Un po’ alla volta sono comparsi i negozi : prima fra tutti il panettiere, e di loro, di origini bergamasche, sono riuscita a conoscerne tre generazioni: il pater familias, i figli e i nipoti.
Attualmente il negozio, dopo essere diventato un piccolo supermercato per diversi anni, è stato definitivamente chiuso. E’ arrivata poi la lattaia e il ragazzotto, figlio della proprietaria, vedendomi cosi’ ignara, la prima volta che sono stata mandata a comprare le uova, mi ha chiesto se le volessi con o senza il pulcino, creandomi non poco imbarazzo per la risposta.
Il latte era quello della Centrale del latte di Milano, allora c’era solo quello. Quando lo consegnavano alla latteria lo prelevavano dal retro del camion, alzando una saracinesca di ferro rumorosissima, e scaricavano a terra le bottiglie in gabbiette di ferro altrettanto rumorosamente. Le bottiglie erano di un vetro grosso, venato, il collo largo, il tappo era fatto di stagnola e mi sembra di ricordare che sul vetro ci fosse raffigurata in rilevo forse un viso di donna, un tondo, come un medaglione. Oltre al latte e alle uova, la negoziante vendeva formaggi e lo
yogurt era quello della Yomo. Lo compravo sempre a malincuore perché lo detestavo per via del sapore acidulo. Mio padre diceva che non lo si doveva assolutamente zuccherare per non annullare le proprietà dei fermenti lattici.
Ora, al posto della latteria, c’è un negozio di riparazioni di piccoli elettrodomestici, gestito dal figlio del ragazzotto che mi prendeva
bellamente in giro per via dei pulcini. Dopo sono arrivati anche gli ortolani in Via Magenta : famiglia del Sud numerosa e con ortaggi che non avevo mai visto prima in vita mia (carciofi, enormi peperoni gialli e cime di rapa) e difficoltà a comprendere il loro parlare, almeno per i primi tempi. E poi vendevano anche dei bellissimi zoccoletti di legno con tomaia colorata, allegra, rossa, azzurra e la cosa piu’ importante era
che avevano un piccolo tacco e io, che iniziavo a crescere, non vedevo l’ora di acquistarne il paio azzurro, il mio primo paio di zoccoletti di legno!
Ormai sono tantissimi anni che anche l’ortolano non c’è piu’. Il macellaio, arrivato dopo, è durato poco tempo. Il negozio è stato trasformato abbastanza velocemente in un negozio di tintoria, da anni ormai definitivamente chiuso. Mia madre per la carne preferiva andare ad acquistarla in Via Cesare Battisti all’incrocio con Via Rovani. Ricordo ancora il negozio, ci sono andata anch’io, dopo sposata : il macellaio che stava dietro il banco, quando gli chiedevo la fesa ribatteva sempre “ah la francesa”. Il garzone avvolgeva la carne in una carta gialla, carta paglia, ho saputo poi, quella che una volta usavano tutti i macellai. La moglie del macellaio, bionda e ricciolina, stava alla cassa sulla destra e nello stesso angolo, per ingentilire il negozio, troneggiava un grosso vaso di Aspidistra, pianta allora abbastanza diffusa in questi negozi perché molto resistente e dotata di grandi foglie verdi e lucide.
Ora, dove c’era questa macelleria che ricordo ancora tanto bene, si vendono pane, pizze, focacce e dolciumi.