ammirandone il corpo esile e privo di sbavature, inguainato nel succinto abitino. “Sei tutta sola?”
“Pof!” Sbottò riavviandosi una ciocca pendente dietro l'orecchio. “Per oggi ho dato abbastanza a turisti e mariti insoddisfatti, quindi ora riposo.”
“Hahahaha... Tanta sincerità merita una buona colazione, posso offrire?”
“Merito anche un marito europeo come te, non la patente di protezione dello stato.” Sentenziò scurendosi in volto. Fu solo un lungo attimo di imbarazzo, poi tornò a sorridere. “Portami al bar, ti prego.”
“Hai mai visto quest'uomo?” Le chiesi mostrando l'immagine che mi portavo nello smartphone ormai da qualche notte.
“No, mai visto. Scappato dalla moglie?”
“Come fai a dirlo?”
“So riconoscere due tipi di uomini, quelli che scappano dalla moglie e i pervertiti. Lui non ha la faccia del pervertito, ha gli occhi buffi come i tuoi,” rispose storcendo di lato le belle labbra carnose.
“Questa non me l'aveva ancora detto nessuno. E che vuol dire occhi buffi?”
“Occhi che guardano fuori dal mondo reale. Occhi da sognatore.”
Mi scappò da ridere mentre scuotevo la testa. “Così finisce che ti sposo davvero.” Le dissi fra i singulti.
“Sei di quelli che lo dicono sempre e non lo fanno mai, come tutti gli altri uomini.” Ribatté tornando seria per la seconda volta. “Tu, però, almeno suoni l'armonica e sai carezzare un cuore.”
“E offro anche la colazione alle prostitute che sanno farmi simpatia, mi chiamo Teo.”
“Occhio, Teo! Sono affamatissima dopo una notte di lavoro. Ti consumo un patrimonio di brioches e granite.”
“Granite, brioches calde e bella compagnia. Mai patrimonio fu consumato con più piacere.”
Mi ringraziò con un bacio in fronte, come se le avessi proposto un viaggio premio. Si appese al mio braccio e si lasciò accompagnare lungo la salita, verso la piazza. Tremava. Eppure non c'era freddo e l'alba era così dolce e fresca da risvegliare le menti e rianimare i cuori. Potevano essere tremiti di paura (non era proprio normale trovare una prostituta patentata in piena Ortigia, a quell'ora) o semplice sollievo per la fine dell'ennesima notte di uomini. Stavo per caricarmi addosso l'ennesimo vagone di guai in formato femminile? Mi accadeva fin troppo spesso, incerti del mio mestiere di vivere. Qualcosa mi diceva che sarei presto finito a chiederle di dormire nella mia reggia. Dopotutto, c'era spazio per un piccolo reggimento in quella specie di castello.
Una villetta di centocinquanta metri quadri, circondata da ampio e rigoglioso giardino, fuori Siracusa e adiacente alla zona protetta del Plemmirio. Ampia camera da letto signorile con bagno annesso, un bellissimo studio biblioteca, tre confortevoli camerette, patio sul giardino e luminoso soggiorno. Nulla che mi appartenga realmente, un generoso regalo del conte Carlo Maria Aurelio Impastato Alaimo, grand'ufficiale del rinato Regno D'Italia e senatore emerito dell'Unione Europea. Ho sempre pensato che sia un regalo sproporzionato e poco adatto a me. Dopotutto, sono un banale suonatore di jazz. Frequento locali notturni di secondo ordine, dormo poco e scialacquo tempo. Uno, insomma, che vive costeggiando i margini e le periferie dell'antica e signorile Siracusa, la crema del Regno. Dove vivo io non si vedono di buon occhio le cravatte, la buona posizione economica, una moglie e una famiglia magari. Sono la mosca nella torta di crema, uno che vive alla “come viene viene”. Uno così la luce del giorno la frequenta poco e malamente perché l'ha sempre trovata scialba, di poca sostanza, inutilmente illusoria. Uno fatto così poco ha a che fare con le persone normali, con le case enormi e con le ricchezze. Però, anche per uno del genere, non è considerato giusto rifiutare simili doni quando vengono offerti. Soprattutto se chi li offre ha un debito fin troppo grosso da colmare, con la propria coscienza più che con il sottoscritto. Il motto di uno come me è sempre stato lo stesso, in fondo. Mai farsi comprare da un banale pacco di soldi, se puoi scroccare favori a vita.
Maestosa nel suo miscuglio di architetture, la piazza era assolutamente deserta. Vuota e rischiarata appena da una luce livida, poco accennata. Il cielo era ancora nero e umido del solito, sconosciuto, umore salmastro e persistente. Ci sedemmo all'unico tavolino già apparecchiato dell'unico bar aperto. Aspirai il profumo pungente dell'aria marina, mi resi conto che il monotono sciabordare della risacca arrivava fin lì. Che cosa incredibile! Ennesima nottata sconclusionata.
“Granita e brioche, signor Mallia?” Esordì il ragazzo del bar.
“Certo, Pippuzzu. Per me e la signora stavolta. Ah, senti... ma come fai ad essere così inappuntabile a quest'ora?”
“Sempre spiritoso lei,” concluse allontanandosi.
La mia nuova amica mi appuntò addosso i suoi occhi bui accavallando le lunghe gambe luccicanti, lo spacco fece quasi svanire il vestito già corto.
“Signor Mallia...” Sussurrò abbassando il tono di voce fin quasi a imitare il rantolio di un gatto.
“Il mio cognome. Tu un nome non ce l'hai?”
“Majka, mi chiamano tutti così.” Rispose secca. Scrollai le spalle, qualsiasi prostituta, patentata dallo stato o meno, aveva sempre grossi problemi a presentarsi per nome. “Lo cerchi da molto?”
“Chi?”
“Il tuo amico, quello della foto”
“Solo da un paio di settimane. Si chiama Ennio Nobile, la moglie lo rivorrebbe a casa ma io non sono ancora riuscito a trovarne la più piccola traccia.” L'immagine vivida dal televisore gigante del bar catturò la mia attenzione. Si trattava dell'ennesima replica dello sbarco cinese su Marte, i televisori dell'intero Occidente ne erano pieni ormai da giorni e non c'era angolo di Siracusa in cui non se ne parlasse. “Diciamo che la cosa mi inquieta, sembra svanito nel nulla.” Ripresi distogliendo lo sguardo dalle pietraie del pianeta rosso, la politica mi aveva sempre annoiato. “Di solito, quando decido di mettermi in caccia, avverto la traccia del mio ricercato quasi come un odore inconfondibile.”
“Pof, forse è giusto così.”
“Che vuoi dire?”
“Se avessi un marito e scappasse di casa, mi cercherei subito un altro uomo. Forse per sua moglie è meglio se non lo ritrovi.”
“Io so solo che la cosa comincia ad annoiarmi. Che posso farci? La signora, però, continua a insistere. Dice che di sicuro lui è qui, a Siracusa. Dovrei mollare le ricerche. Invece eccomi qui, a perdere tempo senza sapere cosa fare e senza riuscire a rinunciare. Ma che te le dico a fare 'ste cose? Non so nemmeno perché ti parlo dei fatti miei.”
“Forse non lo fai per la signora, magari lo fai per qualcun altro.”
“Sei quasi inquietante.” La rimproverai irrigidendo la schiena sulla gelida spalliera metallica. “Ma chi sei, una specie di maga? Te l'hanno insegnato nel posto da cui vieni a leggere dentro la gente?”
Non mi rispose, si limitò ad allargare le labbra carnose in un ampio sorriso prima di tuffare il naso nel bicchiere di granita.
La noia nauseabonda riprese a montare insieme alla luce del giorno, senza che la fragranza di burro della brioche o la dolcezza algida della granita potessero mitigarne il sapore amarognolo. Majka la misteriosa aveva colto nel segno, ero arrivato a quella situazione di stallo per colpa di Nicola e solo per lei. Tutti hanno dei punti deboli, il mio è lei. Stanga, rossa, occhi verdi, elegante, irlandese di Galway. Adorava il jazz, viveva di musica organizzando concerti notturni con artisti locali. Mani in pasta con tutti i locali più interessanti di Ortigia e dintorni, sposata con uno stronzo molto più vecchio, uno degli americani più potenti di Siracusa. Questa è Nicola, il mio agente musicale, la mia ex. Forse era la crescente amarezza che mi impastava la bocca, forse solo il senso di sconforto di quel mattino. Io, però, a distanza di anni ormai, continuavo a definirla sempre e solo “fallimento”. Qualcosa prese a ronzare nella tasca interna della mia giacca. Non era proprio un ronzio sonoro, piuttosto un ronzio misto a vibrazione persistente. Non era Olivia, la mia armonica riposava inerte. Si trattava dell'altra bestiolina, quella super tecnologica scroccata all'illustre senatore e nobiluomo Impastato Alaimo. Gualtiero, uno smartphone Hangmei non predisposto per la visione olografica (in collegamento olografico, le persone sembrano fantasmi ed io non amo parlare con i fantasmi), non mi stava affatto simpatico, lo odiavo anzi. Quella mattina, però, con mezzo disco di sole che già faceva capolino fra i palazzi dagli elaborati fregi barocchi, mi salvò insperatamente dai soliti cattivi ricordi. Tirandolo fuori mi accorsi, infatti, che l'icona dei messaggi lampeggiava allegramente distraendomi da qualsiasi pensiero malato. Avevo appena ricevuto una email risalente alla sera del giorno prima. Possibile che una tecnologia che non si concede mai riposo, nemmeno quando il mondo dorme, ritardasse così la consegna di un banale messaggio? Mi affrettai ad aprire il messaggio, una serie di caratteri ben marcati e rotondi si compose veloce sotto i miei occhi sgranati.
La prego di contattarmi appena le è possibile, vorrei incontrarla per l'ora di pranzo. Ho qualcosa per lei. Agata Crifò Nobile.
“Problemi?” Chiese la mia nuova amica asciugandosi le labbra umide di granita.
“Fastidi, Majka. Inutili fastidi. La signora tira le redini, vuole novità ed io non so che dirle.”
Il televisore gigante emise un rombo prolungato e costante. Dalle pietrose sabbie di Marte, la Xiezi Sha VI si apprestava a far decollare il piccolo velivolo da esplorazione Mafeng dal piccolo hangar sulla sommità dell'astronave. Osservai per qualche secondo quel piccolo oggetto tozzo e bombato, una sorta di sgraziato calabrone privo di ali, mentre si staccava goffamente dal suo ancoraggio. Poi la noia ebbe il sopravvento. Se la notte era stata inconcludente, la giornata si apprestava a diventare peggio di una trappola bollente. Girai la testa e fissai lo sguardo sul sorriso illuminante di Majka, quindi sulle sue lunghe gambe nere, luccicanti e in bella mostra.
"LUNGO LA NOTTE" di Fabio C. Centamore - Editrice DELOS Digital
Caro Lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.