BIOGRAFIA AUTRICE
Silvana Famiani è nata a Napoli. Diplomata alla scuola d'Arte di Torre del Greco, pratica l'arte indiverse sue forme, dalla pittura alla scrittura. Con il gruppo Albatros Il Filo, ha pubblicato nel 2011 il suo romanzo d'esordio "Kocci di vita". Nel 2014 la raccolta di poesie Putti, Pulci e Pulcinelle. Ed infine "Cara Emma" che vuole essere un fisiologico prosieguo del primo romanzo, col quale condivide l'aspetto nodale.
PRESENTAZIONE
Caro Lettore,
ripercorrendo la storia d'amore tra i suoi genitori e avvalendosi del prezioso aiuto delle lettere intercorse tra i due fidanzati, tristemente separati dalla partenza del giovane Carlo per il fronte, Silvana Famiani racconta tutta la tragicità della Seconda Guerra Mondiale: i quotidiani orrori sotto gli occhi dei soldati, le lacerazioni sofferte dalle loro famiglie, le interminabili e dolorose attese, le paure, le speranze, gli insopportabili silenzi.ù
La storia genera sconcerto e aberrazione, riflessioni profonde su quello che è stato si mescolano agli inquietanti e funesti presagi proiettati dal presente sul futuro e si solleva una voce piena di indignazione e rabbia, cui il lettore non potrà che unire la propria.
Pagine piene di dolcezza e commozione, che riescono nel paradossale intento di parlare d'amore rievocando la brutale violenza del Nazifascismo, e viceversa, di combattere l'odio e la discriminazione con la sola arma dell'amore.
Buona lettura...
CARA EMMA
Introduzione a cura dell'Autrice
Il mio libro vuole essere un omaggio ai miei genitori, che non hanno toccato certo l'apice della perfezione, anzi hanno percorso le impervie vie dell'esistenza, recando con evidente affanno un grave bagaglio carico di debolezze e difetti e inesperienza, ma devo dire soprattutto di pregi e virtù e profondi valori. Ed è proprio per ciò, per il loro modo di essere "semplicemente umani" che li ho amati, e li amo profondamente. Cos'è che mi ha spinto a scrivere di loro e del loro amore? Ho voluto trascrivere qui un pezzetto del loro vissuto, un amore costretto, epistolare; un amore scritto, un amore letto, un amore tra le righe, un amore di carta e notti insonni, un fiume d'inchiostro per dire "ti amo".
Ho voluto riportare su questi fogli i loro sentimenti, immergendoli in una danza melodiosa e a tratti forsennata, languida e struggente, calma e tormentata. Lettere d'amore e di guerra... che svelano una passione forzatamente repressa, che rivelano un ardore genuino, che raccontano di un amore spezzato, violentato dalla pazzia umana, da quella folle mostruosità, da quella cosa orrenda nomata "guerra". Guerra, amore...stupro mortale!
E bombe e rifugi e dolore e prigionia, e fame e morte e sofferenza, devastano anima e pensier e il tutto è sempre partorito dalla smania di potere, da menti insane e de-menti...
Tramite loro, attraverso il loro semplice e profondo amore, contrasto e combatto a spada tratta, usando l’unica arma che ho, “un amore costretto”, per colpo ferire, per cavalcare urlando contro l’assurda malignità schizofrenica e il dis-amore, degne figlie dell’odiosa guerra.
Che giunga chiaro il mio messaggio di allarme a quelle generazioni che la guerra l'hanno letta solo sui libri o vissuta attraverso la vetrina “colorata” di uno schermo; quelle generazioni alle quali la sua vera e abnorme tragicità giunge in modo fittizio, deformata dal non-vissuto, falsata, opacizzata, deviata da chi subdolamente cerca di passare il messaggio che le armi possono essere intelligenti, dotate di poteri tali da farle agire, “cioè ammazzare”, con “precisione chirurgica”… ma dài!
E così ecco che tutta la grave e concreta drammaticità dell’odiosa guerra può ridursi pericolosamente in realtà virtuale.
Purtroppo però, le brutture e tutta la moltitudine d’implicazioni nefaste che inevitabilmente scaturiscono da ciò che essa è, sono concretamente reali.
Che arrivi come monito la mia irrefrenabile negazione, e s’imprima a chiare lettere nel cassetto della memoria; che si intenda forte e chiaro che è da evitare, che “guerra” è sinonimo di “rovina”!
Perché ho scritto della guerra?
È stato il forte desiderio di esternare tutta la mia preoccupazione per quel che oggi accade nel mondo; mi guardo intorno e quel che vedo non mi piace; vedo cose negative, cose che non preannunciano nulla di buono. Mi arrivano segnali di preludio, tutto sembra combaciare, vedo un vecchio puzzle, un puzzle antico come il mondo che pezzo-pezzo si ricompone sempre e sempre porta laddove è dolore e tragedia; sì, sto parlando della maledetta guerra.
Umanità guarisci dalla cieca indifferenza, strappati dagli occhi quel velo d’invisibile e guarda, vedrai tragedia e scempio proprio lì, davanti a te. Sturati le orecchie e ascolta, udrai un sordo lamento, lascia che giunga al tuo cuore.
Usalo il cuore, fa’ che non avvizzisca, libera la mente e la ragione, scatena la tua anima e corri ardita; abbraccia e sii felice, è l’umanità tua stessa che ti implora!
Mio obiettivo primario è rendere palese il mio personale diniego a tutto ciò che è violenza, la mia più totale esecrazione per la sopraffazione e il mio cocente desiderio per l’altrui libertà; vorrei che tutti potessero godere appieno del sacrosanto diritto di vivere e amare serenamente!
Cosa meglio poteva servire a tal’uopo se non lo scritto delle missive “autentiche” di Carlo a Emma? Alla violenza non rispondo con un sinonimo, ma con l’evidente contrasto della semplicità, grido decisamente il mio no, contrapponendo il bianco al nero, cromaticamente parlando.
Certo le parole di uno scritto, per quanto significative e importanti, non potranno mai rendere completamente la disumanità della guerra, del suo vissuto.
È comunque nella mia utopistica speranza, che mai più debba capitare occasione di ritrovarsi in situazioni così illogiche, così antitetiche alla vita. Ho cercato di ricreare con il mio libro, quella realtà ormai passata, quel micidiale pezzetto di storia ormai trascorso ma pericolosamente sempre in agguato, pronto a ripetersi, bomba innescata, malevolo ordigno perennemente disposto a scoppiare, per distruggere e annullare ciò che di buono si è costruito.
No, proprio non riesco ad accettare che l'umanità sia così stupida da ritrovarsi in situazioni che possano ferirla mortalmente. E invece con cronologica puntualità ci riesce sempre, ed egregiamente!
Anziché sfruttare l'immenso potenziale che possiede per migliorare l'inestimabile dono della vita, è capace immancabilmente, e devo dire con grande maestria, di autodistruggersi e questo no, proprio non lo sopporto!
Vorrei tanto riuscire a strappare dal reo silenzio il mio grido di apprensione, vorrei tanto risvegliare la ragione.
Vorrei arrivare col mio urlo d’inquietudine in fondo all’anima e fino al fondo più profondo del cuore.
Vorrei che non dimentichi di un passato, ci si ricordasse del futuro!
Vorrei non fosse solo un sordo ululato alla luna!
Chiedo scusa a coloro che mi leggono, ma il materiale da cui ho attinto il mio scritto è tutto originale, e quindi usurato dal tempo.
Chiedo perdono ai miei genitori se in qualche modo ho arrecato loro involontariamente offesa.
Ho voluto presentarli da protagonisti mostrandoli ad esempio, palesando, portando alla luce del sole quella che è stata la loro storia vera, pulita, intrisa di quella genuinità che li ha resi esseri umani normali, che legittimamente avrebbero voluto vivere la loro vita in armonia e serenità; amarsi, amare i figli e godere la quotidianità in pace.
In quelle loro missive permeate d’amore e di guerra, ho trovato un mare di dolore, e ansia e inquietudine e paura, e apprensione e smarrimento, e poi amore e desiderio e gelosia, e carezze e lacrime e baci… e ancora lacrime.
Ho trovato un frammento di vita, racchiuso in quelle lettere; un fiume d’amore e tormento, il film di un antico vissuto proiettato tra dolori e rovine. Quelle lettere di un tempo andato, ingiallite e consunte, belle, bellissime, mi hanno raccontato di un amore abusato dall’assurda imbecillità umana, quella stessa che può rendere possibile una cosa inconcepibile e orrenda come la guerra.
La guerra è una ferita che l’uomo si auto infligge, la guerra è figlia della follia, quella follia che acceca e costringe all’autolesionismo!
Quante volte, immersa in quel tempo remoto, tra quelle buste odorose d’antico… ho visto aprirle da mani tremanti di emozione.
Quante volte ho vissuto sulla mia pelle la passione di chi le ha lette e lette ancora… e poi ri-lette.
E quante volte le ho richiuse e riposte dolcemente immaginando l’inquietudine di chi prima di me le ha chiuse con amore e poi riposte in un angolo del suo cuore!
Il tempo è inesorabile, va, scorre senza ripensamenti, e su tutte le cose al suo passare lascia un’antica e polverosa, ma sempre così fascinosamente accattivante orma di lontano, di remoto, di vecchio, di futuro ormai passato!
Ed io dal futuro leggendo quelle missive, rendevo mio quel terribile passato fatto di guerra; e ho guardato negli occhi il dolore, e ho trovato pena e tormenti. E ho visto l’umanità bere il siero della presunzione, e confidarsi con la stoltezza e consultarsi con l’idiozia… e poi agire con assurdità!
Bisogna che il presente si affacci a quella finestra, ma sappia anche guardarsi intorno; bisogna che veda, che apra gli occhi e veda, non solo quel che fu, ma anche e soprattutto quel che è, quel che oggi accade… io ho guardato e quel che ho visto non mi è piaciuto… no, non mi piace!
L’uomo sotto la divisa ha un cuore che batte, e una sua vita da vivere!
Che mai più, sia considerato un numero da poter cancellare!
Quell’uomo che sia convinto di essere in diritto di disporre della vita altrui, che creda di poterlo fare, che dichiari sfacciatamente di essere un “superuomo”, dimostrerà con ineluttabile certezza la sua demoniaca natura, e la sua folle pazzia!
CARA EMMA di Silvana Famiani - Edizioni Albatros Il Filo
Caro lettore, arrivederci al prossimo appuntamento letterario.