Da Viale Matteotti, costituito allora da un’unica corsia, iniziava nel 1956 Via Magenta e, dopo le nostre case appena costruite, terminava con una piccola barriera di cemento bianco, dietro la quale sorgevano intere montagne di terra ricavate per le fondamenta. Oggi, in quello stesso punto, sono ubicati i primi e unici semafori di Via Magenta.
La nostra casa era in un gruppo di tre: ogni palazzo cinque piani, senza ascensore, due scale per ogni casa, contrassegnate dalle lettere dell’alfabeto. Noi eravamo nella scala B. Le case avevano, e hanno tuttora, un recinto perimetrale di due muri e due cancellate. Su un lato esterno di uno di questi muri, ho trovato il primo busillis della mia vita : con vernice nera c’era una scritta a grandi caratteri “Nemo me impune lacessit”(*) e ho dovuto studiare latino per poterla comprendere.
Entrando dal cancello principale, a sinistra, c’era e c’è ancora, la portineria e varie aiuole tra le tre case. C’era anche, sul retro della casa di mezzo, il lavatoio,un edificio basso, con una fila di vasche per lavare i panni e, ai due lati all’esterno, spazio e pali di ferro con i fili per stendere la biancheria. Quando noi bambini giocavamo a nascondino, il lavatoio era l’ultimo rifugio su cui ripiegare, se non occupato dalle nostre madri per il bucato.
L’appartamento a noi assegnato era diverso e piu’ spazioso di quello di Restellone. La differenza piu’ importante era la vasca da bagno che andò a sostituire il capiente mastello di legno utilizzato da mia madre per la nostra igiene personale e per il bucato. Gli inquilini che abitavano con noi in Via Magenta erano cittadini sestesi originari da diverse regioni. Nel mio cortile di Restellone quando sentivo cantare, o
canticchiare, peraltro solo da donne, sentivo le canzoni in voga allora, divenute familiari nel tempo, ed erano perlopiu’ : “Grazie dei fior”, “Vola colomba bianca vola”, “Vecchio scarpone”, “Olandesina mia fanciulla divina”, “Nel 1919,vestita di voile e di chiffon”, etc.
Invece qui e in modo particolare la famiglia del primo piano, vicina a noi sulla destra, suonava tutto il giorno ( giradischi ?) canzoni davvero incomprensibili. Solo dopo tanti anni ho scoperto che erano le belle e divertenti canzoni di Renato Carosone : “Prenditi nà pastiglia”, “A
sonnambula,” Guaglione, “ Torero”, “Tu vò fà l’ammericano” e altre, ma la mia passione era “O Sarracino”. Non ne capivo nemmeno una parola, ma il ritmo della musica era davvero una calamita inesorabile, tanto da tentare di interpretarla, un poco alla volta.
A nove anni stavo scoprendo nuovi scenari di vita, nuovi lessici familiari e anche un mondo tutto nuovo di canzoni.
(*) Nessuno puo’ offendermi impunemente