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VITA QUOTIDIANA A DAHAB

Il "paesello" che mi ha aperto la mente

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Buona giornata, a voi un'altra pagina del diario inedito "Sempre per te scriverò", scritto per il luogo che mi ha assorbita nel suo fascino per quasi un quarto della mia vita :)

 

Di giorno nella cucina comune dell’albergo Full Moon mi lasciano usare il fornello per un caffè, mentre lo sdentato receptionist a quell'ora del pomeriggio canta come un pazzo vocalizzi stonati. Lui e i colleghi si preparano un pappone immondo con pane secco, acqua e riso. Non ci sono mai i soldi, né una vera cultura alimentare. Ma farei attenzione: educazione versus presunzioni di razza. E non può educare colui che non ha imparato a governare se stesso.


Tra l'arabo di base e i gesti ci capiamo benissimo e ridiamo come pazzi per niente, nella cucina spaziosa, estasiati dal sole perenne, di una felicità tanto più semplice quanto più intensa. Autentica, vera, felicità pura razza. Essere “stati fuori” dal sistema in cui si è nati, come me e Ali e Osama, è un grande privilegio. Non possiamo sprecarlo. Mi sento grata ai miei nuovi amici per avermi portata a vedere Dahab attraverso punti di vista e colori che mi ero persa la volta precedente.


Non siamo solo noi che dobbiamo “esportare” miglioramenti. Da “qui” dovremmo anche “importare” tante cose. Qui non è obbligatorio misurare la propria identità sul filo del mezzo minuto di ritardo al lavoro, non è obbligatorio scegliere la combinazione di colori giusta prima di uscire di casa, le calzature adatte, prendere una macchina per spostarsi, pagare la benzina per avere la libertà di muoversi... Se insieme qui a Dahab riuscissimo a unire questa preziosa libertà da schemi mentali nostri con la capacità di resistere alle fuorvianti tentazioni di luoghi in “stile caraibico” come questo, mantenendo un buon livello di autodisciplina e la lucidità sui propri obiettivi, credo che avremmo raggiunto una dimensione quasi ideale. Evitare gli abusi, evitare il lassismo e la perdizione, pur riuscendo a mantenere questo margine di libertà da un sistema di vuoti punti di riferimento, dietro il quale si nasconde il nulla.


Oggi, parlando con Osama e con altri due ragazzi che suonavano alla chitarra Paco De Lucia fuori dal loro negozio, per la prima volta ho perfino giustificato il mondo di terribili pettegolezzi e invasioni di privacy del paesello. L'anno scorso, mi feriva e mi amareggiava. “La gente di qui non ha nessuna forma di intrattenimento fuori dalle quattordici ore di lavoro...” Osama/Mike ha perfettamente ragione. Il cervello non può lasciarsi atrofizzare: per salvarsi cerca materiale utile da rosicchiare nella vita privata delle persone. Il male non è nelle persone che di questo sopravvivono. Il male è in gente come noi, se ti unisci al coro, o se giudichi con leggerezza situazioni non tue.

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