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La teoria del tutto

Per quanto sembri brutta la vita, finchè c'è vita c'è speranza

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Cari lettori, benvenuti a questo nuovo appuntamento cinematografico della rubrica Lo Sguardo Indiscreto della Settima Arte.

Sapete bene che, essendo appassionata di home video, solitamente mi piace scrivere le mie riflessioni sui film solo dopo averli rivisti a casa (con tanto di stop e rewind...), ma questa volta voglio condividere i miei pensieri dopo un'unica visione nel grande schermo dieci giorni fa.

La pellicola che oggi passa al vaglio della mia “penna tagliente”, La Teoria del Tutto, racconta di una storia d'amore che nasce nella nobile Cambridge tra Jane e Stephen, la prima una studentessa di lettere cattolica e praticante, il secondo un fisico secondo cui la cosmologia è la religione degli atei intelligenti.

Ci troviamo, dunque, di fronte allo sbocciare di un sentimento tra due mondi opposti che, come talvolta capita quando le calamite sono molto forti, si attraggono in un modo così ficcante che niente può allontanarle.

Stephen, a differenza di molti suoi colleghi, non era misantropo né tantomeno si sentiva smarrito: era portatore di una orribile malattia, la Sla, alla quale ha resistito conducendo una vera e propria battaglia.

Personalmente, è dal 2013, ed in particolare dall'interpretazione magistrale del bellissimo Matthew McConaughey in "Dallas Buyers Club", che non si è più visto nelle sale niente di così emozionante.

Sono rimasta letteralmente esterrefatta dalla bravura di Eddie Redmayne, e non credo di osare troppo nel dire che si tratti di una delle recitazioni di personaggi maschili più performanti degli ultimi anni.

Per calarsi nei panni di Stephen, infatti, ha innanzitutto perso qualche chilo e successivamente, si è sottoposto ad un allenamento molto intenso con un coreografo, al fine di imparare a fare i movimenti tipici della malattia invalidante.

Ha studiato per mesi e mesi alcune tabelle contenenti l'indicazione dei muscoli che, di volta in volta, avrebbero dovuto atrofizzarsi ed ha incontrato circa quaranta pazienti affetti da Sla.

Sono queste le interpretazioni di cui il cinema dei giorni nostri ha bisogno.

Si ha la necessità di vedere attori che, per interpretare un personaggio, non restano a guardare e ad annusare i suoi panni  cercando di capire come potrebbero stare loro addosso e restando pertanto ad un livello puramente ipotetico, bensì prendono quei panni e li indossano davvero, per avvicinarsi al massimo livello di comprensione e percezione dello stato d'animo interpretato.

Ecco che solo così l'arte da forma ad una sostanza, esprimendo tutta la sua magnificenza.

Ecco che, così facendo, lo spettatore non ha più la percezione di guardare un attore che recita un copione, bensì vede soltanto una persona con la sua vita da raccontare.

Ma, ahimè, si tratta di eccezioni grazie alle quali possiamo comunque prendere atto del fatto che tanta meraviglia è possibile.

Elogi a parte, devo dire che le mie aspettative sul film sono rimaste deluse.

Auspicavo, infatti, a conoscere più da vicino, un genio quale è Stephen Hawking ma devo dire che le sue illuminanti e rivoluzionarie teorie astrofisiche non sono state minimamente approfondite nella pellicola.

Mi aspettavo che venisse data la priorità alla mente illuminata di Stephen, piuttosto che ai suoi limiti fisici conseguenti alla malattia.

Ma, ancora una volta, ha prevalso la voglia dell'essere umano di concentrarsi su ciò che è doloroso e lacrimevole,( un modo di pensare contro cui io combatto quotidianamente nella mia vita), tutto al contrario rispetto a quello che Stephen avrebbe voluto per sé e per gli altri.

Mi sarebbe molto piaciuto che venisse dato maggior rilievo all'immensa forza del protagonista, che è stato capace di sfidare qualunque avversità, senza lasciarsi mai andare al volere della malattia. Ma, evidentemente, per gli autori, vi era un progetto diverso.

La regia è densa di idee brillanti, come la scena del girotondo che non vi anticipo, così che possiate goderne pienamente.

Bella la fotografia e piacevole la colonna sonora curata da Jóhann Jóhannsson.

Ne consiglio la visione a chi avesse voglia di vedere una bella storia d'amore che infrange tutte le teorie astrofisiche, sfidando persino la morte.

A chi invece, come me, auspicasse alla conoscenza di Hawking, consiglio di approfondire attraverso letture e studi sulle sue elaborazioni rivoluzionarie.

Vi auguro una buona visione e vi aspetto al prossimo appuntamento con Lo Sguardo Indiscreto della Settima Arte.

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