L'Ospite di oggi su Sestodailynews, cari ed affezionati lettori è Roberto Carlo Deri, antropologo, etnologo e scrittore. Un cultore della natura, fantascienza e letteratura per ragazzi. I suoi saggi sono molto conosciuti grazie ai seminari e ai corsi universitari che lo stesso Roberto Carlo tiene annualmente. Andiamo a conoscerlo da vicino, anche attraverso un'intervista che ci ha gentilmente concesso!
È stato docente di antropologia criminale, antropologia del mistero e medicine tradizionali e alternative. Si è occupato di neuro-scienze, omeopatia e varie forme di psico-terapia, fra cui lo psico-dramma e la scuola narratologica di Byron Good di Harvard. Tiene numerosi convegni, seminari, congressi e corsi universitari sul fantastico, il mistero e la letteratura per ragazzi quali fenomenologie socio-antropologiche. Come romanziere ha pubblicato “Londra 2060.
Fra il Grigio e il Verde” (Nocturna edizioni – Gruppo GDS). In veste di saggista “Dono e Mercato nel Mondo del Fitness” (Il Ciliegio Edizioni). È stato condirettore della collana Nocturna per GDS Edizioni. Attualmente insegna lettere ed è libero docente universitario. Ha un passato di vita avventurosa, simile a quella dei suoi personaggi.
Conosciamo questa disciplina?
"L'Antropologia criminale (letteralmente una combinazione dello studio della specie umana e lo studio dei criminali) è un campo di profili di reato, in base ai collegamenti percepiti tra la natura di un reato e la personalità o l'aspetto fisico dell'autore dello stesso. Naturalmente è una pseudoscienza, che inoltre si ispira molto alla frenologia, altra pseudoscienza. Questa pseudoscienza fu fondata da Cesare Lombroso che la applicò soprattutto come prova nel brigantaggio postunitario infatti molti briganti o presunti tali (secondo la legge Pica nelle provincie del sud Italia si doveva fucilare tutti coloro che possedevano un'arma o troppo cibo) vennero fucilati solo perché secondo le teorie di Lombroso la loro disposizione delle ossa li connotava come violenti o criminali. Nel museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di Torino sono conservati ancora oggi i resti e i crani dei più famosi briganti fucilati secondo le teorie di Lombroso, oppure studiati dopo la fucilazione." (wikipedia, fonte)
L'Intervista
Quando ti sei accostato per la prima volta al mondo scientifico?
La mia dimensione artistica è legata a vari approfondimenti e al mondo scientifico, un ponte fra umanesimo e culturale in tutte le sue diramazioni. Ho sempre vissuto immerso nel mondo artistico fin da piccolo grazie anche ai miei genitori. Dalle prime recite scolastiche, ai giornalini della scuola, ai giochi creati interpretando personaggi e scrivendo storie, ho ricevuto un’incredibile energia, talora ai limiti dell’estasi, affrontandoli con impegno professionale certo che “da grande” avrei vissuto in quel modo.
Cosa ti spinge a continuare questo percorso?
Scrivo per un anelito interiore, per un bisogno insopprimibile dell’essere, per narrare storie, diffondere idee o i risultati di una ricerca scientifica, ma, anche, perché un pubblico più vasto possibile possa leggere. Credo questa sia la risposta più adatta.
Il tuo primo giocattolo da bambino, qual è stato e quale pensiero ti viene in mente ricordandolo?
Ho ricordi dall’età dei tre anni, di tutta la mia famiglia in senso lato, anche nonne zie, zii e prozie che mi hanno colmato di tantissimo amore e doni, sempre facendomi apprezzare il valore delle cose e mai viziandomi. Non rammento il primo in particolare, ne ricordo vari, ma potrei citare un aneddoto. Avevo cinque anni, eravamo a cena a casa di mia zia Paola, sorella di Papà, mentre andavamo via, scendendo le scale di marmo del bellissimo palazzo in via Piccarda Donati a Roma, ebbi la prima percezione cosciente: sapevo che poco dopo avrei preso una “storta” alla caviglia fra i gradini posti in una struttura a chiocciola… così accadde. Tornati nella nostra casa nel quartiere Don Bosco, Mamma e Papà mi lenirono la distorsione e il gonfiore con un balsamo e amorevoli, quanto intelligenti, parole ed attenzioni. Non piangevo, ma provavo dolore. A un tratto scorgo il sorriso sornione di papà illuminare il viso incorniciato da una barba curatissima, un’insolita velocità spezzare la sua proverbiale calma nobiliare, lo seguo con lo sguardo mentre rapido sale su una scaletta, apre un’anta dell’armadio in palissandro della stanza da letto e prende una bella scatola. “Ecco, adesso ti passa tutto, la tenevo proprio per un momento del genere”, mi mormora con dolcezza porgendomela. Il dolore scompare di colpo, conoscendo il pensiero di mia Mamma temo per un attimo che il regalo possa non essere quel che immagino, ma è un’altra percezione: dalla bella scatola appare una magnifica pistola giocattolo da cow-boy, di metallo e con il calcio in vero legno. Sussulto rimanendo senza parole, l’atmosfera trascende i confini del razionale, la nostra famiglia e la casa sembrano galleggiare in una dimensione sé. Poi mio Padre silenziosamente estrae dall’armadio un cinturone di cuoio con fondina… ecco fra i tanti bei momenti il ricordo più luminoso e indelebile di un giocattolo. Il pensiero che mi viene in mente è un grande amore. Era davvero una splendida pistola, sembrava vera.
La prima parola che dici a "voce alta" appena sveglio...
Appena sveglio, raramente parlo, cerco di far riaffiorare i sogni vissuti, ho una vita onirica molto intensa, spesso li trascrivo. Poi c’è il rito quotidiano della barba.
Mamma e papà quanto hanno influito sulle tue scelte da adulto?
I miei genitori innanzitutto, per avermi guidato fin da piccolo e avermi fatto conoscere tante personalità anche importanti del mondo della cultura. Mamma, con la sua smisurata cultura e straordinaria intelligenza , mi ha educato a molti campi dello scibile, con severità a volte, ma infinito amore. Poi, nonne, zie, zii e prozie, tutta la mia famiglia, molto femminile e matriarcale, dolcemente gineceo l’alveo dove sono cresciuto; tanti amici, sovra tutti Stefano Barbini, e last but not least, mia moglie Gabriella che anche in momenti difficili mi ha spinto a studiare, scrivere, standomi vicino e aiutandomi. 6) Dovrei dire cosa farei di più ma per rispettare la domanda, di certo non entrerei, come ho fatto, nello squallido mondo del cinema italiano e non aprirei mai la produzione cinematografica, come accaduto qualche anno addietro.
Mamma e Papà hanno influito molto più di quanto accennato precedentemente. A Papà, soprannominato Lord Brummel per la proverbiale eleganza e la calma profonda, devo gratitudine per tutte le persone stimolanti e magiche che mi ha fatto frequentare. Due fra le tante: Novella Parigini, sua amica intima, e Gabriella Ferri. Mamma per avermi educato sin dalla più tenera infanzia alla letteratura, in particolare francese, russa e nordamericana, la musica jazz, classica, il balletto, il cinema “serio e vero” e molto altro. Se l’avessi ascoltata solo in minima parte, avrei realizzato prima e in misura maggiore, notevolmente maggiore, quanto ho compiuto.
La tua città d'origine qual è e cosa ricordi di lei?
Sono nato a Napoli. Mamma è napoletana, ho sempre risieduto a Roma ma sono cresciuto trascorrendo lunghi periodi a Napoli e Venezia. Napoli è la mia essenza, il mio percorso animico, evito la solita banalizzazione del termine origine. La conosco bene e ricordo sapori e odori di percezioni proustiane. Vivrei molto più volentieri a Napoli, m’ispirerebbe in modo incredibile; non amo Roma, o meglio la mentalità romana.
Un pensiero a............
A mia Mamma sempre e per sempre.
Il tuo ultimo progetto?
A giorni uscirà “Luna Sheldon. Alla ricerca della città perduta” per Armando Curcio Editore, un romanzo di formazione dal carattere avventuroso e fantastico. La protagonista Luna, è una quattordicenne statunitense che vive con i suoi amici incredibili avventure. Ma non rivelo oltre per non rovinare la sorpresa ai lettori. Sto terminando inoltre, un saggio insieme all’amico Domenico Rosa, scrittore, storico e giornalista abruzzese che vive a Firenze. Un viaggio avventuroso attraverso tradizioni abruzzesi magiche e misteriose.