Mi sun nasu’ chi nei cà de ringhiera.
A ghèra sèmper tanta gent
dalla matina alla sera.
I don stendeven i pan quangh'era il
sul
se conuseven tutti
e te se sentivet mai
sul.
Mi seri un fiulin e in curtil andavi a
giuga'
me devertivi finché la me mama la tacava a
ciama'.
Marino “le prunt ven su a mangia' “
alura capivi che eren i set'ur e el me papà l'era
riva'
E me lamentavi nò quand'eri mala'
anche se me tucava anda' fora per anda' a
pisa'.
Ades finisi chi perché a scriv sun no
bun
quando me se apanen i ogg e me vèn el
magun
La casa di ringhiera – Traduzione di Mariarosa Bugini
Io sono nato qui nelle case di ringhiera.
C’era sempre tanta gente
dalla mattina fino alla sera.
Le donne stendevano il bucato quando c’era il sole,
ci si conosceva tutti
era bello perché non ti sentivi mai solo.
Io ero un bambino e andavo giu’ in cortile a
giocare
mi divertivo finchè mia mamma non iniziava a
chiamarmi.
Marino “ la cena è pronta vieni su a mangiare”
allora capivo che erano le sette di sera e che mio padre
era tornato dal lavoro.
E non mi lamentavo mai quand’ero malato
anche se mi toccava uscire di casa per andare
a fare pipi’. (*)
Adesso smetto perché non sono bravo a
scrivere
quando mi si appannano gli occhi e mi viene
il magone.
(*) Gli appartamenti delle case di ringhiera erano privi di servizi
igienici. All’estremità del ballatoio di ogni piano c’era un solo
servizio per tutti, chiamato “alla turca”.